Cari educatori e seminaristi,
l’episodio della visita di Gesù alla famiglia di Marta e Maria (e Lazzaro), per l’evangelista Luca e per i commentatori, anche antichi, è di esempio per coloro che vogliono essere veri discepoli del Signore.
È stato più volte sottolineato che Marta e Maria non vanno contrapposte, ma incarnano due modi complementari di accogliere Gesù e di metterlo al centro della propria vita. Marta si mette generosamente a servizio di Gesù e di coloro che erano con lui: è la dimensione “attiva”. Maria, invece è rapita da Gesù e dalla sua Parola: è la dimensione “contemplativa”. L’una non può esserci senza l’altra come hanno spesso messo in luce gli autori spirituali. Pensiamo solo al programma di vita che San Benedetto proponeva ai suoi monaci: “Ora et labora”. “Prega” (e la preghiera era specialmente la lectio divina , l’ascolto della Parola del Signore, come Maria) e “servi” la comunità (come Marta).
Gesù fa notare a Marta che Maria si è scelta la parte migliore non perché disprezza il servizio di Marta ma perché l’autentico servizio evangelico ha bisogno di un’anima che viene dallo “stare con Gesù”, conquistati dalla sua Parola.
Ho ripreso la Visita pastorale e ho l’opportunità di ascoltare la testimonianza di tanti operatori pastorali che, come Marta, si mettono generosamente a servizio delle nostre comunità. Dal loro racconto emerge che questo servizio, a volte umile e protratto per decenni, è animato proprio dallo stare con Gesù, dal rapporto personale con lui, dalla passione per la sua Parola. Da questo “stare con Gesù” è nata anche la disponibilità a rispondere alla chiamata al servizio giunta a loro in tanti modi e la disponibilità a continuare in questo servizio, a volte poco gratificante. Perché è questo rapporto con Gesù che fa maturare in loro le virtù che sostengono un servizio fedele nei vari ambiti della pastorale e che ho ricordato nella preghiera che ho scritto per loro:
“Il tuo Santo Spirito mi renda capace
di gratuità senza attendere ricompense,
di costanza di fronte all’indifferenza,
di comunione senza cedere alle divisioni,
di servire un fratello per il quale hai donato la vita
e un figlio prediletto del Padre.
Il “segreto” di “stare con Gesù”, che fa nascere operatori pastorali tra i nostri laici, è lo stesso che suscita anche nuovi pastori a servizio delle nostre Chiese diocesane e delle sue comunità. Solo ragazzi e giovani che sanno stare “ai piedi del Signore”, conquistati come Maria da Lui e dalla sua Parola, possono riconoscere la chiamata a mettersi a servizio pieno degli altri discepoli di Gesù come sacerdoti, rispondere con grande generosità e restare fedeli a questa risposta. Questa esperienza è tutta personale perché un rapporto di amore con Gesù che non può che essere personale. In seminario si fa il cammino in comunità condividendo l’esperienza e maturando amicizie. Questo è molto bello. Si cammina in comunità però non si risponde a Gesù in gruppo. Ognuno deve entrare personalmente nell’esperienza di stare con Gesù rispondendo alla sua chiamata personale.
Lungo il cammino può essere che qualcuno si stacca dalla comunità per diversi motivi suoi personali. Questa scelta può creare sofferenza e far nascere interrogativi in coloro che proseguono il camino verso il sacerdozio. La sofferenza e gli interrogativi possono essere stimolo a maturazione il rapporto personale di amore con Gesù per il quale ognuno ha fatto la scelta anche coraggiosa di mettere la propria vita a servizio di lui e dei suoi e nostri fratelli. Del ministero dei sacerdoti c’è tanto bisogno come appare, ad esempio, dall’intensità con cui sono vissute le ordinazioni presbiterali da tanti cristiani. Ma oggi più che mai chi è chiamato a questo ministero deve essere insieme Marta e Maria. Essere conquistato da Gesù al punto da offrirgli la vita per essere “pescatore di uomini”.