Lettera ai fedeli (22 aprile 2020)

Cari Fratelli e Sorelle,                                                                                                                                                             nel primi secoli della Chiesa il tempo pasquale era particolarmente importante per i nuovi cristiani che avevano ricevuto il Battesimo durante la veglia pasquale. Essi dedicavano i 50 giorni che conducevano alla solennità della Pentecoste alla “mistagogia”, ossia in un itinerario di approfondimento del nuovo modo di vivere inaugurato appunto col Battesimo. Si trattava di  un  pensare e di un comportarsi completamente inediti rispetto ai costumi pagani in mezzo ai quali erano fino a quel momento cresciuti. Aiutati dai sacerdoti e dai padrini, apprendevano via via questa novità di vita con un passo sostenuto.

Noi, a differenza di quei cristiani, siamo stati battezzati subito dopo la nascita, venendo via via iniziati alla vita cristiana in famiglia, in parrocchia, al catechismo. Andando avanti, però, con gli anni possiamo aver subito “l’effetto polvere”. Si sa che la polvere si posa progressivamente e inavvertitamente sui mobili facendo perdere loro lucentezza e colore. Anche in noi, infatti, può essersi depositata una certa qual povere, chiamiamola spirituale, determinata dall’abitudinarietà e dalla progressiva indifferenza, fino ad assuefarci ad una esistenza cristiana piuttosto grigia e decisamente mediocre. 

Ebbene, il tempo pasquale di quest’anno – che perciò oseremo lo stesso definire “di grazia” − potrebbe essere l’occasione provvidenziale per soffiare via la polvere accumulatasi sulla nostra coscienza e riscoprire, con progressiva gioia, la bellezza della vita cristiana. Usando il linguaggio antico, potremmo a nostra volta percorrere un itinerario di “mistagogia” che risvegli in noi il desiderio di meditare sugli aspetti essenziali di un’esistenza autenticamente cristiana.

Uno stimolo forte può paradossalmente venirci anche dal coronavirus. Leggendo qua e là, infatti, mi sto accorgendo che questo virus si rivela come un’improvvisa folata di bora che mette a nudo l’interiorità di tante persone. Vengono così a galla le domande di fondo circa il senso della vita, interrogandoci su quali siano le cose essenziali per cui merita vivere e sperare. Questo soffio di vento può essere veramente una grazia che ci ridesta dalla mediocrità e dall’indifferenza, e ravviva in noi il desidero di una conversione verso quella vita nuova che ritroviamo nel Vangelo ed è propria del battezzato.

Per chi desidera fare questa verifica personale, offrirò nelle prossime settimane delle riflessioni su alcune delle caratteristiche fondamentali di un’autentica vita cristiana.

Brevemente ne ricordo subito una: il battezzato è un uomo che non si sente più solo nella vita perché è accompagnato da Gesù risorto e da Maria.

Già nella lettera della settimana scorsa mi ero soffermato su tale consolante esperienza del cristiano, commentando l’apparizione di Gesù risorto ai due discepoli di Emmaus. Costoro erano profondamente tristi perché la morte di Gesù aveva lasciato in loro un vuoto e una solitudine incolmabili. Questa triste vuotezza tormenta tante persone della nostra epoca che hanno smarrito la fede. Nulla può riempirla perché, come afferma Sant’Agostino: “Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Quando i due citati discepoli scoprono che Gesù risorto cammina con loro e non li abbandonerà più, ecco che la loro tristezza si trasforma in gioia piena. Non si colgono più soli, a vagare errabondi nella vita perché si scoprono accompagnati dal Figlio di Dio che condividerà per sempre il loro cammino.

Ma con Gesù, se stiamo alla scuola del Vangelo, c’è sempre un’altra consolante presenza: quella di Maria, la Madre che Egli ci ha donato dalla croce. Non c’è Gesù, infatti, senza Maria e Maria ci conduce sempre a suo Figlio; proprio come emblematicamente successe alle nozze di Cana. E come è sempre accaduto lungo le vicende storiche che ne sono seguite.

So che Maria ha molti figli devoti in Friuli che frequentano santuari − vicini o lontani − a lei storicamente dedicati, proprio perché i nostri antenati hanno sperimentato la sua vicinanza e la sua consolazione.

Ora siamo noi ad invocarla, e continueremo a farlo con la certezza di essere sostenuti e di godere della sua preziosissima e misericordiosa intercessione presso Gesù risorto. 

Invito per questo ogni famiglia a trovare posto nella propria abitazione per un’immagine o una statuetta della Madonna: sia Ella avvertita come una presenza viva davanti alla quale la famiglia si ferma per qualche momento di preghiera. 

Portiamo con noi la corona del Santo Rosario. Riempiamo con questa preghiera, così ricca ed insieme così semplice, gli spazi vuoti delle nostre giornate come, ad esempio, le veglie notturne, i viaggi, le attese, i lavori ripetitivi. 

Non stanchiamoci di invocare Maria in questo mese di maggio, coinvolgendo anche i nostri bambini. Ce n’è tanto bisogno.

Concludo lasciandovi un’antichissima e straordinaria invocazione a Maria:

” Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,

Santa Madre di Dio:

non disprezzare le suppliche

di noi che siamo nella prova,

ma liberaci da ogni pericolo,

o Vergine gloriosa e benedetta”.

                                                                                           + Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo

22-04-2020