CATECHESI NELLA TERZA STAZIONE DEI “QUARESIMALI D’ARTE”: LA SOFFERENZA, SFIDA PER LA SPERANZA

23-03-2014


Dopo aver preso in considerazione l’esperienza del perdono e della preghiera, meditiamo una terza situazione di vita nella quale il cristiano può scoprire e vivere la virtù della speranza: mi riferisco ai tempi della sofferenza.


La sofferenza non è riservata solo al cristiano; essa è eredità di ogni uomo come dice il salmo 89: ‘Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo’ (89,10). L’espressione è quanto mai realistica perchè la vita, che un bambino riceve in eredità dai suoi genitori, ha dentro di sè anche i germi del dolore che, almeno parzialmente, gli rovineranno la bellezza e la gioia di vivere fine al triste epilogo della morte. Egli dovrà inevitabilmente passare per qualche forma di sofferenza o nel corpo a causa della malattia e della vecchiaia o nel cuore ferito da delusioni e distacchi affettivi o nell’anima provata dal fallimento di progetti e speranze. E non sempre il più lancinante è il dolore fisico.


Ho intitolato questa catechesi: ‘La sofferenza, sfida per la speranza”. L’uomo, infatti, percepisce il dolore come una vera e propria sfida alla speranza perché esso gli rovina la gioia di vivere, che è il tesoro più prezioso che abbiamo. Per vincere questa sfida e ritrovare speranza l’uomo tenta spontaneamente di evitare o di eliminare la sofferenza. È l’unica strada che conosce. Questo, purtroppo, non è sempre possibile perché il male è più forte di noi e quando lo subiamo nascono nella nostra mente le domande più impegnative: perché devo essere sfortunato e subire il dolore invece che star bene e gioire? Perché c’è il male che avvelena la vita personale e sociale? Che senso e speranza può avere un’esistenza segnata dalla sofferenza e dalla morte?


Hanno affrontato questi grandi interrogativi tutte le religioni e le filosofie, cercando un senso e una luce che illumini la notte del dolore e della morte. Proprio dentro questa notte ha accettato di entrare anche Gesù per illuminarla di una speranza che poteva venire solo da Dio. Donando se stesso fino alla croce e vincendo la morte il mattino di Pasqua, Gesù ha portato la speranza dentro e oltre la morte. Su questa speranza ho scritto nella seconda parte della mia lettera pastorale: ‘Cristo, nostra speranza’.


Aggiungo qualche ulteriore riflessione sulla virtù della speranza che chi crede in Gesù si ritrova nel cuore, per opera dello Spirito Santo. È una virtù forte perché non abbandona il cristiano neppure nel momento della prova e della morte e gli conserva la serenità del cuore anche dentro il travaglio della sofferenza e delle paure che essa evoca nella mente  dell’uomo.


Abbiamo ascoltato una testimonianza di questa speranza cristiana dal brano della seconda lettera ai Corinzi appena letto. Paolo rivela di essere passato attraverso durissime sofferenze fino a dover subire una condanna a morte: ‘Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione, che ci è capitata in Asia, ci abbia colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, tanto che disperavamo perfino della nostra vita.  Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte’.


Come ha vissuto l’apostolo dentro queste tribolazioni fisiche e psicologiche? La reazione dell’apostolo è sorprendente perché in mezzo alle prove benedice Dio: ‘Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione!  Egli ci consola in ogni nostra tribolazione’.


Questa è veramente la vittoria della speranza sulla sofferenza perché Paolo non cerca di fuggire dalle prove e dalle tribolazioni, come è istintivo per ogni uomo; ma addirittura, mentre è dentro ad esse, prega lodando e benedicendo Dio Padre. Egli imita Gesù che è entrato nella sua passione e morte pregando il Padre dall’agonia del Getzemani fino alla morte.


Perché l’apostolo loda e ringrazia Dio mentre è nella prova? Non certo per aver subito tante sofferenze, ma perché nei momenti di prova ha sentito crescere nell’animo la ‘consolazione’ di Dio, Padre di ogni consolazione: ‘Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione’.


Il primo a ricevere la consolazione da Dio Padre mentre entrava nei tormenti della passione è stato Gesù. L’evangelista Luca narra che, mentre Gesù era nei tormenti dell’agonia, fino a sudare sangue: ‘Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo’ (22,43). L’angelo lo sostiene perché non perda la speranza e non abbandoni la sua missione per paura delle tribolazioni e della morte.


La consolazione che ha vissuto nella sua passione Gesù l’ha donata al cuore del suo apostolo grazie al dono dello Spirito Santo che è il “Paraclito”; cioè, il “Consolatore”. Per questo Paolo vive dentro le tribolazioni sentendosi sostenuto da una profonda serenità e consolazione. Grazie a questa forza egli riesce a tenersi fedele alla missione di predicare il vangelo anche se il prezzo da pagare è la persecuzione fisica e morale fino al rischio della vita fisica.


Nella sofferenza l’uomo spesso si sente solo a lottare ed è solo specialmente quando perde l’ultima lotta e la morte lo strappa anche dagli affetti più cari. Paolo, invece, nel momento della prova e della sofferenza non si sente solo perché Gesù, nel quale ha creduto, non lo abbandona mai. Può affermare: “Abbondano in noi le sofferenze di Cristo”. Soffre con lui; affronta le tribolazioni come lui le ha vissute.  Questa profonda comunione con il suo Signore lo riempie di consolazione e di speranza; la certa speranza che Gesù lo porterà a vivere la stessa consolazione nella quale egli è entrato attraverso i tormenti della croce.


Quando è vittima della sofferenza l’uomo tende a chiudersi in se stesso perché gli vengono meno le forze per aprirsi agli altri. Paolo, invece, può assicurare ai suoi cristiani: “Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio”. Pur in mezzo a tante prove non si chiude in se stesso; anzi, consolato da Gesù, trova la forza d’animo di consolare coloro che sono nel dolore. Come in Gesù, anche in Paolo trionfa l’amore, più forte del dolore e della croce e trionfa la speranza.


Concludo la mia riflessione sulla speranza vissuta dentro la sofferenza, ricordando una donna friulana del secolo scorso che ha vissuto, come San Paolo, la consolazione di Cristo dentro una terribile croce. È la venerabile Concetta Bertoli di Mereto di Tomba. Possiamo leggere un suo breve profilo nel libro:“Testimoni della speranza in Friuli”, pubblicato quest’anno. Incontreremo la straordinaria avventura cristiana di un’adolescente che, colpita da un’inguaribile malattia progressiva, dapprima rifiuta la prova e, poi, la vive come partecipazione alle sofferenze di Cristo. In lui trova la consolazione del cuore e l’amore per consolare chi era dentro la prova. Nella preghiera continua, offre la sua crocifissione in un letto di dolore per la conversione dei peccatori, per i sacerdoti, per la Chiesa.