Care sorelle e fratelli,
nella seconda lettura della Parola di Dio di questa S. Messa in onore dei santi Patroni Ermacora e Fortunato, l’apostolo Paolo ha parlato della sua esperienza.
Egli confessa di sentirsi fragile come un vaso di creta mentre affronta la sua missione di predicatore del Vangelo. Agli occhi della società del tempo non è un uomo di successo, ma un perseguitato; non ha sicurezze e protezioni ma piuttosto è tribolato e schiacciato dai potenti. Eppure mai si sente uno sconfitto e un disperato. Anzi, nella sua debolezza umana è sostenuto da una grande forza: la sua fede incrollabile in Gesù Cristo risorto che aveva personalmente incontrato al momento della sua conversione lungo la via di Damasco.
Da quell’incontro tutta la sua esistenza era diventata un grande atto di fede in Gesù Cristo che avrebbe raggiunto il culmine con la morte da martire. Nel martirio, infatti, avrebbe testimoniato senza incertezze che per lui la fede era più forte della stessa paura della morte.
Sostenuto da questa fede può scrivere ai cristiani di Roma: ‘Ho creduto e perciò ho parlato’. Egli predica ovunque il Vangelo nel quale per primo crede con tutta la mente, il cuore e la vita.
Delle stessa tempra di credenti sono stati il primo vescovo di Aquileia Ermacora e il suo diacono Fortunato. Anch’essi ‘hanno creduto e perciò hanno parlato’ di Gesù Cristo.
Come quella di Paolo, anche la loro vita è stata un grande atto di fede fino al martirio, testimoniando con la loro morte la convinzione che, come scrive Paolo, ‘colui che ha risuscitato il Signore Gesù, avrebbe risuscitato anche loro e li avrebbe posti accanto a lui’.
Proprio perché hanno parlato di Colui nel quale credevano, la loro predicazione e la testimonianza sono state di grande efficacia e sono arrivate fino a noi.
Anche oggi, care sorelle e fratelli, abbiamo bisogno di testimoni e annunciatori del Vangelo di Gesù che possano presentarsi pubblicamente e dire: ‘Ho creduto e perciò ho parlato’. Come Vescovo successore di Sant’Ermacora mi chiedo spesso, nella mia preghiera mattutina, se parlo sempre di ciò in cui profondamente credo con tutta la mente e il cuore. E invoco dallo Spirito Santo la grazia di essere un vero credente per poter essere, poi, un maestro di fede sincero a affidabile.
Il Papa Benedetto XVI ha più volte manifestato la convinzione che l’Europa ha bisogno di ritrovare la genuina fede cristiana che ‘ come abitualmente si afferma ‘ sta alle radici della propria storia e civiltà. Per questo ha indetto un ‘Anno della fede’ nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e nel 20° della promulgazione del catechismo della Chiesa Cattolica.
Come titolo della Lettera apostolica di indizione dell’Anno della fede, il Santo Padre ha usato un’immagine molto significativa, presa dagli Atti degli Apostoli: ‘La porta della fede’.
Arrivando a dichiarare addirittura la morte di Dio, la cultura europea ha come chiuso la porta della fede. Ma ad oltre un secolo dalla famosa affermazione di Nietzsche, stiamo patendo una pesante asfissia. Ci si è come chiusi dentro una casa che non ha porte di uscita verso orizzonti più vasti. Abbiamo esplorato e abbellito la casa di questo mondo investendo grandi risorse nella scienza e nella tecnica ma essa sta ugualmente diventando stretta. L’anima di tante persone sta soffrendo perché ha bisogno di una speranza e di un senso della vita più grande, ha bisogno di orizzonti infiniti. Questa speranza e questi orizzonti infiniti li intravvede chi varca la ‘porta della fede’.
Ma esiste ancora questa porta che dal mondo sensibile introduce nel mondo spirituale? Dove si può trovare? Come si può attraversare?
Abbiamo bisogno di maestri e testimoni della fede che possano dire: ‘Ho creduto e per questo posso parlarti e guidarti verso la fede in Gesù Cristo’.
I figli, che nascono avendo nel cuore il desiderio di Dio, hanno bisogno di genitori pronti a dire loro: ‘ti indichiamo la porta e la strada della fede come il dono più bello che possiamo farti e perché noi per primi abbiamo creduto e abbiamo fatto esperienza di incontrare il Signore’. I nostri bambini e giovani aspettano di incontrare sacerdoti, catechisti, insegnanti che li prendano per mano e li guidino attraverso la porta della fede assicurando loro: ‘so dove di conduco perché io per primo ho creduto e per questo ti parlo’.
Chiediamo la grazia a Dio che anche per la nostra Chiesa di Udine e il nostro caro Friuli l’Anno della fede sia un’occasione provvidenziale per alzare lo sguardo dalle cose di ogni giorni e far respirare la nostra anima dell’aria fresca del Vangelo di Gesù.
Daremo importanza all’Anno della fede con diverse iniziative che presenterò in una lettera pastorale e lo inizieremo qui in Cattedrale il giorno 11 ottobre ‘ anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II ‘ in contemporanea con il Santo Padre e tutte le Chiese del mondo.
I Santi Patroni Ermacora e Fortunato ci siano vicini e ci accompagnino. La loro esistenza è stata animata dalla fede in Gesù e sono morti col supremo atto di fede del martirio. La loro testimonianza risvegli in noi il desiderio di varcare la ‘porta della fede’.