mi rivolgo a voi con questo titolo che vi accumuna. Pur, infatti, rivestendo diverse cariche (Senatori e Deputati, Presidente del Consiglio Regionale, Presidente della Provincia, Sindaci, Assessori e Consiglieri) condividete la responsabilità di amministrare il bene comune della nostra popolazione.
Vi ringrazio di aver accettato l’invito a partecipare a questo incontro in occasione del S. Natale.
Spendo una parola per spiegarne la genesi.
Nella mia prima visita pastorale alle comunità cristiane dell’Arcidiocesi, fatta lo scorso anno, ho incontrato tutti i sindaci e altri amministratori. Confesso che mi ha sorpreso la grande cordialità manifestata nei miei confronti, il desiderio di dialogare su temi importanti della vita della gente e la disponibilità alla collaborazione.
Identica cordialità e disponibilità ho riscontrato nei Presidenti, assessori e consiglieri regionali e provinciali e nei parlamentari che in varie occasioni ho conosciuto durante questi due anni di ministero in Friuli.
Questo interesse, così immediato, mi ha convinto ad organizzare un momento di incontro tra Arcivescovo e Amministratori del bene pubblico in occasione della festa del S. Natale, tanto sentita e cara ad ognuno di noi e a tutta la nostra tradizione.
Qualcuno, forse, si sarà chiesto con quale obiettivo l’Arcivescovo invita autorità comunali, provinciali, regionali e parlamentari.
Con semplicità dirò che ho piacere di rivederci, approfondire una conoscenza e simpatia reciproca e scambiarci auguri sinceri di un sereno Natale e di un nuovo anno di speranza.
Guardando, poi, al momento difficile che stiamo vivendo, ho pensato di impegnarmi personalmente a tener vivo tra noi un dialogo e un confronto che ci aiuti ad intuire gli obiettivi giusti da perseguire e che crei sinergie tra quanti hanno una responsabilità pubblica verso il bene delle famiglie e delle persone del nostro Friuli.
Questo dialogo è già iniziato, l’odierno incontro è un’ulteriore tappa e, come dirò dopo, l’Arcidiocesi ha idee e iniziative per proseguire una collaborazione nel prossimo futuro.
Già S. E. Mons. Battisti, all’indomani del terremoto, aveva sentito l’urgenza di convocare gli Amministratori per riunire le forze in un momento così drammatico per la popolazione.
Il nostro incontrarci si collega idealmente a quell’indovinata iniziativa ed è motivato ancora da un momento economicamente e socialmente difficile.
Non siamo certamente di fronte alla tragedia del terremoto ma un analista economico mi diceva giorni fa: ‘Dobbiamo avere il coraggio di dire che è in atto una guerra economica. E la guerra ha le sue vittime’. Forse l’espressione è esagerata. Sono ugualmente convinto che questo sia un tempo che chiede seriamente di unire le forze e le intelligenze superando anche distanze e differenze che in tempi più tranquilli potevamo permetterci.
La Chiesa in Friuli è pronta a mettersi in gioco per farsi promotrice di dialogo, analisi seria della situazione, ricerca dei percorsi più indovinati per il futuro nostro e dei nostri figli.
Mi espongo offrendo alcune riflessioni, condivise con i miei collaboratori, che possono aiutare a capire il tempo presente e a vedere in avanti sentieri percorribili.
Le offro senza pretese, come spunti per un confronto che non sarà possibile materialmente oggi, ma che potrà avere tante occasioni di approfondirsi a vari livelli.
1. Un tempo di prova e di conversione
Come tutti noi, sto cercando di tenermi informato al meglio sulla drammatica situazione che stiamo vivendo a livello nazionale, europeo e mondiale. Ascolto sacerdoti, centri di ascolto della Caritas e altre persone informate per cogliere gli effetti pesanti che essa sta avendo sulle famiglie e le persone del nostro territorio.
Di fronte a tante notizie preoccupanti e a tanta incertezza per il futuro prossimo mi viene spontanea la domanda: come mai è successa questa specie di cataclisma?
Cercando un risposta profonda mi sono tornate alla mente tante pagine dei profeti dell’Antico Testamento. Essi hanno parlato al popolo quasi sempre in tempi di grosse difficoltà, aiutando i connazionali a capire. Aiutavano a capire che certi momenti di prova pesante, che coinvolgevano tutta la società, non erano dovuti al caso ma a gravi errori e peccati del popolo stesso. Ed indicavano la strada della salvezza: prendere coscienza degli errori fatti e convertirsi cambiando stile di vita.
Mi sembra di aver capito quanto attuale sia il messaggio dei profeti; cioè, della Parola di Dio.
Anche la crisi che stiamo vivendo è un pesante tempo di prova che non nasce dalla casualità ma da scelte e comportamenti erronei che hanno impregnato la mentalità e i costumi di vita.
Forse è tempo di prenderne lucidamente coscienza e avviarci verso una ‘conversione’ che letteralmente significa inversione radicale di rotta.
Accenno appena a tre forme di conversione, cosciente che dovrebbero essere ben più approfondite.
a. Dall’individualismo alla solidarietà.
Credo non sia necessario spendere parole per riconoscere quanto l’individualismo sia stato un tarlo che ha corroso i rapporti a tutti i livelli: tra persone, nelle famiglie, tra soggetti sociali, tra stati.
Senza soffermarmi sulle cause che ci hanno trascinato all’individualismo, sottolineo che questo momento di prova è tempo opportuno per una conversione decisa verso la solidarietà.
Questo non è un passo scontato perché le nuove ristrettezze economiche possono scatenare ulteriore individualismo, magari guerre tra poveri e sopraffazioni da parte di chi può di più su chi è più debole e meno informato. Però ci salverà solo la solidarietà che è la volontà di andare avanti tutti per mano, senza perdere nessuno per strada; magari con qualche comodità in meno ma tutti assieme.
Per la nostra responsabilità pubblica noi siamo chiamati a dare l’esempio e ad adoperarci per promuovere tutte le forme possibili di solidarietà.
b. Dall’intossicazione del consumismo a nuovi stili di vita.
Da più parti si ripete che una delle cause che hanno provocato la crisi è l’aver voluto vivere al di sopra delle reali possibilità economiche. Ma cosa ha scatenato questa specie di smania collettiva? E’ stata la voglia di possedere e di consumare sempre di più, indotta anche dai mezzi di persuasione di massa. Quando questa voglia diventa la meta reale a cui concretamente si mira, significa che una persona umana ha sballato la gerarchia dei valori della sua esistenza.
Una prospettiva per uscire veramente da questo momento di difficoltà è aiutarci a ritrovare nuovi stili di vita, impostati su gli autentici valori che salvaguardano la dignità di una persona umana. I mezzi tornino ad essere mezzi e i fini siano riscoperti, visto che erano piuttosto appannati. Riportare i beni materiali a mezzi non significa essere meno felici ma più felici perché rinasce in noi il gusto per i rapporti, per la dimensione spirituale e culturale della nostra anima, la riscoperta degli affetti illuminati dall’amore vero e non abbruttiti dal possesso dell’altro.
c. Dall’oblio alla richiesta di perdono ai nostri figli.
Mi rendo conto che faccio un’affermazione molto pesante ma, recentemente, anche Benigni ricordava che noi abbiamo un debito sempre aperto verso le future generazioni.
Purtroppo non possiamo nasconderci che questo debito sta diventando terribilmente pesante perché consegniamo loro meno sicurezza economica, meno possibilità di realizzarsi nel lavoro e formare una famiglia, una natura non molto rispettata. So quanto questo stia angosciando a volte tanti genitori.
Mi diceva ieri l’altro un amico: dobbiamo almeno chiedere perdono ai ragazzi e ai giovani. E’ un atto penitenziale molto difficile ma onesto che potrebbe purificare i nostri cuori e le nostre menti mentre cerchiamo strade per un futuro dei figli.
2. Sentieri aperti
Purificati da un umile desiderio di conversione, forse riusciamo a guardare più chiaramente la realtà del nostro Friuli e chiederci quali possano essere le vie più indovinate e virtuose da percorrere. A questo punto è molto importante non imboccare ancora strade sbagliate ma vedere quali siano le autentiche prospettive di speranza.
L’Arcidiocesi, in questo tempo, sta proponendo alcune di queste vie chiamando tutti ad un confronto comune.
Abbiamo iniziato con il Convegno ecclesiale del 21 ottobre scorso dal titolo: ‘Cristiani in assemblea per il futuro del Friuli’. Ci hanno confortato sia la numerosa partecipazione di autorità e cittadini, sia l’interesse che il Convegno ha suscitato.
Abbiamo, però, dichiarato fin dall’inizio che non era nostro interesse promuovere un evento fine a se stesso ma aprire un cammino comune di ricerca per trovare le vie di un buon futuro per il Friuli.
A questo scopo abbiamo indicato cinque grandi sfide che consideriamo decisive:
a. Il cambiamento demografico
b. Conciliare famiglia e lavoro
c. Sanità, assistenza e welfare
d. La questione montagna
e. Ripensare le autonomie locali
Forse non sono le uniche sfide che siamo chiamati ad affrontare, ma credo che siamo d’accordo nel riconoscere che queste cinque sono di fondamentale importanza e meritano concreta attenzione.
Subito dopo il Convegno si sono avviati dei gruppi di riflessione su ognuno dei temi; gruppi che si sono costituiti spontaneamente e che abbiamo chiamato ‘comunità di ricerca’. Lo scopo di queste comunità di ricerca è duplice: diffondere un’attenzione su queste fondamentali questioni e indicare qualche prospettiva positiva per il futuro.
Ad una recente verifica che ho fatto con il delegato per la cultura e i coordinatori di ogni comunità di ricerca, ho riscontrato che si sta portando avanti una riflessione seria e molto interessata da parte di molte persone.
Sarebbe nostro desiderio che con l’anno nuovo si aprissero momenti di confronto anche con i rappresentanti di istituzioni, associazioni e altri enti la cui attività è direttamente interessata ad uno dei cinque temi.
Abbiamo in programma una seconda Assemblea ecclesiale, nel prossimo autunno, nella quale far confluire i risultati di questo primo anno di riflessione e confronto.
Nell’Assemblea ecclesiale dell’ottobre scorso abbiamo lanciato una parola di speranza: la Chiesa friulana scommette sul cambiamento. E’ fin troppo facile giudicare questo sforzo un po’ velleitario su problematiche sclerotizzate e ben difficili da modificare. Non siamo così ingenui da non esserne coscienti. Ma la Chiesa è sorretta da una riserva inesauribile che è la speranza, magari anche ‘contro ogni speranza’. La speranza chiesta ad Abramo quando Dio gli promise un figlio da Sara ormai vecchia; episodio splendidamente interpretato dal Tiepolo nel Palazzo Patriarcale.
Ci sostiene la speranza e la volontà di misurarci in prima persona pronti a pagare di nostro, come rispondeva Madre Teresa di Calcutta ad un giornalista che le domandò quale fosse, a suo giudizio, la prima cosa da cambiare nella Chiesa: ‘Lei e io!’.
Cominciamo noi e altri ci seguiranno, perché l’esempio trascina.
3. Il debito dell’educazione
Ricordavo sopra come noi abbiamo pesanti debiti verso il futuro dei nostri figli. Tra quelli citati non ho ricordato quello più importante: il debito dell’educazione.
I ragazzi e i giovani non avranno buon futuro senza una valida educazione perché solo l’educazione li rende capaci di affrontare in modo buono la vita a cui li abbiamo chiamati.
Benedetto XVI ha più volte lanciato l’allarme per una ‘emergenza educativa’ che la nostra società ha creato. Non mi soffermo, per brevità, sulla verità delle parole del Santo Padre.
Ricordo solo che la nostra Chiesa diocesana ha preso sul serio il monito del Papa scegliendo ‘ assieme a tutte le Diocesi italiane ‘ il tema dell’educazione come tema pastorale per i prossimi anni.
Abbiamo preparato un sussidio sul quale in questi mesi tanti educatori si stanno confrontando per offrire le loro osservazioni, esperienze e proposte. Esse confluiranno in un Convegno diocesano, che terremo il prossimo 18 maggio, e dal quale contiamo di intuire piste di lavoro per il prossimo futuro.
Seppur brevemente, parlo anche a voi Amministratori di questo tema pastorale perché sarebbe nostra intenzione aprire un dialogo sull’educazione anche con la società civile in tutte le sue espressioni (amministrazioni, scuole, associazioni ..).
Troveremo le occasioni opportune e anche da parte vostra possono giungerci richieste.
Conclusione
Scusandomi per le tante cose dette in modo troppo stringato, ribadisco che queste mie riflessioni vogliono essere un contributo ad un dialogo e ad un confronto approfondito che aiuti a creare consonanze e sinergie tra di noi che – pur in ambiti diversi - condividiamo una responsabilità sul bene comune delle persone e famiglie del Friuli.
Come Vescovo, però, non mi limito ad offrire spunti di riflessione. Aggiungo la cosa più importante: la preghiera per ognuno di voi perché lo Spirito di Dio illumini la nostra mente perché, con una luce superiore, possiamo capire le scelte da fare.
La Benedizione del Santo Natale scenda inoltre su voi e sui vostri cari con i rinnovati auguri.
Udine, 15 dicembre 2011
‘ Andrea Bruno Mazzocato
Arcivescovo di Udine