Omelia nella Santa Messa della solennità di Maria Ss. Madre di Dio e Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2025)

01-01-2025

A distanza di otto giorni dalla celebrazione del Santo Natale, la Chiesa ci propone oggi, alla conclusione di questa ottava del Santo Natale, la celebrazione della solennità di Maria Santissima, Madre di Dio. La solennità quest’anno capita, in modo significativo, all’inizio dell’anno giubilare. Proprio una settimana fa il Papa apriva la Porta Santa di San Pietro, dando inizio alle celebrazioni giubilari a cui noi ci siamo uniti domenica 29 con la celebrazione qui nel Duomo. Ieri ero a San Pietro di Zuglio, stamattina ero a Castelmonte, proprio perché questa offerta, questa possibilità di grazia che è rappresentata dal Giubileo possa essere disponibile per tutti.

In effetti, celebrare questa solennità vuol mettere in rilievo il fatto che le grazie che ci vengono dal mistero dell’incarnazione sono state possibili proprio grazie a Maria, madre di Dio. Se Gesù è il figlio di Dio che si è manifestato nella carne, questo è stato possibile grazie a una donna, Maria, una giovane presumibilmente di 14, 15, 16 anni che ha detto il suo sì e da quel momento la sua vita è cambiata.

Nel Vangelo di oggi possiamo trovare alcuni atteggiamenti significativi da parte dei personaggi che credo ci possano suggerire come vivere quest’anno giubilare con i giusti sentimenti e atteggiamenti.

Iniziando proprio da Maria, potremmo dire che questa donna vede intorno a sé un grande movimento; lei che era abituata evidentemente a una vita semplice, umile, non a persone che le si facevano vicino, non a tutto questo movimento di pastori, non a quello che Elisabetta gli aveva detto («Benedetta tu fra le donne, a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?».

Maria custodisce nel suo cuore tutto ciò che vede, tutto ciò che sente. Custodire nel cuore è un atteggiamento importante per noi che siamo abituati a passare da un incontro a un altro, da un video dello smartphone a un altro, da un messaggio a un altro, da una riunione a un’altra; quanto importante è avere, piuttosto, tempi nei quali custodire nel cuore le esperienze che viviamo cercando, come la Madonna, di meditare su ciò che è avvenuto, interpretandolo come segno della presenza di Dio nella nostra storia, compimento di promesse che il Signore come ha fatto.

Maria, questa donna semplice e umile, ci insegna a essere custodi di tutto ciò che viviamo, meditarlo e interpretarlo alla luce della Parola di Dio. Allora quest’anno giubilare può essere per tutti quanti noi un’occasione per dedicare un po’ più di tempo all’ascolto della Parola di Dio e custodirla nel nostro cuore, meditarla – come dicevano i Padri della Chiesa: “ruminandola” -. Come Maria, da questa custodia e meditazione della parola di Dio trarremmo sicuramente motivi di speranza perché quel Dio che si è rivelato ad Abramo, Isaaco e Giacobbe mantiene le promesse. E le manterrà anche in futuro perché è un Dio fedele nei secoli. Questo è un motivo di speranza!

E poi ci sono i pastori che oggi vanno «senza indugio» a trovare Maria e Giuseppe per vedere il bambino. Questi pastori hanno ricevuto un annunzio da parte dell’angelo: non erano dei devoti, non erano persone che frequentavano troppo le sinagoghe del tempo, probabilmente erano anche persone piuttosto marginali della società. Proprio a loro l’angelo dà l’annunzio del Salvatore. Essi sono i primi a ricevere questo annunzio. E lo ascoltano, danno credito alla parola dell’angelo, si mettono in moto e lo fanno «senza indugio», cioè senza temporeggiare.

Quante volte anche a noi capita di fare le cose in modo un po’ pesante, un po’ lento, rimandandole. Quante volte invece ci capita di fare le cose «senza indugio», senza perdere tempo; immagino alcune mamme, che quando si avvicina il momento del parto e incominciano a sentire le doglie, senza indugio corrono al pronto soccorso, senza tergiversare.

Allora il tempo del Giubileo potrebbe essere utile per vincere il demone dell’accidia – “demone meridiano”, come lo definiscono i padri del deserto -, questa pigrizia di fondo, questa resistenza nell’operare il bene. Anche noi ci possiamo mettere in moto obbedendo alla Parola di Dio, ai segni dei tempi, alle sollecitazioni e bisogni dei fratelli. Ci mettiamo in movimento e andiamo a scoprire che Dio si rende presente in un bambino. Non in segni eclatanti, non in qualcosa di particolarmente “luccicoso”: no, Dio si rende presente nella realtà piccole e fragili, Dio ci vuole parlare attraverso le persone semplici.

Allora chiediamo al Signore che i pastori possano essere un modello per noi, per muoverci con sollecitudine davanti alle necessità, davanti a tutto ciò che il Signore stesso ci vorrà far comprendere attraverso lo Spirito Santo, per riconoscere nella vita quotidiana i segni della sua presenza.

Una volta che sono arrivati nel luogo dove si trova Maria e Giuseppe, questi uomini un po’ rustici, un po’ grevi, si stupiscono di questo bambino. Non escludo che il loro cuore si sia anche un po’ intenerito, un po’ commosso. Noi preghiamo che questo sia anche il sentimento che possa accogliere coloro che hanno a cuore le sorti dell’umanità in questo momento così doloroso. Davanti ai bambini di tutti i luoghi dove si svolgono conflitti, qualcuno abbia il coraggio di dire “basta, non possiamo andare avanti così”!

Questi uomini si sono fatti intenerire il cuore, hanno avuto la capacità di meravigliarsi, di stupirsi. E da quel momento anche la loro vita è cambiata, da persone che noi potremmo considerare emarginate, diventano invece poveri di spirito, cioè capaci di accogliere il messaggio di Grazia che veniva da quel bambino. Così si sono fatti primi evangelizzatori, primi messaggeri della buona notizia. «È nato per noi il Salvatore!», non un uomo potente, non un re, non un comandante, non un grande imprenditore, ma un bambino, un Dio bambino che ha voluto assumere tutta la nostra natura umana per farci dono della sua natura divina. Loro si sono fatti promotori di un bambino-Dio disponibile per la salvezza nostra; da quel momento quella notizia è partita.

Qualunque fragilità o debolezza potessero aver avuto queste persone, si sono rimesse in gioco, hanno avuto la possibilità di rimettersi in gioco e hanno colto questa occasione. Sono anche loro, per noi, un segno di speranza.

Allora anche noi, come la Vergine Maria, come i pastori, vogliamo rimetterci in gioco: essere segno di speranza per qualcuno. Allora anche la nostra vita potrà essere piena di gioia, piena di consolazione e potremmo essere anche per gli altri segno di gioia, di consolazione e di sicura speranza come la Vergine Maria, come i pastori.