LECTIO
Ef 4,1-7.10-16
Il testo della Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci porta a meditare sul ‘mistero’ e ‘miracolo’ della Chiesa.
E’ mistero perché è opera di Dio e Padre di tutti’, di Cristo dal quale essa riceve l’energia vitale e dello Spirito Santo che è questa energia vitale divina che genera la ‘carità’.
E’ anche miracolo perché la Chiesa, per come è, non può essere opera umana. Nessun fondatore umano avrebbe potuto avviare e tenere in vita per tanti secoli una simile società.
Cosa sorprende nella Chiesa fino ad apparire un vero miracolo di Dio?
La legge fondamentale in essa è quella dell’unità: Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza a cui siete stati chiamati ..’. Se si lacera l’unità la Chiesa muore.
Questa unità, però, non è uniformità, riduzione di tutti i suoi membri ad un modello unico di comportamento, di modo di vivere l’unica vocazione battesimale.
Anzi, è unità nella più varia diversità di carismi e ministeri per cui la Chiesa appare ricca di modi molto diversi di realizzare la vocazione battesimale e la sequela di Gesù e del suo Vangelo.
Qui sta il miracolo: l’unità non soffoca la diversità e la diversità non compromette l’unità, anzi, la fa crescere.
Nessuna società, fondata da uomini o da dottrine umane, è riuscita a lungo a compiere questa mirabile sintesi; ma ha oscillato, come in un moto pendolare, verso uno dei due poli. O è stata privilegiata l’unità soffocando, però, la diversità e abbiamo vissuto anche in tempi recenti i totalitarismi che schiacciavano ogni dissenso o ogni differenza, anche religiosa. O è stata privilegiata la diversità e si è caduti nell’individualismo delle persone o di gruppi che difendevano i loro interessi privati a scapito dell’unità.
Noi abbiamo avuto la vocazione di essere membri di questi mistero e miracolo di Dio che è la Chiesa di Cristo.
Al suo interno abbiamo ricevuto un dono particolare, un carisma che è diverso da quello di altre sorelle e fratelli nella fede: vediamo questa varietà anche questa mattina dando uno sguardo alla nostra assemblea.
Diversi carismi e comunità religiose sorte non calcoli umani ma dall’inesauribile fantasia dello Spirito Santo. Di questo ringraziamo Dio mentre ci ricordiamo, con le parola di S. Paolo qual è il modo per vivere bene lo specifico carisma che ci è stato donato.
Ognuno di noi personalmente e ogni comunità religiosa è come una giuntura di un unico corpo, il Corpo di Cristo.
Importante è che ogni giuntura collabori armonicamente con le altre, con quell’armonia che sono la carità crea.
Nel corpo, infatti, se una giuntura si muove in modo scomposto rispetto alle altre si creano dolorose slogature. Questo è vero anche per il Corpo di Cristo che è la Chiesa; e abbiamo conosciuto dolorose slogature.
Ogni carisma è, invece, invitato a mettere l’energia che gli è propria in collaborazione con quella degli altri e dare il proprio contributo.
Qual è lo scopo di questa collaborazione? Dare il nostro contributo perché cresca la carità nella Chiesa, Corpo di Cristo e questa carità sia di edificazione dei fratelli.
Doniamo le energie che ci sono proprie perché cresca la carità nel Corpo di Cristo che è la Chiesa di Udine e ne abbiano beneficio tanti fratelli.
RIFLESSIONE
Desidero aggiungere qualche pensiero alla meditazione della Parola di Dio che ho proposto. Desidero, in particolare, dirvi con quali atteggiamenti voglio iniziare il mio dialogo di Vescovo con le religiose e i religiosi che vivono e operano nella Chiesa di Udine.
A questo incontro generale, spero facciano seguito incontri con le singole comunità per una conoscenza più diretta, una comunione profonda di fede e una collaborazione costruttiva. Ho già iniziato questi incontri e consideratemi disponibile a continuarli un po’ alla volta.
1. L’importanza di avere in Diocesi sorelle e fratelli che si sono consacrati secondo i tre consigli evangelici.
Ho voluto esprimere già nell’omelia di ingresso quale ricchezza che voi siate: ‘Voi, care religiose e religiosi, siete testimoni in mezzo a noi del profumo dell’amore di Gesù; un profumo evangelico di povertà, purezza, obbedienza. Abbiamo bisogno di voi e delle vostre comunità sia di vita contemplativa che apostolica per ricordarci in questo tempo la bellezza di seguire Cristo con radicalità’.
In questo primo mese di ministero a Udine, sto già conoscendo quante opere evangeliche le comunità religiose abbiano avviato e portato avanti in questa Chiesa; opere sul campo dell’educazione, della carità, dell’accoglienza, della spiritualità.
Mi sto anche rendendo conto quanto sia importante la generosa collaborazione dei consacrati e delle consacrate all’attività pastorale della Diocesi: celebrazione della S. Eucaristia, ministero della Riconciliazione, predicazione, animazione della comunità parrocchiali, formazione dei laici.
Per questi motivi, la Chiesa di Udine deve molto alle comunità religiose presenti nel suo territorio, di vita attiva o contemplativa; alcune generate all’interno di questa Chiesa stessa, a riprova della sua fecondità spirituale.
Non vorrei, però, dimenticare un altro motivo ‘ che considero il principale ‘ per cui la nostra Arcidiocesi deve riconoscenza alle sorelle e fratelli consacrati.
Ho cercato di esprimerlo, in poche parole, al mio ingresso: ‘siete in mezzo a noi testimoni del profumo dell’amore di Cristo’.
L’amore di Cristo ha un suo ‘profumo’, un fascino che attira il cuore degli uomini, quando penetra dentro i loro pensieri, sentimenti e desideri.
Per essere attirate, però, le persone hanno bisogno di sentire questo ‘profumo’. E solo i testimoni diffondo attorno a sé il ‘profumo di Cristo e del suo Vangelo’.
Per vocazione voi siete tra i testimoni più credibili perché vi siete consacrati con tutta la vostra persona all’amore di Gesù; vi siete consacrati nella povertà, verginità e obbedienza.
Proprio questi tre consigli evangelici esprimono sfumature fondamentali dell’amore di Gesù: egli ci ha amati sino alla misura suprema in modo povero, vergine e obbediente.
Come ci ricorda S. Paolo, ci è venuto incontro spinto da un amore senza riserve (verginale), spogliandosi di ogni gloria divina (povero) in obbedienza al Padre fino alla morte e alla morte di croce (obbediente).
Questo Gesù e questo suo amore divino e umano ha un profumo unico che continua ad affascinare i cuori umani purché ci sia qualcuno, vicino a loro che lo fa sentire perché lo vive con tutto se stesso.
Per mantenere nella Chiesa la freschezza evangelica del profumo di Cristo, lo Spirito santo ha chiamato alcuni battezzati a consacrarsi nella povertà, verginità e obbedienza.
Questo è il vostro carisma di cui anche la Chiesa di Udine ha bisogno. I bambini, i giovani, le famiglie, i sacerdoti hanno bisogno di sentire la freschezza e il fascino dell’amore di Gesù; altrimenti c’è il pericolo che ce lo dimentichiamo e i sensi si rovinano a contatto con altri odori.
Continuate a vivere in mezzo questa Diocesi la ricchezza evangelica della vostra consacrazione. In questo non conta l’età ma solo la santità; e le persone hanno un sesto senso per riconoscerlo.
Questo carisma della consacrazione è arricchito, poi, da altre sfumature che hanno intuito i fondatori delle diverse comunità religiose. Sono sempre sfumature dell’unica ricchezza del Vangelo e dell’unico carisma della consacrazione.
In questi anni molte comunità religiose si sono impegnate a riscoprire il carisma proprio
che i fondatori hanno posto. Tenetelo vivo in mezzo a noi.
2. Un’alleanza spirituale e di preghiera
Sto cominciando a conoscere l’Arcidiocesi di Udine nella quale l’obbedienza mi ha portato con la responsabilità di Pastore e Successore degli apostoli.
Inizio a riconoscerne le ricchezze e le fatiche. Cerco di entrare nel suo cammino passato e più recente, nei programmi fatti sotto la guida dei miei predecessori.
Sento in me il sostegno di una serena speranza e la coscienza che anche questa Chiesa ‘ come tante in Italia e nel mondo ‘ è chiamata ad affrontare un tempo impegnativo che le chiede di diventare veramente ‘missionaria’. In questa prospettiva cercheremo di continuare il cammino in continuità con quello già avviato.
Dovremo, però, difenderci dalla tentazione di pensare subito a cosa possiamo fare, a come organizzare meglio la Diocesi, a come modificare i percorsi di formazione perché siano più efficaci, a come rinnovare l’uso delle nostre strutture.
Saremo certamente impegnati a lavorare su questi fronti. Non sarà, però, un lavoro ‘missionario’ ma solo umano se trascureremo la preghiera in tutte le sue forme ed espressioni.
Questa sarà al nostra prima opera missionaria come ci ricorda la patrona mondiale delle missioni, S. Teresa di Lisieux.
Se guardiamo, infatti, al compito che ci sta davanti e contiamo le nostre forze non possiamo che essere tentati di rassegnazione.
Ma la missione nella Chiesa è opera di Dio e non degli uomini. Egli è in grado di agire al di la di quanto noi ‘possiamo domandare e pensare’, come si esprime S. Paolo nella lettera agli Efesini.
Egli agisce con la potenza dello Spirito Santo, spesso attraverso la debolezza dei mezzi umani.
Per questo la prima opera missionaria a cui siamo chiamati è suggerita sempre dall’apostolo: ‘piegare le nostre ginocchia’ per invocare, supplicare e ringraziare.
Anche la Chiesa di Udine ha bisogno di persone che si uniscano nella preghiera; che formino un’alleanza spirituale per amore di Gesù, della Chiesa e della salvezza dei fratelli.
Spero di suscitare questa alleanza spirituale e di preghiera e ad essa chiamo prima di tutto voi, sorelle e fratelli consacrati. Come chiamerò tutti i sacerdoti.
Troveremo forme e occasioni concrete anche per offrire un segno e una testimonianza alla città e alla Diocesi.
A noi si uniranno sicuramente tanti laici perché i cuori sono tormentati da una sete inespressa di spiritualità. Hanno bisogno di respirare l’aria vitale della preghiera in questa asfissia in cui siamo immersi.
Se saremo fedeli nell’invocare e nel ringraziare, il Signore Gesù ci ascolterà come ha promesso: ‘bussate e vi sarà aperto’.
Ma non dobbiamo stancarci e, per non stancarci dobbiamo sostenerci assieme, sostenerci in un’alleanza spirituale di preghiera.
3. Conclusione
Care sorelle e fratelli consacrati, altre cose avrei in mente ma ce le diremo un po’ alla volta. Accogliete, per ora, queste mie prime riflessioni che avvertivo più urgenti dentro il mio animo di Pastore.
Iniziamo un cammino nella fiducia e, specialmente, nella comunione che mi impegnerò a promuovere in prima persona perché questo è una delle principali responsabilità del Vescovo.
Vi ringrazio ancora e vi ricordo nella preghiera mentre mi affido alla vostra.