Catechesi dell’Arcivescovo in occasione del quarto dei «Quaresimali d’arte» (26 marzo 2019)

26-03-2019

In Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.

Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.

Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.

Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma che significa la parola “ascese”, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.

È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità.

 

 

Dalla Costituzione dogmatica Lumen Gentium ( n. 7)

 

Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l’uomo e l’ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti.

In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso [6]. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e resurrezione di Cristo: « Fummo dunque sepolti con lui per l’immersione a figura della morte »; ma se, fummo innestati a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua » (Rm 6,4-5). Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c’è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5).

Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l’utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11). Fra questi doni eccelle quello degli apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cfr. 1 Cor 14). Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l’interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cfr. 1 Cor 12,26).

 

 

Catechesi

 

In questa quarta e ultima delle catechesi quaresimali, dedicate al mistero della Chiesa, riflettiamo su sulla sua natura più profonda: la comunione. Come titolo abbiamo scelto: La Chiesa, miracolo permanente di comunione.

Parliamo di “miracolo” perché la comunione è un’impresa molto difficile per le sole forze umane anche quando dobbiamo viverla tra poche persone: in un famiglia, tra amici o colleghi di lavoro. Tutti ne facciamo esperienza. Cosa pensare, allora, della Chiesa che, pur essendo formata da oltre un miliardo di membri diffusi in tutti contenenti, di razze e cultura e diverse, non si è dispersa lungo duemila anni di storia? Possiamo pensare solo ad un miracolo che viene da Dio e non dagli uomini. Anzi, noi uomini abbiamo, piuttosto, portato attentati all’unità della Chiesa, come sono stati i grandi scismi ed eresie; o piccole ferite a cui ognuno di noi spesso contribuisce. Nonostante anche queste debolezze umane, la Chiesa non è morta ma continua a vivere e rigenerarsi in mezzo agli uomini di epoca in epoca.

Questa straordinaria storia della Chiesa testimonia che essa non è impresa umana ma è la grande opera di Gesù Cristo che ha offerto agli uomini dispersi la possibilità di unirsi in una grande comunità dove ci si sente in comunione profonda come tra fratelli e sorelle uniti non per legami di sangue e di parentela ma perché tutti abbiamo: “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”.

La grande e appassionata preghiera che Gesù ha rivolto a Dio, suo Padre, prima di avviarsi verso il Getsemani e verso la sua passione, ha avuto solo questo argomento: “Tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” Gv 17,21-23).

Gesù non solo ha pregato ma ha creato l’unità accettando che il suo corpo fosse inchiodato su una croce e il suo cuore fosse squarciato per accogliere tra le sue braccia e nella ferita del suo Sacro Cuore tutti gli uomini che, con fede e pentiti dei loro peccati si affidavano a lui. Come abbiamo sentito da S. Paolo nella lettera agli Efesini, egli ha è il Figlio di Dio che ha sacrificato il corpo ricevuto dalla Madre immacolata: “per riconciliare i vicini e i lontani con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia”. L’apostolo dice di più; tutti coloro che si sono liberati dall’inimicizia e si sono affidati a Gesù nel battesimo, sono talmente uniti con il Signore crocifisso e tra loro da formare un corpo solo. Questo corpo di Cristo è la Chiesa che è formata da tante membra quanti sono i cristiani; tante membra ma tenute unite da Gesù e dall’amore che Gesù mette nel cuore della Chiesa e di ogni cristiano con il suo Santo Spirito.

Non possiamo nasconderci che la Chiesa è anche un corpo ferito a causa dell’inimicizia e del peccato che ancora intacca il cuore dei sui membri. Ma per quanto ferito, il corpo di Cristo che è la Chiesa ritrova sempre la strada per guarire e rinnovare la comunione. A volte la strada della guarigione è faticosa e chiede tempi lunghi. Pensiamo all’impegno ecumenico che cerca di ricucire le gravi ferite create nella Chiesa prima dallo scisma d’Oriente che ha diviso le Chiese ortodosse dalla Chiesa cattolica e poi dalle divisioni in occidente con la Chiesa anglicana e successivamente con le comunità protestanti. Però vediamo che nella Chiesa rinasce sempre il desiderio di ricostituire l’unità nella comunione: è il desiderio che sta più a  fondo del suo cuore perché lo ha messo Gesù con la sua preghiera al termine dell’Ultima Cena. Ognuno di noi può dare il suo contributo facendosi artefice di unità. Può essere questo il messaggio che ci lasciamo al termine delle nostre catechesi quaresimali.