Cari Fratelli e Sorelle,
il nostro don Domenico Vignuda ha lasciato, come sua ultima volontà, il desiderio di essere riportato, per la Santa Messa di esequie, nella sua chiesa di Castions di Strada per essere, poi, deposto nel vicino cimitero accanto a tanti cristiani ai quali aveva dato l’ultima benedizione e l’ultimo saluto cristiano. Abbiamo accolto il suo invito, spinti dall’affetto e dalla riconoscenza che sentiamo verso di lui, e abbiamo deposto il suo corpo mortale davanti a quell’altare sul quale egli ha celebrato l’eucaristia per 19 anni con fede e raccogliendo attorno ad essa la comunità cristiana a lui affidata. Questo, adesso, è il posto giusto per don Domenico perché dall’altare soffriamo a Dio Padre il sacrificio di Gesù al quale uniamo, con la nostra preghiera, anche il sacrifico della vita e di 51 anni di ministero sacerdotale di don Domenico. Ha vissuto la sua esistenza terrena come un sacrificio perché non l’ha spesa secondo progetti e interessi suoi ma, con profonda onestà e generosità, l’ha consacrata alla vocazione al sacerdozio per la quale si era sentito chiamato fin da ragazzo dalla volontà di Dio. Il suo vero interesse per il quale dare tutto se stesso sono state solo le comunità cristiane a cui è stato inviato dai suoi vescovi: Pagnacco e Majano come cappellano e poi Romans di Varmo e Rivignano come parroco fino a giungere qui a Castions di Strada e a Morsano dove si è impegnato a continuare il suo ministero di pastore fino alla fine, fino a quando il male che lo ha colpito ha avuto la meglio sulle sue residue forze. In quel momento è cominciato per don Domenico l’ultimo sacrificio, cioè, l’ultima offerta sacerdotale di se stesso a Dio Padre; un sacrificio purificato dalla sofferenza sia nel corpo che nell’anima. L’ho incontrato più volte in questi ultimi mesi vissuti come ospite della comunità della “Fraternità sacerdotale”. Per il suo carattere riservato e per la stanchezza causata dalla malattia pronunciava sempre poche parole ma che venivano dal cuore. Nell’ultima visita è riuscito a ripetermi più volte solo “grazie!”. Quel “grazie!” mi ha fatto capire che a don Domenico il Signore Gesù stava facendo la grazia di un sereno affidamento totale di sé alla volontà di Dio Padre, come il vecchio Simeone: “Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito”. A concludere in questo modo – da vero cristiano e da vero sacerdote – la sua esistenza terrena egli è stato aiutato dalle persone che gli sono state vicine con tanta delicatezza e rispetto; in particolare, i confratelli e tutto il personale della Fraternità sacerdotale a cui va una doverosa parola di ringraziamento.
Dicevo che il posto giusto in cui portare, per l’ultimo saluto cristiano, don Domenico è proprio qui, davanti all’altare perché dall’altare possiamo ora unire la sua vita al Corpo e Sangue di Gesù in un unico sacrificio offerto al Padre.
Credo che questa sia la preghiera che don Domenico desidera in questo momento da noi. Ce lo fa un po’ intuire lui stesso nelle parole con cui concludeva nel 2013 il suo testamento. Sono frasi sobrie, come era nel suo stile quando doveva parlare di sé, ma profondamente sincere. Le leggo perché contengono gli ultimi e più intimi pensieri e sentimenti di don Domenico per noi: “Chiedo scusa se ho offeso o trattato male qualcuno in questi 43 anni di sacerdozio. Ringrazio le Comunità che mi hanno accolto, accettato, aiutato e amato. Non ho cercato i miei interessi ma ho dato quello che sono con semplicità e verità. A tutti, sempre e di cuore: grazie! Pre Meni Vignuda”.
Mi ha colpito, in particolare, l’ultima frase dove egli dichiara davanti a Dio e davanti a noi che non ha cercato interessi suoi ma, con semplicità e verità, “ho dato quello che sono”; cioè, tutto se stesso, senza risparmio di tempo e di forze. Come ho detto, ha fatto della sua esistenza di sacerdote un sacrificio di amore.
Nella prima lettura San Giovanni ci ha detto: “Fratelli, noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli”. Dopo aver chiesto perdono a tutti, don Domenico ringrazia tutte le Comunità, di cui è stato pastore, per essersi sentito “accolto, accettato, aiutato e amato”. Ma credo che questo affetto dei suoi parrocchiani verso di lui sia stata e sia una risposta all’amore per loro che essi sentivano uscire dal cuore di don Domenico. Per loro si è sacrificato con la fedeltà e l’amore di un buon pastore.
Per questo amore per Cristo e per i fratelli, che ha riempito il suo cuore, Gesù risorto doni a don Domenico la grazia finale di “passare da morte alla risurrezione eterna”. Per questa grazia con tanta fede e speranza continuiamo a pregare nella Santa Messa di esequie.