Lettera ai fedeli (13 maggio 2020)

Cari Fratelli  e Sorelle,

lunedì 18 maggio ai fedeli  verrà nuovamente offerta la possibilità di partecipare alla S. Messa. Si conclude, così, un prolungato digiuno eucaristico che per molti è stato motivo di una profonda sofferenza spirituale e che speriamo e vogliamo non accada più. Non vi nascondo la speranza che questo digiuno sia stato uno stimolo a riscoprire l’importanza vitale che ha, per un battezzato, la celebrazione dell’Eucaristia. Essa è certamente una di quelle dimensioni essenziali della vita di un cristiano che sto richiamando nelle lettere che, attraverso “La Vita Cattolica”, vi invio in questo tempo pasquale.

In proposito, mi torna alla mente la dichiarazione che, a prezzo della loro vita fisica, fecero i 49 martiri di Abitinia al tempo della persecuzione scatenata da Diocleziano: “Sine Dominico non possumus!”. Contro il divieto imposto dall’editto dell’imperatore, essi avevano continuato a partecipare all’Eucaristia celebrata dal presbitero Saturnino. Al proconsole Anulino che chiedeva ragione di quella disobbedienza essi risposero: “Noi non possiamo vivere senza il Giorno del Signore (“Dominico”) in cui si celebra l’Eucaristia”.

La convinzione di questi antichi martiri trova spiegazione nella famosa definizione della Costituzione dogmatica “Lumen gentium” del Concilio Vaticano II: “Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, [i fedeli] offrono a Dio la vittima divina e se stessi” (n. 11). Il Catechismo della Chiesa Cattolica riconferma: “L’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (n. 1324).

Teniamo vive nella mente e nel cuore queste parole mentre torniamo a riunirci nelle nostre chiese per celebrare comunitariamente la S. Messa. Per i sacerdoti e, con loro, per tutti i fedeli potrà essere l’occasione provvidenziale per riscoprire che l’Eucaristia è la “fonte” principale che nutre la vita di ogni cristiano e di ogni comunità cristiana. E ne è il “culmine” perché un cristiano è maturo nella fede se sente il bisogno vitale di nutrirsi della comunione con Gesù nell’Eucaristia.

Approfondire il significato di queste affermazioni, centrali per la nostra vita, chiederebbe molto spazio. Mi limito ad un breve commento su due esortazioni che in ogni S. Messa ci sentiamo rivolgere dal celebrante.

Dopo aver ripetuto i gesti e le parole di Gesù nell’Ultima Cena e davanti al pane e al vino diventati il Corpo e il Sangue di Cristo, il sacerdote esclama: “Mistero della fede!” e si inginocchia in adorazione. Sull’altare si è reso realmente presente Colui nel quale noi poniamo tutta la nostra fede: Gesù crocifisso e risorto. Non è il celebrante ma Gesù stesso il Protagonista di ogni celebrazione eucaristica. Lui ci riunisce per farci ascoltare la sua Parola e per coinvolgerci nel suo sacrificio d’amore senza misura che ha vissuto sulla croce e nella risurrezione e che perpetua nell’Eucaristia. Il momento più grande per riconoscere che Gesù è in mezzo a noi “ogni giorno fino alla fine del mondo” è la celebrazione eucaristica. Così è successo ai due discepoli di Emmaus i quali si accorsero che era proprio Lui nel momento in cui spezzò con loro il pane eucaristico. Abbiamo bisogno, però, di occhi buoni, guariti e illuminati dalla fede, e a quel punto incontriamo “il Mistero della fede”.

Dopo aver recitato comunitariamente la preghiera del Signore, il celebrante si rivolge ai partecipanti dicendo: “Beati gli invitati alla cena del Signore”. In quel momento è Gesù che ci invita a nutrirci realmente di Lui: del suo Corpo e del suo Sangue e di quell’Amore infinito che riempie il suo Cuore sempre spalancato sui di noi, poveri peccatori.  Nutriti da questo Amore ritroviamo in noi la forza per amare, a nostra volta, i fratelli, per restare fedeli alla nostra vocazione, per prenderci cura dei più deboli, per portare con pazienza e umiltà i momenti di croce che non mancano mai nella vita. Solo riuniti attorno alla cena del Signore possiamo diventare una vera comunità di fratelli e di sorelle che è tenuta insieme dal Corpo e Sangue del Signore e dalla forza divina del suo Spirito di Amore.

Assieme ai martiri di Abilene, mentre torniamo  a partecipare alla S. Messa, ripetiamo anche noi con convinzione: “Sine Dominico non possumus”. Senza l’Eucaristia, specialmente nel Giorno del Signore, restiamo troppo deboli e ricadiamo nei nostri tristi egoismi. Ripartiamo dalla celebrazione eucaristica e anche gli sforzi che stiamo facendo per creare comunione nelle Collaborazioni Pastorali porteranno frutto.

+ Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo

13-05-2020