19-01-2015
“Vino nuovo in otri nuovi”: sono parole di Gesùche abbiamo ascoltato nella lettura del Vangelo e che sono diventate popolari come un proverbio. Gesù sapeva di essere tra otri vecchi; di portare un annuncio che non poteva essere compreso e sopportato dalla mentalità e dalla cultura del tempo.
Così successe e Gesù fu rifiutato come inaccettabile sia dalle autorità che dalla gente del tempo. Però, il vino nuovo del Vangelo non andò disperso dentro la storia dell’umanità. Anzi, compì il miracolo di penetrare progressivamente nell’otre vecchio della filosofia e della cultura dei popoli e di trasformarlo. Dal vino nuovo della Parola di Gesù si formò una nuova cultura e una nuova civiltà di cui tutti siamo figli; questo appare chiaro ad ogni onesto osservatore che rilegge la storia dell’Europa. La luce della fede, che Gesù ha diffuso tra gli uomini, non ha incatenato la ragione umana; al contrario, l’ha liberata in tutte le sue potenzialità generando progresso nel campo antropologico, giuridico, sociale, economico, scientifico.
Il vino nuovo del Vangelo è penetrato nei costumi e nella cultura di popoli diversi e, non senza fatiche, li ha forgiati in una comune civiltà.
Viviamo in un’epoca che, spesso, viene detta di trapasso culturale o, anche, di crisi di civiltà. Questa crisi appare più evidente dal confronto con altre tradizioni religiose e culturali che il processo di globalizzazione ha portato più vicine a noi. A volte, si parla anche di una cultura occidentale stanca, in parabola discendente.
Ai giovani che si affacciano al futuro, però, non possiamo consegnare stanchezza e orizzonti crepuscolari che fanno presagire la notte. Per onestà nei loro confronti dobbiamo chiederci come rinnovare gli otri, per usare l’immagine di Gesù; come rivedere i pilastri fondamentali su cui si è costruita e può rinvigorirsi la nostra cultura e civiltà.
Su questo fronte si assiste, purtroppo, ad una specie di mercato delle opinioni spesso messe in circolazione in modo superficiale, strumentale, a slogan.
È compito delle istituzioni, deputate all’educazione e alla formazione dei ragazzi e dei giovani, farsi carico di una riflessione responsabile per prospettare alle nuove generazioni prospettive affidabili e affascinanti. Tra queste istituzioni, hanno un posto di primo piano le Università.
Esse, come è noto, sono impegnate su vari fronti di carattere amministrativo ed economico, organizzativo, di ricerca di eccellenza nei vari campi della scienza. Sarebbe importante, però, che fossero anche vere comunità “del sapere” dove ci si confronta, con competenze diverse, sui grandi temi che determineranno il futuro della nostra civiltà: la persona e il suo vero bene, le condizioni per vivere in un tessuto sociale sano e sereno, un’economia governata dall’etica e dal diritto nazionale e internazionale, uno sviluppo in armonia con la natura dell’uomo e di tutto il creato, i processi onesti della ragione umana per cercare la verità.
Questi e altri sono i temi comuni su sui si fonda e si rinnova una civiltà. Essi possono trovare nel Vangelo una sorgente di luce sempre attuale della quale la Chiesa si sente a servizio per il bene dell’umanità.
In questa S. Messa prego lo Spirito di Dio perché la nostra Università di Udine sia anche una comunità “del sapere” che offre il suo contributo per rinnovare gli otri della nostra cultura a beneficio delle generazioni di giovani che in essa impegnano anni e le migliori risorse. Auguri di cuore per il nuovo Anno accademico.