08-03-2015
Le opere di misericordia spiritualiconsigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti
Udine,Cattedrale, domenica 8 marzo 2015
La saggezza della Chiesa ha indicato come frutti della carità non solo le sette opere di misericordia corporali ma anche altrettante opere di misericordia spirituali. Stare accanto ad una persona, consigliarla e indicarle la strada giusta è altrettanto importante che darle da mangiare o donarle un vestito.
Consideriamo, oggi, le prime quattro opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti.
Consigliare i dubbiosi e insegnare agli ignoranti
Abbiamo ascoltato la parabola del buon grano e della zizzania. Il campo, a cui Gesù fa riferimento, è certamente tutta la società umana in cui vediamo splendide opere di bene mescolate con terribili azioni malvagie. Ma un altro campo – e forse il più importante – a cui Gesù pensa è il cuore di ogni uomo. Afferma il salmo 64: “Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso” (v. 7). In noi convivono, spesso in modo confuso, sentimenti, pensieri, desideri, bisogni buoni o cattivi. Siamo un miscuglio di buon grano e zizzania. È importantissimo che un uomo sappia entrare in se stesso, considerare il campo del suo cuore e distinguere il buon grano dalla zizzania, i desideri che lo portano a fare il vero bene per sé e per gli altri. Quando non sa fare un chiaro discernimento, si lascia guidare da pensieri e bisogni sbagliati che lo porteranno a pentirsi e a dover pagare le conseguenze dei suoi errori.
È tutt’altro che facile fare da soli chiarezza dentro il proprio cuore perché nessuno è maestro di se stesso. Per questo, è un grande dono trovare una persona affidabile che sa ascoltarci, capirci e consigliarci per il nostro vero bene.
Quante persone cercano qualcuno che le ascolti e non lo trovano! Questo dipende dalla frenesia dei ritmi di vita che portano a passarci accanto solo sfiorandoci, senza far caso neppure all’espressione che uno ha in volto. Ma, più ancora, dipende dal fatto che ascoltare un altro è un’arte impegnativa perché è come aprire la porta di casa propria e ospitarlo dentro di noi. L’ascolto è un atto di vero amore che porta ad interessarsi in modo sincero e disinteressato della persona che si apre confidandoci ciò che ha di più personale. Prima che con le orecchie si ascolta col cuore, accogliendo senza giudicare, cercando di capire chi ci parla di se stesso e di aiutarlo a capirsi. Ascoltare il cuore di un fratello, con le sue sofferenze, domanda molta delicatezza e molta onestà nel dargli qualche consiglio che ci sembra giusto per il suo bene. Facendo ricorso alla propria esperienza si può anche illuminarlo in qualche aspetto della vita che non conosce e non ha capito bene. Si può aiutarlo a non fare sbagli gravi confondendo il buon grano con la zizzania.
Penso a quanto sia importante in tante crisi di coppia trovare chi sa ascoltare, consigliare, illuminare. Quando i sentimenti sono stati feriti è facile cadere in gravi confusioni; confondere il buon grano con la zizzania, pagando e facendo pagare le conseguenze dopo tanto tempo.
Consolare gli afflitti
Spesso l’ascolto diventa anche consolazione degli afflitti. Tante persone non cercano qualcuno che risolva le loro difficoltà, ma un cuore amico che sappia stare vicino e condividere le ferite che portano nel cuore le lacrime. Consolare è un grande atto di carità perché porta ad accogliere in noi le lacrime amare del fratello rimanendogli vicino, magari anche senza tante parole da poter dirgli. Chi è nell’afflizione rischia di restare solo perché ha da condividere esclusivamente amarezza e tristezza. Vede che tanti girano al largo perché sentono che la sua amarezza intristisce anche il loro cuore. Essi cercano, piuttosto, rapporti con persone felici, che trasmettono allegria.
Per consolare gli afflitti bisogna avere un cuore umile che non pretende di trovare la soluzione per il fratello in difficoltà ma gli resta comunque vicino. Bisogna avere un cuore forte che sa bagnarsi delle lacrime dell’altro senza restare a sua volta amareggiato.
Ammonire i peccatori
Un’opera di carità ancora più impegnativa è quella di ammonire i peccatori. Gesù la raccomanda invitando a fare tutti i tentativi possibili per indurre un fratello a ravvedersi: parlargli a quattrocchi, coinvolgere altri per convincerlo, arrivare a portarlo davanti all’assemblea. Di fronte ad uno che sbaglia la reazione più comune è quella di non impicciarsi, considerando questo un atto di rispetto perché ad ognuno deve essere lasciato il diritto di comportarsi come crede.
Per Gesù, invece, questo atteggiamento è un atto di menefreghismo. Se uno è in pericolo fisico viene spontaneo accorrere per aiutarlo. Lo stesso dovremmo fare per coloro che stanno rovinandosi moralmente. Nella splendida pagina delle Confessioni di Sant’Agostino abbiamo sentito quanto sua madre Monica non si sia rassegnata alla vita disordinata del figlio: le sue lacrime e parole accorate lo hanno salvato: “Intanto mia madre, che credeva in te, piangeva per amor mio più di quanto una madre piangerebbe la morte fisica di suo figlio. Vedeva la mia morte grazie alla fede e allo spirito ricevuto da te, e tu le porgesti ascolto, Signore. L’hai ascoltata e non hai disprezzato i fiumi di lacrime di cui rigava il terreno sotto i suoi occhi in ogni luogo di preghiera: l’hai ascoltata. Il tuo orecchio era sul suo cuore, o Bene onnipotente che ti prendi cura di ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare, e di tutti come di ciascuno”.
Stare vicino a chi sta sbagliando, senza stancarsi, significa lottare con lui e per lui per aiutarlo ad uscire dal male. È un grande atto di amore che ci porta a condividere la compassione del Cuore di Gesù che non si rassegna ad abbandonare mai neppure una pecora che si è perduta.
Guardandoci attorno proviamo a vedere se ci sono nella nostra vita persone che attendono il nostro consiglio, la nostra consolazione, il nostro aiuto per uscire dal male.