25-12-2021
Cari Fratelli e Sorelle,
nei giorni scorsi di attesa del Natale molte persone, compresi i giornalisti, mi hanno invitato ad offrire un messaggio che porti serenità e speranza. Evidentemente ne sentiamo il bisogno quanto l’aria che respiriamo.
Cerco di esaudire questo desiderio non ricorrendo, però, a parole mie che sono povere quanto le vostre. Posso, invece, ripetere a me e a voi le parole cantate dagli angeli la notte santa della nascita di Gesù: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama”.
Ma a chi si sono rivolti gli angeli per portare il loro messaggio di gioia e di speranza? Non al governatore romano, né al re Erode e ai suoi dignitari, né ai sommi sacerdoti. Questi dormivano sicuri del loro potere.
Gli angeli scendono a cantare sopra un gruppo di pastori che, per custodire le pecore, rimanevano svegli anche di notte. Erano povera gente, con compensi da fame, provati dalle durezze della vita e disprezzati dall’opinione pubblica. Gesù, Il Figlio di Dio che nasce dalla Vergine Maria, manda i suoi angeli a questi poveri pastori per consegnare il suo messaggio di speranza: “Gloria a Dio e pace agli uomini”. Durante tutta la sua missione fino alla morte in croce e alla risurrezione avrebbe seguito questo stile. Si sarebbe rivelato ai poveri e si sarebbe negato ai superbi troppo sicuri di sé.
Probabilmente a questo Natale arriviamo anche noi sentendoci un po’ più deboli e un po’ più poveri, spogliati delle nostre certezze. Come i capi di Gerusalemme, in passato abbiamo dormito sulla sicurezza dei soldi, della scienza, della medicina. È bastato questo virus “subdolo e invisibile” per farci assaggiare il gusto amaro dell’insicurezza e della paura a cui non eravamo abituati; per farci provare la sofferenza di non poter vivere con spontaneità i rapporti tra noi perché ognuno può essere minaccia per l’altro, anche il bambino con i genitori e i nonni.
Ci ritroviamo più fragili e poveri; privati non solo di soldi ma, specialmente, di serenità interiore e di speranza. E di serenità e speranza abbiamo bisogno per vivere. Lo toccano con mano i ragazzi, gli adolescenti e gli anziani che stanno pagando il prezzo più alto perché il loro animo non regge alla solitudine, alla paura, all’incertezza.
In questa situazione invito tutti a fermarci un momento, spegnendo televisioni e social, ed ad ascoltare il canto degli angeli della notte di Natale: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama”. È un grande messaggio di speranza. È come un faro che ci indica la direzione da seguire in questa tempesta.
“Gloria a Dio”: come i pastori torniamo ad alzare gli occhi verso il cielo da dove ci è venuto incontro Gesù. Forse, con presunzione li abbiamo abbassati troppo sulla terra dimenticandoci di pregare e di dare gloria a Dio dalla cui onnipotente misericordia abbiamo ricevuto gratuitamente la vita, il creato e tanti altri doni; abbiamo ricevuto Gesù e, in lui, la vita eterna che non conosce la minaccia dei virus.
Se riusciremo ad alzare gli occhi verso il cielo e a pregare assieme, scopriremo che i nostri cuori diventano più sereni e leggeri. E guardandoci l’uno con l’altro sentiremo di essere capaci di benevolenza e accoglienza; sentimenti che sono il lievito che fa crescere la pace che gli angeli annunciano: “Sulla terra pace agli uomini che Dio ama”.
Di pace abbiamo bisogno per purificare i cuori dagli atteggiamenti negativi che sembrano crescere in questo tempo: la contrapposizione reciproca e la chiusura verso chi la pensa diversamente, fino a giungere anche all’astio. Sono virus che si annidano nei cuori e che potrebbero avere conseguenze più pericolose di quelle del covid.
Respiriamo, allora, l’aria pura del Santo Natale che ci fa cantare assieme: “Gloria a Dio che ci ha donato Gesù e pace tra noi uomini sulla terra”.
Udine, Santo Natale 2021