Cari Fratelli e Sorelle,
per la 107ª Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, Papa Francesco ha offerto un messaggio intitolato: «Verso un “noi” sempre più grande». Il Santo Padre ci propone un tema di riflessione di grande importanza che merita la nostra attenzione.
Egli parte dalla situazione di pandemia che ancora ci coinvolge ed esprime una sua preoccupazione e una speranza: «Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. Voglia il cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”».
La preoccupazione del Papa è giustificata perché esiste il rischio di dimenticare la spinta alla solidarietà che abbiamo avvertito e vissuto nei momenti più critici del contagio del virus. Quella è stata una sofferta lezione di vita da non abbandonare perché traccia una strada maestra su cui continuare a camminare e che Papa Francesco riassume con una frase molto efficace: «Non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”».
Per percorrere questa via di salvezza è necessario convertirci dalla mentalità consumistica che ha come obiettivo quello di accumulare e possedere, sempre di più e in modo insaziabile, soldi e beni materiali. Questa è la mentalità del ricco contro la quale abbiamo sentito le parole sferzanti di S. Giacomo apostolo nella seconda lettura: “E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente”.
Ricco non è semplicemente colui al quale la Provvidenza ha riservato una certa quantità di beni materiali che, però, sa spartire con gli altri per diventare, a sua volta, “provvidenza” per i fratelli che sono nel bisogno. Ma è ricco nella mente e nel cuore l’uomo che ha come unico interesse quello di accumulare per sé in modo incontenibile. Egli guarda tutti coloro che gli si fanno vicino come degli “altri”, da tener lontani perché potenzialmente pericolosi verso i tesori che ha accumulato.
La Parola di Dio e il messaggio del Papa invitano ad una grande conversione di mentalità considerando le persone che entrano nella nostra vita e nel nostro territorio non come degli “altri” a noi estranei, ma come dei fratelli e delle sorelle con i quali costruire un “noi” comunitario, un’unica famiglia in un’unica casa comune.
Tra di essi ci sono anche i Migranti e i Rifugiati che, a causa di tragiche vicende, sono giunti e continuano a giungere in Friuli. Questa giornata mondiale a loro dedicata ci invita a non dimenticarli e a non considerarli come degli invisibili, ma a continuare a trovare le forme possibili e intelligenti di accoglienza, ognuno per la sua parte.
In questa S. Messa sono presenti in modo particolare le comunità degli immigrati cattolici. Per essi il Papa scrive nel suo messaggio: “Ogni battezzato, dovunque si trovi, è a pieno diritto membro della comunità ecclesiale locale, membro dell’unica Chiesa, abitante dell’unica casa, componente dell’unica famiglia”. Con questi atteggiamenti cerchiamo di accogliere nella Chiesa di Udine i fratelli e le sorelle cattolici che giungono da altri paesi perché ci sentiamo realmente “uno in Cristo”, membra del suo unico Corpo che è la Chiesa. Di fronte a questa unità di fede perdono importanza le differenze di pelle, di razza o di cultura. Ringrazio la Commissione diocesana “Migrantes” e tutti i sacerdoti che si dedicano alle comunità di immigrati cattolici per il loro impegno a tenere viva la comunione all’interno delle comunità stesse e con la Chiesa diocesana.
Viviamo un atteggiamento di fraterno dialogo con i fratelli immigrati ortodossi perché, come scrive il Papa, siamo convinti che questo può essere “un terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso”.
Il nostro dialogo si apre anche ai migranti e ai rifugiati altre religioni con lo sforzo, da parte nostra, di conoscere le loro tradizioni e con l’invito a loro di comprendere la ricchezza della nostra tradizione cristiana con la sua dottrina, le sue preghiere e i suoi simboli che da secoli professiamo ed esprimiamo.
Per questa strada possiamo creare quel “noi” comunitario auspicato da Papa Francesco che non è fatto di piatta uniformità ma che, come egli descrive con felice espressione, è “a colori, arricchito dalle diversità e dalle relazioni interculturali”. Lo Spirito Santo ci aiuti a camminare su questa strada.