Omelia nelle esequie di mons. Angelo Battiston (22 dicembre 2016)

22-12-2016

Cari Fratelli e Sorelle,

a pochi giorni dalla celebrazione del Natale del Signore Gesù, il nostro mons. Angelo Battiston è giunto al suo dies natalis. Per la tradizione cristiana il giorno della morte, infatti, è considerato come il momento della vera nascita, il giorno in cui la nuova nascita vissuta col battesimo si realizza pienamente e si apre la porta che introduce alla vita eterna, passando attraverso il tribunale di Dio, come abbiamo sentito annunciare nella lettera ai Romani.

Siamo qui riuniti nella chiesa di Sedegliano, da dove è iniziata col battesimo la nascita cristiana  di don Angelo, per pregare per lui perché Gesù Cristo, che lo ha unito a sé nel battesimo e nel sacramento dell’Ordine sacro,  gli doni la pienezza di quella vita che lui ha inaugurato con la sua risurrezione.

Celebriamo con tanta speranza questa Santa Messa di suffragio per don Angelo perché, da come lo abbiamo conosciuto, siamo portati a vedere il riassunto della sua esistenza terrena nelle parole dell’apostolo Paolo che abbiamo ascoltato: «Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore».

Non ci può essere elogio più grande per un cristiano e un sacerdote, poter dire, al momento della sua morte, che è vissuto per il Signore Gesù ed è morto per il Signore Gesù. Questo elogio ci sembra di poterlo applicare con sincerità e affetto al carissimo don Angelo.

È, certamente, morto nel Signore; purificato dagli ultimi anni di progressiva debolezza, trascorsi dentro il clima di fede e di carità della nostra Fraternità sacerdotale. Ricordo quando abbiamo deciso insieme il passaggio dall’ospedale di Latisana, dove ha offerto il suo ultimo ministero come cappellano, alla Fraternità sacerdotale. È stato un momento di profonda sofferenza umana per don Angelo perché comprendeva con chiarezza che stava imboccando l’ultimo tratto del sentiero della sua esistenza terrena. Ma lo ha accolto con la sua solita, ammirevole disponibilità; quasi lasciandosi condurre dal suo vescovo, mentre le forze venivano meno. Tra i confratelli della Fraternità ha dato testimonianza, con semplicità, della profondità della sua fede e della ricchezza della sua umanità. Il sorriso e il grazie gli uscivano quasi spontanei verso chi lo andava a trovare, lo accudiva nelle necessità sempre crescenti e gli portava la comunione con Gesù nell’eucaristia. La comunione con Gesù è stata la sua forza più profonda ed interiore grazie alla fede che aveva ricevuto dalla famiglia, solidamente cristiana, e che aveva coltivato per tutta la vita alimentandosi alla spiritualità di Chiara Lubich nel movimento dei Focolari a cui ha aderito per quasi tutti gli anni di sacerdozio. Don Angelo ha sperimentato su di sé, specialmente, negli ultimi anni di vecchiaia e malattia, le parole di Gesù: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi e io vi darò ristoro». Ha provato il peso della stanchezza fisica e morale, quando le forze non ritornano più; ma ha anche saputo sopportarlo con cuore mite e umile trovando il suo ristoro in Gesù che è stato al centro dei suoi pensieri e dei suoi affetti.

Se don Angelo è morto per il Signore è perché ha anche vissuto per il Signore. Le virtù umane e sacerdotali che ha mostrato nell’ultimo tempo di pellegrinaggio terreno le ritroviamo lungo tutta la sua vita e i 60 anni di sacerdozio. Ognuno di noi ha vivo in sé, in questo momento,  il ricordo personale di d. Angelo; un ricordo sicuramente affettuoso e riconoscente per il bene che ha ricevuto dalla vicinanza e dalla paterna amicizia di questo sacerdote.

Non possiamo, però, non riservare un cenno almeno alla sua straordinaria disponibilità all’obbedienza. L’elenco degli incarichi che ha accettato di assumersi è veramente lungo e ci rivela sia la stima che riscuoteva, sia quanto don Angelo abbia vissuto un’esistenza sacerdotale intensa, senza risparmiarsi, senza mai tirarsi indietro. Il segreto di questa grande disponibilità alle richieste dei vescovi , è stato il suo profondo amore per la Chiesa e per la sua Chiesa di Udine; un amore che si è concretizzato nell’obbedienza serena, vissuta col cuore e col sorriso sulle labbra.

È l’amore che aveva assorbito anche da Chiara Lubich e dalla passione di questa santa donna per Gesù e per l’unità tra i fratelli. Don Angelo è stato uomo e sacerdote di comunione tra i fedeli a lui affidati nelle varie comunità che ha guidato, offrendo a tutti il suo cuore paterno, accogliente, comprensivo. Ha cercato di vivere la comunione anche tra i confratelli guardando al positivo con pazienza e carità, stemperando tensioni e malumori.

Non aggiungo altri ricordi di don Angelo; ma quanto ho brevemente richiamato credo sia sufficiente per confermare che egli è «vissuto per il Signore ed è morto per il Signore».

La nostra preghiera, allora, è che abbia ora la grazia di «essere in eterno del Signore» nella gioia senza ombre che don Angelo può adesso condividere con i suoi vescovi, confratelli sacerdoti e tante sorelle e fratelli che ritrova nella Comunione di Santi.

Siamo vicini nella nostra preghiera anche alla sorella suora che ha condiviso con don Angelo non solo l’affetto fraterno, ma anche una profonda comunione spirituale e a tutti i parenti.

Abbiamo un nuovo intercessore in cielo perché don Angelo continuerà ad amare, dal cielo, la sua Chiesa. Ci ottenga in particolare nuovi e bravi sacerdoti che continuino il suo esempio e la sua missione. 

Sedegliano, 22 dicembre 2016