Catechesi in occasione del secondo dei «Quaresimali d’arte» (17 marzo 2019)

17-03-2019

Dopo l’umiltà (qui il testo della prima catechesi), consideriamo una virtù che è ad essa profondamente legata: la mansuetudine o mitezza. Gesù stesso collega tra loro queste due virtù, quando esorta i suoi discepoli: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29).

1. L’esempio di Gesù

Proprio a Gesù possiamo guardare come l’esempio più grande di uomo dal cuore mite e mansueto. In proposito, ricordiamo appena qualche brano della Sacra Scrittura.

Abbiamo appena ascoltato le parole con cui il profeta Isaia descriveva il Messia che Dio avrebbe inviato: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta» (Is 42,2-4). Questo eletto è Gesù il quale si sarebbe comportato sempre con mitezza; cioè, senza alcuna forma di prevaricazione e violenza né con le parole (non alzando la voce) né con i fatti (avendo delicato rispetto anche di una canna incrinata e di uno stoppino quasi spento).

È soprattutto nelle torture della passione che Gesù mostrò tutto il suo cuore mite. Egli incarnò l’immagine dell’agnello mansueto preannunciato ancora da Isaia: «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53,7).

Durante il suo processo davanti ai Sinedrio, a Pilato e ad Erode, alle accuse che gli venivano urlate contro, Gesù rispose con poche, pacate parole e tanto silenzio. Era il silenzio dell’agnello mansueto che non reagiva aggressivamente a chi scaricava su di lui tutta la propria cattiveria. Si potrebbe pensare che la sua mitezza fosse segno di debolezza o di paura. Accettava senza reagire perché vi era costretto dalla prepotenza di chi, con cieca violenza, si scatenava contro di lui.

Al contrario, con il suo comportamento mite, Gesù mostrò di essere più forte dei suoi persecutori. Essi, infatti, con tutti i loro insulti non riuscirono a suscitare in lui sentimenti di ira o di rivalsa. Egli conservò nel suo cuore sentimenti di amore, di pazienza, di perdono verso quei peccatori per i quali stava donando la vita.

2. La mitezza nei martiri

Tra i cristiani, coloro che hanno imitato più da vicini la mitezza di Gesù sono stati i martiri. San Pietro, nella sua prima Lettera, indica ai primi cristiani con quali sentimenti devono affrontare le sofferenze ingiuste e le persecuzioni a causa della loro fede: «Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo» (1 Pt 3,14-16).

L’apostolo chiede ai suoi cristiani di rispondere con dolcezza e con rispetto a coloro che li accusavano e perseguitavano senza motivo e senza alcun rispetto. In questo modo, la loro mitezza avrebbe svergognato coloro che ingiustamente li perseguitavano, rivelando la loro malignità. Reagendo con pazienza e dolcezza a coloro che li accusavano fino alla morte, i martiri hanno mostrato al mondo la forza della virtù della mitezza. Di essi potremmo fare uno straordinario elenco.

3. Aloisio Vittorio Stepinac

Cito, a mo’ di esempio, Aloisio Vittorio Stepinac perché proprio in questi giorni ho avuto la grazia di essere a Krasic dove è nato ed è morto e a Zagabria dove è stato arcivescovo. In questo grande vescovo, ora beato, rivediamo la mitezza di Gesù. Anche lui sopportò, da parte del regime comunista del maresciallo Tito, un ingiusto processo basato su false testimonianze. Lo sopportò con pazienza e mansuetudine che non fu, però, debolezza ma grande forza d’animo che mostrò fin dall’inizio dichiarando davanti agli accusatori: «La mia coscienza è pulita». Si sottomise al carcere e, successivamente, agli arresti domiciliari come Gesù si sottopose alla croce. Ed ora, come dice San Pietro, la sua mitezza eroica ha svergognato la menzogna di coloro che lo hanno perseguitato ed è testimonianza fulgida del Vangelo. Anche se a noi non vengono chieste prove eroiche di martirio, possiamo vivere in tante occasioni quotidiane la virtù della mitezza. Possiamo mostrarci forti come Gesù e i martiri, rispondendo con pazienza e delicatezza a chi ci attacca in modo ingiusto e aggressivo. Saremo sorgenti di pace e di riconciliazione.

Cattedrale di Udine, 17 marzo 2019