Cari fratelli e sorelle,
il Signore ha preso con sé il nostro don Leo Leonarduzzi la mattina del sabato santo; il giorno in cui noi cristiani ricordiamo Gesù deposto nel sepolcro e in preghiera attendiamo di celebrare la sua vittoria sul male e sulla morte con la risurrezione.
Per come abbiamo conosciuto don Leo siamo fiduciosi che il Signore risorto se lo sia portato con sé nella Pasqua eterna dopo 54 anni dedicati ad un generoso ministero sacerdotale, molti dei quali segnati anche da una pesante infermità che, però, non ha frenato, ma ha, anzi, stimolato la sua dedizione ai fratelli.
Nel brano del vangelo abbiamo ascoltato da San Giovanni, testimone oculare, le ultime parole di Gesù in croce. Dopo aver consegnato la Madre a Giovanni stesso e il discepolo alla Madre e aver esclamato: «Ho sete», egli aggiunge con l’ultimo respiro: «È compiuto». E consegna il suo spirito al Padre. Credo che sulla sua croce, che lo ha accompagnato per tanti anni, don Leo sia morto come Gesù; sussurrando: “È compiuto. Ho consumato la mia esistenza e compiuto la mia missione secondo la tua volontà”. E con totale fiducia si sia consegnato al Padre.
Con questo spirito di fede e di affidamento alla volontà di Dio, don Leo è vissuto fino alla fine, come possono testimoniarlo quanti gli sono stati vicino. Ce lo conferma lui stesso nell’edificante testamento che ci ha lasciato e che desidero brevemente riprendere, lasciando, per così dire, che ci parli per l’ultima volta. Nelle sue ultime volontà ci lascia un esempio e un insegnamento di vita che ci fa bene ascoltare e ricordare.
La parola che attraversa tutto il testamento di don Leo è: «Grazie!». Egli conclude la sua esistenza terrena contento di ciò che ha vissuto con il cuore pieno di profonda serenità e di riconoscenza. Il primo “grazie” è rivolto al suo Signore che ringrazia «anche per la malattia, perché mi ha insegnato tanto: nel modo di vivere, nella vicinanza a chi soffre, nel dare valore a certe realtà, nell’imparare a dire grazie».
Ringrazia, poi, i familiari, i confratelli sacerdoti, le suore e a tanti amici che, anche se non nomina perché «sarà importante che li nomini il Signore». Riserva un pensiero molto bello «ai carissimi abitanti di Caneva e Casanova, mi hanno consentito di risuscitare nel progredire della mia malattia e a loro sento di aver dato il cuore e tutta la restante creatività, il desiderio di di essere prete con loro e per loro». E poi ci sono nel suo cuore gli amici della Comunità Rinascita: «A loro dico il mio grazie: mi hanno permesso di imparare tante cose nella gestione del mio male; mi hanno aiutato tanto a fare anche il parroco».
Alle tante persone e comunità a cui don Leo riserva il suo grazie va anche il mio personale e di tutto il presbiterio.
Mentre ringrazia, don Leo, con umiltà, si affida anche alla misericordia di Dio per aver corrisposto poco ai tanti doni ricevuti da Dio e dai fratelli: «So di averne tanto bisogno, ma so anche che è infinita». Questa fiducia nella bontà divina lo fa guardare verso l’incontro ultimo con il Signore con animo sereno, quasi da bambino.
Un merito, però, con semplicità si riconosce; «Voler bene è sempre stato lo scopo della mia vita. Fino a sembrare “troppo buono” a volte. Ma non me ne pento per niente, perché era sempre tanto voluto, soprattutto pensando a quanto Dio mi ama». E questo è l’ultimo messaggio che lascia a tutti coloro che lo hanno conosciuto e stimato: «Ricordate che è importante nella vita mettercela tutta per voler bene, come ci vuole il Signore, fino alla misericordia, al perdono e imparare sempre più a dire grazie».
“Dire sempre grazie” con l’umiltà anche di “chiedere perdono” perché non si corrisponde mai abbastanza al tanto bene ricevuto e avere come programma di vita quello di “mettercela tutta per voler bene”. Questo è il testamento spirituale che don Leo ci lascia e che è stato il filo conduttore della sua esistenza, caratterizzata dal sacerdozio e dalla croce.
Per questo testamento gli siamo grati dal profondo del cuore mentre lo affidiamo con tanto affetto e riconoscenza alle braccia misericordiose di Dio Padre.