Omelia della quinta Domenica di Pasqua (10 maggio 2020)

10-05-2020

Cari Fratelli e Sorelle,

propongo un breve commento al brano del Vangelo che abbiamo ascoltato. Le parole di Gesù ci provocano a fare una riflessione molto sincera e, anche, impegnativa sulla nostra vita. 

Siamo nel contesto dell’Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli durante la quale egli rivolge loro il suo discorso di addio, riportato da S. Giovanni nel suo Vangelo. Gesù vede che le facce dei discepoli sono  tristi e preoccupate; essi sono rimasti profondamente turbati da quanto aveva appena detto. Egli aveva, infatti, rivelato che uno di loro stava per tradirlo e che quindi stava andando incontro ad una brutta fine; e così sarebbe successo poche ore dopo con la straziante e ignominiosa morte in croce.

In quel clima cupo Gesù apre una finestra di luce e di speranza. A quei suoi amici, pieni di tristezza, annuncia che il posto verso cui stava andando non era il fallimento finale; non un sepolcro dove sarebbe stato deposto il suo corpo disprezzato e martoriato dalla cattiveria umana. La meta verso la quale era incamminato era ben diversa. Sarebbe passato attraverso la morte in croce ma per risorgere a raggiungere la sua dimora che era presso Dio, suo Padre, che lo aspettava nell’abbraccio del suo Amore eterno. E, rivolgendosi agli apostoli smarriti, promette che non li avrebbe dimenticati e abbandonati: “Quando sarò arrivato in quella dimora preparerò un posto anche per ognuno di voi e tornerò a prendervi perché dove sono io voglio che siate anche voi”. 

Questa è la finestra di luce e di speranza che Gesù spalanca per diradare la nube di tristezza che avvolgeva i suoi discepoli. Quella speranza rivoluzionò totalmente il senso e l’orientamento della vita di quegli uomini.. Consumarono i loro giorni per far conoscere a tutti Gesù e la speranza che aveva portato per ogni uomo. Non li fermò nessuna paura, neppure quella del martirio. Rimase nelle loro orecchie l’esortazione sentita in quell’Ultima Cena: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Ed essi ebbero fiducia che, giunti alla soglia estrema del martirio, avrebbero trovato Gesù risorto che li aspettava per prenderli con sé e portarli in quel posto sul quale egli aveva scritto il loro nome.

Cari fratelli e sorelle, il Vangelo che abbiamo ascoltato ci invita a chiederci: “Noi abbiamo la speranza che sostenne gli apostoli e i primi cristiani? Quali sono le speranze che ogni mattina ci fanno alzare dal letto ed affrontare un nuovo giorno”.  Credo che ci siano momenti in cui affiorano alla nostra mente queste domande. Anche lo scombussolamento creato dal COVID-19 ha provocato molti a farsi domande serie sulla propria esistenza. 

Conosciamo tutti una poesia di Quasimodo che è quasi un’istantanea su cosa sia la nostra vita: “Ognuno sta solo/sul cuore della terra/trafitto da un raggio di sole/ed è subito sera”. 

E’ piccola cosa la vita di uomo, anche quella dei più potenti. Dura il breve tempo di essere illuminata da un raggio di sole ed è già sera, A questa nostra piccola vita Gesù è venuto a portare una grande speranza. Ha trasformata la nostra esistenza in un pellegrinaggio che non va verso la notte ma verso la luce di Dio dove c’è un  posto che lui stesso ha preparato col nostro nome e che è accanto al suo e a quello di Maria, dei Santi e di tanti fratelli che ci hanno preceduto.

Il pellegrinaggio è sempre una bella esperienza perché ha come meta un Santuario grande che desideriamo raggiungere. Lungo il percorso si possono incontrare anche disagi e fatiche ma si affrontano senza perdersi d’animo, sostenuti dalla speranza di raggiungere la meta.

Gesù, con la sua Pasqua, ha trasformato la vita di chi crede in lui in un grande pellegrinaggio verso la dimora che lui ha raggiunto per primo con la sua risurrezione; ed è stato seguito da sua Madre, Assunta in cielo, e da tanti parenti e amici che portiamo nel cuore. Lì c’è anche il posto col nostro nome.

Val la pena consumare i giorni di questo pellegrinaggio seguendo la via tracciata da Gesù; spendendo i nostri giorni in gesti e opere d’amore. Sarà la più bella eredità che possiamo lasciare, sostenuti dalla speranza che quando arriverà la nostra sera incontreremo Gesù che ci attende per prenderci con sé. Fedele alla promessa: “Dove sono io voglio che siate anche voi”.