Omelia in occasione delle esequie di don Renato Zuliani (23 novembre 2022)

23-11-2022

Letture: 1 Gv 3,14-16: Lc 12,35-40

 

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo ascoltato queste parole di Gesù: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa».

In questo ci viene quasi da dire che Dio Padre ci ha portato via improvvisamente don Renato Zuliani come un ladro che non avvisa della sua visita. È lui il Signore della vita e del tempo di ognuno di noi e, come dice il profeta Isaia, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri.

A noi, però, questa morte inattesa di don Renato lascia un grande vuoto. Lo sentite voi, fedeli di Passons, che lo avete avuto in mezzo a voi come parroco per quasi 30 anni. Lo sentiamo noi, suoi confratelli nel sacerdozio, perché il caro don Renato è stato una presenza particolarmente vicina e fraterna dentro il presbiterio; e più di uno me ne ha dato testimonianza in questi giorni.

Con questa sofferenza nel cuore, ci stringiamo attorno a don Renato uniti a lui e tra di noi da quel legame di amore che mai si rompe, neppure con la morte: il legame della preghiera.

È questo che lui stesso ci ha chiesto nel suo testamento dove lascia scritto: «Infine ringrazio tutti per la preghiera, l’affetto, l’aiuto, la collaborazione ricevuti e il ricordo di me che certamente farete nella preghiera di suffragio».

Sempre nel testamento ci suggerisce anche con quale preghiera desidera che lo presentiamo alla misericordia di Dio. Si rivolge a Cristo con tanta umiltà e sincerità: «Ringrazio Cristo per la pazienza, la sopportazione, la fiducia nei miei confronti, nonostante la mia inclinazione a sfuggire alle regole e agli inviti da lui suggeriti per il mio bene e, di riflesso, per tutte le persone che ho incontrato nella mia vita. Grazie, Signore, e perdonami per i miei talenti non ben sfruttati o nascosti o persi lungo la strada».

Sentiamo che sono parole che sgorgano dal fondo più sincero del cuore di don Renato e che, anche, ci commuovono. Volentieri, allora, anche noi invochiamo la misericordia di Gesù perché accolga tra le sue braccia questo suo sacerdote che ritorna a lui vestito di tanta umiltà, dopo 50 anni spesi nel ministero sacerdotale.

C’è, però, anche un’altra preghiera, altrettanto sincera, che sentiamo il dovere di aggiungere. Essa è fatta di un sentimento di ringraziamento sia a Dio che a don Renato per il bene che egli ha diffuso in mezzo a noi.

Tante persone hanno fare esperienza del suo cuore buono dal quale sgorgava una cordialità sempre sorridente e una disponibilità ad accogliere tutti senza chiusure e pregiudizi; un po’ come il cuore di Gesù che si metteva a tavola con tutti.

Hanno goduto del cuore di don Renato i confratelli sacerdoti, cominciando da quelli più anziani, ospiti della Fraternità sacerdotale, che ha frequentato regolarmente, fermandosi a pranzo e portando una ventata di serenità e di vitalità. Ma tanti altri confratelli ricevevano gioiose e fraterne telefonate in occasioni particolari, come i compleanni, o, semplicemente, per sentire come stavano e rompere la loro solitudine. Ricordiamo, poi, tutti la preghiera che faceva a nome di tutto il presbiterio nei funerali dei sacerdoti invocando sempre anche la grazia di nuove vocazioni.

Questa particolare sensibilità – che definirei un vero e proprio carisma suggerito dallo Spirito Santo – ha aiutato tante volte anche me perché don Renato mi segnalava discretamente confratelli che vivevano momenti di sofferenza o di difficoltà ai quali sarebbe stato gradito che mi facessi presente. Lo ringrazio personalmente per questa sua attenzione.

Abbiamo ascoltato le parole di S. Giovanni nella prima lettura: «Noi sappiamo che siamo passati da morte a vita perché amiamo i fratelli».  Dai pochi cenni che mi sono permesso di fare, possiamo testimoniare che don Renato ha amato concretamente i fratelli, sacerdoti e laici. Per questo chiediamo a Dio Padre che adesso gli doni la grazia finale di passare “da morte a vita”; dalla morte fisica alla vita eterna con Gesù risorto. E lo ricompensi anche per le sofferenze che non gli sono mancate dentro i compiti, anche gravosi, che gli sono stati richiesti a servizio della Chiesa diocesana.

Facciamo con lui la preghiera con la quale conclude il suo testamento: «Ora, o Signore, lascia che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua bontà e misericordia. Se qualcosa ancora mi manca, mi affido alla tenerezza della mamma tua e mia, la Madonna». Riposa in pace.