Abbiamo ascoltato il forte richiamo del profeta Isaia (Isaia 58, 1-12): «È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?».
Sono parole che richiamano le applicazioni sociali e politiche che deve avere la vera misericordia. Rivelando agli uomini la misericordia del Padre, Gesù ha introdotto tra gli uomini una forza rivoluzionaria che ha trasformato anche i rapporti sociali e le strutture.
L’episodio dell’incontro di Gesù con Zaccheo (Luca 19,1-10) è molto illuminante. La misericordia gratuitamente ricevuta chiede di essere, altrettanto gratuitamente, donata e crea una nuova giustizia nella società umana. L’amore compassionevole del Signore guarisce il cuore di Zaccheo nel segreto della sua casa, senza altri testimoni. Avvia, però, un processo di trasformazione che ha effetti sociali visibili e tangibili. Trasforma la casa di Zaccheo da un luogo tabù da cui tutti si tenevano lontani ad un luogo aperto e ospitale dove tante persone cercano e trovano un aiuto. Cambia l’esistenza di molti poveri ai quali Zaccheo offre metà dei suoi beni, gratuitamente come gratuitamente aveva ricevuto misericordia. Crea giustizia sociale perché ripara i torti fatti restituendo quattro volte tanto, cioè con una sovrabbondanza che porta realmente pace nei cuori che hanno subito l’ingiustizia. Ha un effetto esemplare in tutta l’importante città di Gerico dove Zaccheo aveva un ruolo che possiamo definire “politico”.
Un solo uomo che ha ospitato nella sua casa e nel suo cuore Gesù e la sua misericordia diventa un moltiplicatore di misericordia che genera rapporti rinnovati. L’esempio di Zaccheo ha illuminato tanti cristiani lungo la storia della Chiesa. E’ lungo l’elenco dei santi che hanno sentito il cuore guarito dalla misericordia di Gesù e hanno avviato, di conseguenza, iniziative e processi di trasformazione sociale guidati dalla misericordia.
Il centro della loro esperienza è stata la persona di Gesù e la sua parola: “Tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me. Nel povero affamato hai dato da mangiare a me”. Non sono stati mossi solo da sentimenti di compassione umana per le sofferenze del prossimo o dalla volontà di combattere le ingiustizie sociali per costituire un ordine rispettoso di tutte le persone. Questi sono sentimenti e intenti certamente nobili e degni di stima e rispetto. Però, possono essere anche esposti a pericolose deviazioni alle quali abbiamo assistito e assistiamo: la stanchezza dopo un certo tempo di dedizione, il subentrare di interessi personali, la deriva verso ideologie nel cercare una giustizia sociale, una compassione che non sa più distinguere bene quale sia il vero rispetto della dignità della persona umana.
I santi hanno vissuto profondi sentimenti di compassione e solidarietà verso i poveri e di impegno per una giustizia economica e sociale. Ma il loro cardine è stato: “l’avete fatto a me”. Nel povero hanno visto Gesù che aspettava da loro misericordia per rispondere alla misericordia che da lui avevano ricevuto. Nel loro agire misericordioso a favore dei fratelli bisognosi pensavano all’incontro finale con Gesù sostenuti dalla speranza di sentirsi dire al termine della loro esistenza terrena: “Venite benedetti nel Regno preparato per voi da tutti i secoli”.