Il primo protagonista del racconto che abbiamo ascoltato è un uomo paralizzato. A tutti è capitato di incontrare un uomo paralizzato per incidente o per malattia. Il suo cervello non riesce a comandare ai nervi e ai muscoli perché si sono interrotti i collegamenti. Di conseguenza, è completamente impotente perché vorrebbe muoversi e fare ma non riesce. E’ anche totalmente indifeso davanti a qualcuno che volesse fargli del male.
● Altri protagonisti sono i quattro amici che portano di peso quel malato davanti a Gesù. Quegli amici sono la sua ricchezza ; sono le sue gambe, le sue braccia, la sua speranza. Lo portano dove lui vorrebbe andare senza riuscirci: incontrare Gesù e chiedere la guarigione. Sono veri amici perché se le inventano tutte; pur di arrivare al Signore; arrivano a scoperchiamo perfino il tetto della casa.
● Il grande protagonista è Gesù che sorprende tutti dicendo al paralitico: “Ti sono rimessi i peccati” e non “Alzati e cammina”; come i presenti si sarebbero aspettati. Vedendo la fede e l’amore dei quattro amici, Gesù è preso da compassione e guarisce quel povero uomo che lo guarda come ultima sua speranza. Egli, però, vede in quell’uomo quello che gli altri non vedevano. Vede non una ma due paralisi; la paralisi del corpo e la paralisi del cuore. Quella del cuore gli altri non la scorgevano e, forse, neppure il paralitico si rendeva conto si averla. Gesù comincia a guarirgli il cuore che era paralizzato a causa dei peccati. Poi. per dare la prova che aveva il potere di guarire il cuore, lo guarisce anche nel corpo e lo manda a casa sulle sue gambe, con la barella sulle spalle.
● L’evangelista Marco racconta questo miracolo per invitare tutti a mettersi al posto del paralitico perché siamo nella sua stessa situazione. Siamo più fortunati perché le nostre braccia e gambe funzionano; ma il nostro cuore è spesso paralizzato come era il suo. E, magari, come lui non ce ne rendiamo conto. Questa sera, all’inizio del tempo della quaresima, ci mettiamo davanti a Gesù e gli chiediamo la grazia di farci vedere che il nostro cuore è, tanto o poco, paralizzato. Cioè, non riusciamo a fare come vorremmo perché i peccati ci bloccano. Desideriamo il bene e non riusciamo a farlo; questa è una vera paralisi che il peccato crea in noi. Facciamo qualche esempio: – vorrei essere più responsabile nei miei impegni ma il peccato di pigrizia (o accidia) mi paralizza; – vorrei saper essere più paziente e rispettoso verso certe persone, a cui magari voglio bene, ma in me comanda il peccato dell’ira per cui reagisco rispondendo male e trattandole senza delicatezza; – vorrei avere nel cuore affetti belli e non sentire curiosità o voglie che mi portano a cercare immagini o soddisfazioni sessuali impure ma mi trovo che è più forte in me il peccato della lussuria: – vorrei saper fermarmi, entrare nel mio cuore e mettermi in dialogo con Gesù nella preghiera ma mi prende sempre una strana fretta che mi impedisce di pregare; è il peccato della poca fede in Gesù e del poco amore per lui. Potremmo continuare gli esempi perché ognuno di noi ha dei peccati che gli paralizzano il cuore per cui abbiamo buoni desideri ma non riusciamo a viverli.
● Gesù ci viene incontro e vuole guarirci dicendoci, come a quel paralitico: “Questa sera ti perdono i peccati. Mettili nelle mie mani e guarisco il tuo cuore”. Ecco come possiamo mettere nelle mani e nel cuore di Gesù i nostri peccati: 1. prima di tutto li riconosciamo con l’esame di coscienza. Ci chiediamo: quali sono i peccati che più stanno paralizzando il mio cuore? Che mi impediscono di essere e di comportarmi come vorrei veramente? Mi ritrovo negli esempi che abbiamo fatto o ho anche altri peccati? 2. Poi mettiamo i nostri peccati nelle mani e nel cuore di Gesù confessandoli al sacerdote che, nel sacramento della confessione, rende veramente presente Gesù. 3. Poi riceviamo, attraverso le parole del sacerdote, la parole stessa di Gesù che ci chiama per nome e ci dice: “Figliolo mio, ti perdono questi tuoi peccati. Vai in pace”. 4. Infine, stiamo qualche minuti davanti a Gesù, presente nell’eucaristia, per dirgli il nostro grazie e prenderci un impegno concreto di miglioramento.