Omelia nella Santa Messa crismale del giovedì santo (6 aprile 2023)

06-04-2023

Eccellenza, confratelli nel sacerdozio, sorelle e fratelli religiosi, diaconi, seminaristi e fedeli, 

questa celebrazione della Santa Messa del Crisma ci introduce nei giorni santi del Triduo pasquale, anche se liturgicamente non ne è parte integrante.  

Sono giorni “santi” perché ricordiamo e riviviamo in tutta la sua «lunghezza, larghezza e profondità» (Ef 3,18) il Mistero dell’Amore di Dio che ci ha raggiunto in Gesù, eterno Figlio del Padre, il quale: «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Quando sulla croce sussurrò «tutto è compiuto» (Gv 19,30), la sua missione era completata perché l’Amore che gli veniva dal cuore del Padre aveva vinto definitivamente il male e la morte e inaugurato la Vita eterna. E secondo san Giovanni cominciava dalla croce il secondo tempo della sua missione perché l’ultimo respiro di Gesù non fu inghiottito dalla morte, come succede ad ogni uomo mortale. Ma proprio dalla croce egli divenne “il Vivente” che effonde il suo Spirito di Amore su coloro che credono in Lui perché siano anch’essi in grado di vivere del suo stesso Amore, in comunione con lui e con il Padre. 

Quello Spirito di Amore e di risurrezione Gesù continua a donarlo alla Chiesa e ai credenti di ogni tempo specialmente attraverso i segni sacramentali che nel Triduo pasquale celebriamo con particolare solennità; nella Veglia pasquale i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana, nella Coena Domini del Giovedì santo il dono dell’eucaristia e questa mattina il dono del sacerdozio ministeriale grazie al sacramento dell’ordine sacro. In questo modo continua la sua missione Gesù che è «Il testimone fedele, il primogenito dei morti, il sovrano dei re della terra» (Ap 1,4). 

A collaborare a questa straordinaria missione del trionfo dell’Amore di Dio in Gesù, siamo chiamati in modo particolare quanti tra noi abbiamo ricevuto il sacramento dell’ordine. Rinnoveremo tra poco le promesse fatte al momento dell’ordinazione. È un momento bello e spiritualmente intenso perché ci porta a guardare alla nostra vita con sentimenti di meraviglia e di gratitudine riconoscendo come con l’ordinazione sacerdotale, senza nostri particolari meriti, Gesù ha reso preziosa la nostra piccola esistenza terrena che non vale più un soffio (sal 39,6). Ci ha uniti sacramentalmente, cioè, totalmente a sé da poter offrire, attraverso di noi, il suo Amore pasquale ai fratelli nell’eucaristia, nel sacramento del perdono nella predicazione della sua Parola e, speriamo, con il nostro cuore di pastori.  

Sono certo che vivono un grande sentimento di meraviglia e riconoscenza i confratelli che ricordano un anniversario giubilare della loro ordinazione e che il Vicario generale ha nominato all’inizio della celebrazione. Come abbiamo sentito, vanno dai 65 a 25 anni di ordinazione presbiterale a cui mons. Causero aggiunge anche 30 anni e mons. Nogaro 40 anni di ordinazione episcopale. Molti siete qui a concelebrare, qualcuno è lontano e qualcuno in Fraternità con gli altri confratelli impossibilitati a muoversi; don Leo Leonarduzzi è in ospedale in condizioni gravi. Li abbracciamo fraternamente nella nostra preghiera.  

Grazie alla potenza dell’Amore pasquale di Gesù risorto che ha annullato la barriera della morte, la nostra comunione si allarga anche ai confratelli che il Signore ha chiamato con sé specialmente durante l’anno passato. Con sguardo ben più limpido e con coscienza più pura della nostra, essi stanno contemplando quanto la misericordia di Dio abbia arricchito la loro persona grazie al ministero presbiterale che li ha resi, su questa terra, ministri dell’Amore pasquale di Gesù con tante persone.  

Mi sono soffermato a ricordare il significato della Santa Messa del Crisma che stiamo celebrando e del sacramento dell’ordine sacro che è ad essa è legato. Sono riflessioni che abbiamo ben presenti ma fa bene tornarci con la meditazione e la preghiera. 

Aggiungo, in conclusione, un altro pensiero. Questa celebrazione si inserisce per la nostra Chiesa diocesana in un tempo che è caratterizzato dell’attuazione del progetto diocesano delle Collaborazioni pastorali e, in questi mesi, anche dalla Visita pastorale che sto attuando a sostegno del progetto stesso. Non è questo il momento di fare bilanci della mia visita e men che meno dell’andamento delle Collaborazioni pastorali. Ci saranno le occasioni opportune. 

Desidero solo condividere con voi un motivo di consolazione e di speranza che mi viene dagli incontri con gli operatori pastorali delle 22 Collaborazioni pastorali finora visitate. E, in particolare, dalle testimonianze che parecchi di loro hanno accettato di offrire spiegando le motivazioni che li hanno portati ad impegnarsi in un servizio alla loro comunità e le motivazioni che li sostengono a proseguire fedelmente in quel servizio, anche dopo anni e, a volte, con non molte gratificazioni. Sono nati nel mio animo sentimenti di consolazione e di speranza perché ho ascoltato la narrazione di quelli che ho definito “piccoli miracoli dello Spirito Santo”. Solo lo Spirito Santo può, infatti, aver suggerito in questi fratelli e sorelle la fede e l’amore per Gesù, la passione di comunicarli ai più piccoli, il desiderio di servire la propria comunità e i più deboli e poveri che li ha spinti al servizio. Sto rendendomi conto che Gesù ama la sua Chiesa di Udine e con il suo Santo Spirito “soffia dove vuole”: le testimonianze che ho udito ne sono la prova. Ho visto, poi, che tutti coloro che erano presenti ascoltavano con gioia e applaudendo, perché si sentivano in profonda sintonia con chi stava parlando. C’era un’autentica comunione spirituale che, come dicevo, consola e dà speranza. 

Vi invito, cari confratelli, a restare in ascolto profondo di questi operatori pastorali che avete nelle vostre Parrocchie e Collaborazioni pastorali. Non limitiamoci ad “usali” per i servizi di cui abbiamo bisogno ma condividiamo con loro la fede, la preghiera, le esperienze spirituali, l’amore per la Chiesa e i fratelli. Se realizziamo questa comunione spirituale tra di noi sacerdoti e con i nostri laici, il progetto delle Collaborazioni pastorali riuscirà perché avrà un’anima; l’anima della prima comunità cristiana nella quale i primi credenti «erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42-43).  

Con questa speranza nel cuore torniamo al nostro ministero pastorale di collaboratori della potenza dell’Amore pasquale di Gesù.