Omelia in occasione delle esequie di don Silvio Prestento (31 gennaio 2024)

31-01-2024

Cari fratelli e sorelle,

il libro della Sapienza ci ha appena offerto una speranza molto consolante: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà… perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé».

Con questa Santa Messa di esequie vogliamo deporre il nostro don Silvio nelle mani misericordiose di Dio Padre, con la sicura speranza che lo accoglierà subito con sé e lo condurrà nel suo Regno dove i giusti non sono più toccati da alcun tormento.

Nei suoi appunti di testamento egli dà alcune indicazioni per il suo funerale e la sua sepoltura e, riferendosi al vescovo chiede: «Il funerale sia semplicissimo. È invitato il Vescovo e il suo sermone sia brevissimo. Niente sproloqui e balle». Non mi soffermo, perciò, a fare panegirici di don Silvio. Ognuno di coloro che lo hanno conosciuto, stimato e amato porteranno con sé il ricordo vivo del bene che hanno ricevuto da lui.

Siamo riuniti, piuttosto per fargli l’ultimo dono fraterno; il dono della nostra preghiera. Lo raccomandiamo al Signore riconoscendogli – senza cadere in elogi – almeno un merito, tra altri: quello di servo fedele di Dio, della Chiesa e dei fratelli. Questo possiamo affermarlo sicuramente di don Silvio: è stato un servo fedele. È stato un “servo” che, ad imitazione di Gesù che lo aveva chiamato al sacerdozio, non ha cercato carriere e riconoscimenti umani, ma si è dedicato con semplicità, generosità e umanità ogni giorno ai fedeli a lui affidati.

Ed è stato, poi,“fedele” al suo Signore e agli altri servi e serve a lui affidati. La fedeltà si misura con il tempo e quella di don Silvio è durata quasi 72 anni di ministero sacerdotale: negli anni giovanili come cappellano di Buttrio, di Ovasta e di Masarolis (dove è diventato anche parroco) e dal 1961, per più di 60 anni, parroco a Terzo-Lorenzaso; altra prova di non comune fedeltà.

Come abbiamo ascoltato nel vangelo, Gesù, quando giunge il momento di chiamare con sé i suoi servi fedeli, riserva loro il titolo di “beati” che è veramente il riconoscimento più grande che un uomo può sentirsi attribuire dal Signore. Inoltre, offre loro un posto nel suo banchetto della vita eterna dove lui stesso passa a servirli. È questa la grazia che chiediamo per il nostro caro don Silvio.

E abbiamo un ulteriore motivo per invocare per lui la grazia di far parte dei “beati”. Dice il libro della Sapienza: «Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé… li ha provati come oro nel crogiuolo». Nell’ultimo tratto del suo pellegrinaggio terreno, vissuto nella Fraternità sacerdotale, a don Silvio è stata chiesta anche la prova purificatrice della sofferenza e della debolezza progressiva del suo corpo. Per un carattere attivo ed esuberante come il suo è stato proprio come passare attraverso il crogiuolo. Ma il Signore con la sua grazia gli ha dato forza e pazienza e lo hanno sostenuto, come buoni samaritani il personale e i confratelli della Fraternità a cui va un commosso ringraziamento. E così don Silvio si è spento circondato dalle preghiere e dall’affetto di chi è gli è stato vicino fino alla fine.

In questa nostra preghiera di suffragio non possiamo dimenticare la Vergine Maria. Sappiamo quale amore filiale don Silvio nutrisse nei confronti della Madonna. L’amato santuario della Vergine Immacolata di Lourdes era una delle sue mete spirituali preferite che ha frequentato finché le forze glielo hanno permesso. Anche questa è stata una delle sue fedeltà  che gli è stata riconosciuta anche con il titolo di canonico di Lourdes.

Quante volte ha ripetuto l’invocazione: «Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte». Ora che è giunta l’ora della sua morte, Maria accoglierà sicuramente tra le sue braccia questo suo figlio sacerdote a lei tanto devoto. «Gli mostri dopo questo lungo esilio Gesù, il Frutto benedetto del suo seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria».