Omelia in occasione del «voto cittadino» (22 ottobre 2017)

23-10-2017

Cari fratelli e sorelle,

è offerta alla nostra meditazione una pagina del Vangelo in cui vediamo Gesù che si confronta con i farisei sul dovere di pagare le tasse a Cesare, l’imperatore romano che aveva autorità sulla Palestina. A chi gli poneva il malizioso dilemma se fosse lecito o meno pagare la tassa, egli chiede di chi fosse l’effige coniata sulla moneta stessa. Ricevuta la risposta che si trattava dell’effige di Cesare, conclude con la famosa dichiarazione: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

 

Con queste parole, indica ai sui discepoli come avrebbero dovuto comportarsi dentro la società in cui vivevano. La regola data dal Signore ha guidato i cristiani di ogni tempo e in qualunque regime politico.

Il cristiano è un onesto cittadino che rende a Cesare quello che è di Cesare; contribuisce, cioè, al bene comune di tutti anche pagando la propria parte di tasse.

A Dio, però, riserva quello che è solo di proprietà di Dio. Egli non dimentica mai di essere stato creato da Dio a sua immagine. Porta su di sé non l’immagine di Cesare ma di Dio. Per questo solo a Dio consacra la sua vita e non si inginocchia davanti a nessun potente di questo mondo.

Dal loro Maestro i cristiani hanno imparato a vivere la legge che assicura  il giusto equilibrio nella società umana: unico loro Signore è Dio Padre che li ha creati a sua immagine e a lui solo consacrano la loro vita mentre collaborano attivamente a creare un buon vivere comune in ogni modo possibile, anche pagando le tasse.

Abbiamo un esempio straordinario di come si possa vivere questa legge, ci viene nella giovane Santa la cui urna ospitiamo davanti all’altare, assieme a quella dei suoi santi genitori. Santa Teresa di Gesù Bambino, morta a soli 24 anni nel monastero carmelitano di Lisieux nel 1897, ha vissuto in modo esemplare l’equilibrio che Gesù ha insegnato. Ha dato a Dio quello che poteva essere solo di Dio mettendo lui al primo posto della sua vita senza compromessi; consacrandosi tutta a lui con la decisione di entrare a soli 15 anni, con speciale permesso del Papa, in un monastero di clausura. 

Non ci sarebbero stati altri “Cesari”, altri poteri o interessi che comandavano il suo cuore e le sue scelte. Obbediente al comando di Gesù, «rese a Dio quello che era di Dio». 

Con la sua radicale scelta di vita, però, non si estraniò dal mondo; non si isolò dalle vicende della società, come si potrebbe superficialmente pensare visto che si rinchiuse in un monastero da cui non sarebbe più uscita. Essa contribuì, anzi, portare il giusto equilibrio alla società del suo tempo e continua a portarlo anche oggi. 

Santa Teresa visse nell’epoca in cui in Europa si stava affermando l’ateismo. Si stava diffondendo, cioè, il più grave degli squilibri sociali perché gli uomini, non solo non rendevano più a Dio il giusto culto, ma erano giunti a dichiarare che non c’era. Ricordiamo che questa Santa è contemporanea di Nietzsche, il grande e tragico pensatore tedesco che giunse a dichiarare: «Dio è morto; noi l’abbiamo ucciso».

Leggendo il diario spirituale di Santa Teresina, “Storia di un anima”, ci rendiamo conto come Dio fece provare alla mente e al cuore della giovane Teresa la tragedia di un’umanità che si era chiusa alla fede in Dio. Anche Nietzsche si era reso conto che con l’ateismo si entrava in un tempo di tenebra; afferma, infatti: «Dio è morto e ora vagheremo nella notte cercando di illuminarci con deboli lanterne». Questo pensatore, però, non riuscì più a trovare la strada  della fede.

Santa Teresa di Gesù Bambino, invece, continuò a consacrarsi al suo Signore Gesù donando a lui e solo a lui tutta la propria persona ed esistenza. E la sua testimonianza contribuì a ricordare a tutti che la società moderna stava perdendo il giusto equilibrio perché aveva dimenticato il primato di Dio e aveva smarrito le strade della fede. Ella continua anche oggi a toccare i cuori di tante persone; la sua urna – da qualche anno viaggia anche con quella dei suoi santi genitori – è richiesta in tutte le parti del mondo. 

Quando a 15 anni si chiuse nel monastero carmelitano, non si estraniò dalla società in cui viveva; anzi, entrò nel cuore profondo di quella società  e di tutta l’Europa che si dibatteva nella più grave delle tentazioni: dimenticare Dio e sostituirlo con altri Cesari umani che sarebbero diventati padroni dispotici, come il ‘900 europeo ci ha mostrato. 

Per noi cristiani, Santa Teresa di Lisieux è uno straordinario ed attuale esempio. Il primo nostro compito dentro la società di questo tempo è quello di mostrare quello che è il fondamentale equilibrio che regge il bene comune di tutti: a Dio si deve dare quello che è di Dio mentre si collabora con tutti, anche con il governanti di turno, per una buona convivenza sociale.

In altre parole, il nostro mondo ha bisogno di credenti che ricordino  che non si possono separare i due fondamentali comandamenti: «Ama Dio con tutto te stesso e ama il prossimo come te stesso». Quando si dimentica o si nega il primo fatichiamo terribilmente a vivere anche il secondo e la società umana paga gravi conseguenze; e i primi a pagarle sono i più deboli. 

L’intercessione e l’esempio di Santa Teresa, ravvivi in noi la sua stessa passione a tenere Dio al primo posto anche nella nostra cara città di Udine e questo ci porterà ad essere cittadini onesti e costruttivi che danno il loro tributo al bene comune. Una preghiera particolare la riserviamo a quanti si stanno preparando ad impegnarsi ad amministrare il bene comune della città attraverso le prossime scadenze elettorali. Siano illuminati dalla testimonianza di Santa Tersa e dalle parole di Gesù: a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare.

Udine, 22 ottobre 2017