Cari fratelli e sorelle,
celebriamo la festa di tutti i Santi in un momento oscuro della nostra storia nel quale stanno esplodendo la violenza e il male in varie regioni del pianeta. Ci addolora in modo tutto particolare vedere insanguinata ancora una volta quella Terra che per noi è Santa. Scorre ancora il sangue di Abele per mano di Caino.
Non la santità ma il demonio sembra affascinare le menti e i cuori di tanti uomini attirandoli ad aggredire i propri simili con una cattiveria che giunge fino a dare la morte.
Come vivere in questo contesto e in questo clima la festa dei Santi? Che cosa ci dicono oggi i Santi? Se leggiamo le loro vite e i loro scritti constatiamo che essi non hanno vissuto in epoche tranquille e di pace sociale. I loro tempi non erano meno tribolati dei nostri, a causa di guerre che causavano milioni di morti, di epidemie per le quali non c’era cura, di povertà diffusa e di ingiustizie sociali.
In queste situazioni che mettevano a prova la speranza degli uomini sono sempre sbocciati dei santi che sono stati delle presenze luminose tra le ombre di peccato che avvolgevano la società. Se volessimo fare degli esempi ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Accenno appena a due Santi vissuti in epoche diverse:
- il giovane gesuita Luigi Gonzaga morto nel 1591 tra gli appestati del lazzaretto di Ro-ma; consumato dalla peste e dalla carità per i poveri malati;
- il francescano Massimiliano Kolbe morto nel 1941 nel campo di sterminio di Auschwitz, dopo essersi offerto alla condanna a morte al posto di un padre di famiglia e aver accompagnato alla morte i compagni di sventura con la preghiera.
Sono stati due fari di luce e di carità tra i fratelli con i quali hanno voluto condiviso tenebre da inferno.
Quale forza li ha sostenuti e li ha resi diversi dagli altri? La loro mente e il loro cuore erano illuminati da una luce nuova che avevano scoperto e che guidava tutta la loro vita. Era la loro fede in Gesù e il loro amore ardente che li spingeva a voler imitarlo nel dono totale di sé senza calcoli, fino alla morte.
Questa è stata la luce che ha permesso a loro di intravvedere che era possibile percorrere del-le strade che per chi stava loro attorno erano considerate impossibili e assurde. Hanno intuito che anche in un lazzaretto di appestati e nel buio dei sotterranei di un lager era possibile accendere la luce della carità. E l’hanno accesa perché hanno considerato il loro sacrificio di carità più prezioso anche della salvaguardia della loro vita fisica. Non erano dei super eroi provvisti di eccezionali energie psichiche ma erano dei credenti aggrappati – per così dire – a Gesù crocifisso fino a donare la vita come lui nella certezza che quel modo di vivere e di mori-re li avrebbe portati con Gesù risorto nel suo paradiso. Per questo motivo la Chiesa li ha pro-clamati santi; cioè, partecipi di quella moltitudine immensa di cui ci ha parlato l’evangelista Giovanni nella prima lettura. Una moltitudine formata da uomini e donne di ogni nazione, tribù, popolo e lingua che cantano un inno di gioia a Dio Padre e a Gesù, Agnello immolato. Sono tutti vestiti di una veste bianca spendente: è la veste della carità di cui si sono vestiti in questa vita terrena fino al dono eroico di sé.
Nelle varie epoche, anche le più buie e tribolate, i santi hanno lasciato dietro di sé una scia luminosa. Hanno segnato un cammino di senso della vita e di speranza anche dove sembrava regnare la rassegnazione, quando non la disperazione.
La scia luminosa dei santi resta sempre accesa anche per noi. Essi ci mostrano, con gli esempi concreti della loro vita, il modo per investire bene ogni giorno della nostra esistenza. Ci raccomandano tenendo accesa la lampada della fede che ci dona la forza e la convinzione di imitare loro e Gesù nella carità, anche eroica, verso i fratelli.