Omelia in occasione della festa diocesana dei Migranti 2014

01-06-2014
Cari fedeli che siete venuti a celebrare la festa dell’Ascensione di Gesù al cielo,
 
permettete che rinnovi, prima di tutto, il mio saluto e il mio benvenuto alle sorelle e ai fratelli immigrati presenti qui in cattedrale. Con questa santa Messa iniziamo la seconda festa delle comunità degli immigrati cattolici che abbiamo organizzato anche quest’anno, incoraggiati dall’ottima riuscita della prima edizione.
 
Pregheremo tutti assieme con lingue e tradizioni diverse, ma esprimendo l’unica fede e la lode corale a Dio Padre che in Gesù, morto in croce e risorto, ha rotto le barriere di razza, di cultura, di religione che dividevano gli uomini. Gesù è per tutti e il suo Vangelo è per tutti e ogni uomo è chiamato a diventare, in Gesù, figlio di Dio Padre e membro della Chiesa. Nella Chiesa trova tanti altri fratelli e sorelle; proprio come siamo qui noi, riuniti attorno alla Parola del Signore e al Corpo e al Sangue del Signore Gesù.
 
Abbiamo appena ascoltato nel Vangelo che, prima di salire al Padre, Gesù lascia agli apostoli quello che dovrà essere il loro programma di vita. Egli non sarebbe più stato fisicamente in mezzo a loro. Di conseguenza, essi non avrebbero più potuto organizzare le loro giornate stando con lui e seguendolo dove lui decideva di andare. Dove avrebbero dovuto andare dal momento che lui saliva al Padre? Risponde Gesù: “Andate in mezzo a tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”.
 
Questo programma di vita era umanamente impossibile per quel piccolo gruppo di undici uomini. Ma Gesù li rassicura aggiungendo al suo comando una promessa decisiva: “Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Non dovevano andare a predicare il vangelo in mezzo a tutti i popoli da soli ma con Gesù perché egli avrebbe continuato ad essere ogni giorno con loro. Sarebbe stato con loro non esteriormente, con la sua presenza fisica, ma interiormente con il dono del suo Santo Spirito il giorno di Pentecoste.
 
Obbedienti al comando del loro Signore e guidati dallo Spirito Santo gli apostoli andarono realmente tra tutti i popoli senza preoccuparsi se erano ebrei, come loro, o greci, romani, egiziani, indiani. Unica loro preoccupazione era quella di far giungere a tutti la buona notizia che Dio ci era venuto incontro con suo Figlio Gesù e che essi potevano testimoniare di aver visto, ascoltato, toccato. Unico loro programma di vita era quello di permettere a tutti di conoscere Gesù, di poter credere in lui, di diventare figli dell’unico Dio Padre e di entrare a far parte di un popolo nuovo, il popolo dei figli di Dio formato da razze, lingue e nazioni diverse.
 
La missione degli apostoli, umanamente impossibile, ha avuto successo oltre ogni loro ragionevole attesa. La prova è anche questa nostra assemblea riunita in cattedrale.
 
Care sorelle e fratelli immigrati, venite da quasi tutti i continenti e da tante nazioni, ma qui a Udine avete trovato lo stesso Vangelo che avere conosciuto dove siete nati e siete stati battezzati; avete trovato la stessa santa Messa; avete trovato che professiamo la stessa fede nel Credo e che preghiamo con la stessa preghiera del Padre nostro. Avete trovato la stessa Chiesa cattolica presente nei vostri paesi di origine.
 
La missione degli apostoli di andare tra tutti i popoli a predicare il Vangelo è veramente riuscita anche se era impensabile per le loro forze. Ma loro erano solo i servitori e il vero protagonista della predicazione del Vangelo è Gesù con la potenza del suo Santo Spirito. Egli ha mantenuto la promessa di essere ogni giorno con i missionari che diffondevano la fede in lui.
Gesù continua a mantenere la sua promessa: è in mezzo a noi anche in questo momento e noi ci troviamo riuniti in cattedrale solo perche tutti crediamo in lui.
 
Preghiamolo, allora, perché continui il miracolo che ha iniziato inviando gli apostoli in tutto il mondo: il miracolo di diffondere la fede e di far crescere la sua Chiesa. Dopo averci riuniti attorno a lui ci renda sempre più fratelli tra di noi. Solo lui può realizzare questa comunione perché noi siamo deboli come gli apostoli e non abbiamo la forza di superare le barriere di diffidenza e di egoismo che ci ostacolano.
 
Tra poco tutti assieme diremo “Padre nostro” come figli che hanno un unico Padre a cui affidarsi. Con la potenza dello Spirito Santo Gesù faccia crescere tra di noi la vera integrazione che si basa sul fatto che siamo tutti accolti da Dio Padre come suoi figli senza differenze e da Gesù come suoi fratelli. Con il suo aiuto apriremo i cuori e sarà possibile la conoscenza reciproca, l’accoglienza partendo dalla fiducia e non dal sospetto, la disponibilità a darsi una mano condividendo quanto la Provvidenza ci ha donato.
 
La festa delle comunità degli immigrati cattolici sia una spinta a camminare per la strada della fraternità e Gesù camminerà con noi.