FUNERALE DI MONS. ANTONIO CASTAGNAVIZ Apoc 14,13; Lc 12,35-40
Cari Fratelli e Sorelle,
abbiamo ascoltato nel Vangelo come Gesù parla della morte ai suoi discepoli: «Siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che quando arriva e bussa, gli aprono subito». Il padrone torna all’improvviso, di giorno e di notte; quando decide lui. Al nostro caro don Antonio è successo proprio così. Il Signore ha bussato alla sua porta quando né lui né noi avevamo motivo per aspettarcelo perché, anzi, stava per uscire dall’ospedale apparentemente ristabilito in forze. Invece era giunto il momento per lui non di tornare al suo appartamento in via Grazzano, ma di superare la soglia misteriosa della morte e seguire il suo Signore per entrare nel banchetto delle nozze eterne che Gesù ha preparato con la sua morte, risurrezione e ascensione al cielo.
Noi non possiamo più vederlo e seguirlo fisicamente e questo ci crea sofferenza e tristezza perché credo che tutti eravamo affezionati a questo sacerdote dal carattere a volte un po’ brusco ma sempre vivace e accattivante. Abbiamo, però, una strada per essergli ancora vicino; ed è la strada della fede e della preghiera. Per questo ci siamo riuniti qui in cattedrale che, negli ultimi dieci anni, don Antonio, nel suo compito di canonico del Capitolo, ha frequentato con fedeltà per le celebrazioni, per la preghiera corale e come ministro del perdono di Dio nel sacramento della Riconciliazione.
Al sacrificio di Cristo che offriamo al Padre nella celebrazione eucaristica, uniamo in questo momento l’offerta degli 87 anni di esistenza di don Antonio, dei quali ben 62 consacrati totalmente a Cristo e alla sua Chiesa nel ministero sacerdotale. Preghiamo perché l’offerta della vita sacerdotale di don Antonio sia un sacrificio veramente gradito a Dio Padre.
Ci sostiene in questa preghiera il ricordo di come egli ha speso gli anni che gli erano stati assegnati. Ci sembra di poter dire a Dio che don Antonio non ha sprecato ma investito bene i talenti che aveva ricevuto, impegnandoli nel dono di sé come pastore nella Chiesa; compito nel quale ha messo tutta il suo cuore, la sua passione e le sue forze.
Nei primi anni di sacerdozio è stato cappellano a Sedilis e nella comunità di Monteaperta di cui, successivamente, è diventato giovanissimo parroco. Ha proseguito, poi, il suo ministero di parroco a Rive d’Arcano e, qualche anno dopo, anche a Rodeano. In queste parrocchie ha condiviso con la sua gente la tremenda prova del terremoto e l’impegno febbrile e faticoso della ricostruzione nel quale si è immerso con tutte le sue capacità e le sue forze. Tornava spesso a ricordare, quasi con nostalgia, quegli anni con le opere compiute nelle quali aveva lasciato il meglio di sé. Per raggiunti limiti di età, nel 2009 ha lasciato il compito di parroco e ha accolto volentieri dal Vescovo la nomina a canonico effettivo del Capitolo della Cattedrale, continuando anche a collaborare generosamente col parroco di San Giorgio Maggiore, dove risiedeva. Anche in questi servizi ministeriali si è fatto voler bene dalle persone per la sua cordialità e vivacità nei rapporti che faceva trasparire un cuore sensibile e capace di interessarsi dei fratelli. Era diventato una presenza familiare in città.
Abbiamo ascoltato dal libro dell’Apocalisse una grande promessa per la quale val la pena di vivere e di morire: «Scrivi: d’ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito – essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono».
Con affetto vogliamo immaginarci don Antonio che va verso Gesù accompagnato da tante opere buone che egli ha compiuto, giorno dopo giorno, nelle diverse comunità cristiane di cui è stato pastore e con tante persone di cui si è interessato con cuore buono di padre.
Vedendolo avvicinarsi con questo corteo, crediamo che il Signore lo stia accogliendo con un sorriso di amicizia e di misericordia che cancella anche le fragilità di don Antonio con le quali tutti ci presenteremo davanti a Dio. Entri nel riposo eterno dopo le fatiche del lungo pellegrinaggio per godere di quella pace che può gustare chi, dopo la morte, è accolto nel Mistero della SS. Trinità; la pace che Gesù ha promesso: «Vi lascio la pace; vi do la mia pace». Requiescat in pacem.