Cari fratelli e sorelle,
la celebrazione dei Primi Vespri della solennità dei Santi Ermacora e Fortunato è un momento di comunione profonda e autentica tra di noi e di tutti noi con loro. Questo è il grande Mistero della liturgia che stiamo vivendo. È Mistero di comunione di fede e di amore che unisce noi, che siamo ancora in pellegrinaggio nel tempo, con i nostri fratelli e sorelle che sono passati, oltre la morte, nella Comunione dei Santi. Formiamo quell’unica Chiesa che è stata generata in queste terre dalla testimonianza, dall’annuncio e dal martirio del vescovo Ermacora e del diacono Fortunato. Mentre preghiamo e cantiamo i primi vespri in loro onore, essi partecipano alla nostra celebrazione perché sono uniti da un legame eterno di amore con noi che siamo la loro Chiesa, di cui hanno posto le fondamenta dentro la città di Aquileia. Assieme ai due Patroni sono uniti a noi, nella stessa comunione di carità, gli altri martiri aquileiensi e i santi Pastori che abbiamo ricordato anche nelle acclamazioni iniziali.
Credendo a questa comunione di carità che ci rende l’unico Corpo di Cristo animato del suo unico Santo Spirito, il primo aiuto che chiediamo ai Santi Patroni e a tutti gli altri nostri Santi è quello dell’intercessione. Lo abbiamo appena fatto nel canto, invocando san Marco, sant’Ermacora, San Cromazio, San Valeriano e altri Pastori e ripetendo: «Adiuva! Aiutaci!».
Abbiamo bisogno di sentire il loro amore per noi, che si manifesta in una continua intercessione presso Dio Padre, presso Gesù Buon Pastore, presso lo Spirito Santo. Ne abbiamo bisogno, in particolare, per proseguire il cammino che abbiamo intrapreso, con il progetto diocesano, per dar vita a delle Collaborazioni pastorali. Se, a causa della nostra poca fede e la poca speranza nella Comunione dei Santi, facciamo affidamento solo sulle nostre risorse umane, allora è facile che cediamo a stati d’animo di paura, di stanchezza, di rassegnazione perché ci sentiamo troppo soli. Ma Ermacora e Fortunato ci assicurano che non siamo abbandonati solo alle nostre forze: ci sono anche loro, assieme a tanti altri Santi che continuano a essere membra e Pastori della nostra stessa Chiesa e, per questo, intercedono per noi.
Se continuiamo, come questa sera, ad affidarci alla loro intercessione troveremo quel coraggio – che ricordavo nella lettera pastorale dello scorso anno – di andare al lago e gettare le reti, obbedienti al comando di Gesù.
Ermacora e Fortunato ci sostengono sia con la loro intercessione che con il loro esempio sempre attuale. Quando essi hanno iniziato l’evangelizzazione di Aquileia avevano molte meno garanzie umane per avere speranza. Anzi la loro opera è finita nel martirio che, umanamente, appariva come l’estremo fallimento. Invece è avvenuto il miracolo che abbiamo ricordato nella strofa dell’inno: «Mentre l’opera dell’uomo presto ondeggia e poi scompare, la fatica del vangelo resta salda e immortale».
Anche noi, con le nostre debolezze, stiamo portando avanti «la fatica del vangelo». Continueremo a portarla avanti nel prossimo anno pastorale mettendo assieme le risorse di fede, di amore, di talenti che ci sono dentro ognuna delle nostre Collaborazioni pastorali.
Desidero riservare questo punto una parola particolare agli operatori pastorali. So di rivolgerla a tanti di voi perché penso che molti di voi qui presenti offriate qualche servizio nelle parrocchie e nelle Collaborazioni pastorali.
Durante l’anno pastorale che stiamo concludendo, gli operatori pastorali hanno avuto occasione di conoscersi di più grazie ai vari incontri fatti in forania e nelle Collaborazioni pastorali. Abbiamo scoperto quanto sia bello e importante condividere le nostre esperienze, scoperte e fatiche nel metterci a servizio della Chiesa.
Forti di questa comunione fatta di rapporti di amicizia più intensi e sinceri, continuiamo a unire menti, cuori e braccia per l’opera del Vangelo iniziata da Ermacora e Fortunato.
Nella lettera pastorale che scriverò per settembre commenterò la pagina del vangelo di Luca che narra di Gesù che sceglie e invia settantadue discepoli. In quei settantadue riconosco tutti i nostri operatori pastorali. Gesù ha avuto bisogno di un gruppo di discepoli per diffondere tra gli uomini il Regno di Dio. Anche la nostra Chiesa ha bisogno non solo del vescovo e dei sacerdoti, ma anche tutti gli operatori pastorali.
Continuiamo, allora, e continuiamo assieme a portare il Vangelo di Gesù in ogni Collaborazione pastorale. Concretamente significa testimoniare la fede, accompagnare nell’iniziazione cristiana e nella formazione i bambini, i ragazzi e i giovani con le loro famiglie, curare al meglio le celebrazioni liturgiche ognuno dando il suo contributo, tenere vivi legami di solidarietà e carità specialmente con i più poveri e sofferenti. Questa è «la fatica del vangelo» che i Santi Ermacora e Fortunato hanno sostenuto con fedeltà e che «rimane e rimarrà salda e immortale».
Dopo essermi consultato, ho deciso di iniziare a ottobre una semplice visita pastorale in ogni Collaborazione pastorale, incontrando, in particolare, i settantadue discepoli; cioè, tutti gli operatori pastorali, qualunque sia il servizio che offrono, per sostenerci, ascoltarci, incoraggiarci e pregare assieme. Spero che Gesù, per intercessione di Maria e dei Santi Patroni, continui a darmi forza e salute perché le Collaborazioni sono 54 e quindi ci vorrà tempo. Ma vengo volentieri come Vescovo e Pastore che condivide la sua missione con i collaboratori più stretti che sono i sacerdoti, i diaconi, i fratelli e sorelle religiosi e i tanti laici operatori pastorali.
Concludo invocando lo Spirito Santo, per intercessione della Vergine Maria e dei nostri Patroni ai quali chiediamo sempre con le parole dell’inno: «Rischiarate il nostro buio, ravvivate la speranza, siate pastori e guide per il popolo credente».