OMELIA NELLA S. MESSA DEL PRIMO GIORNO DELL’ANNO, GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

01-01-2014


Care sorelle e fratelli,


il primo pensiero e il primo augurio che la Chiesa ci suggerisce all’inizio del nuovo anno è quello della pace. La prima benedizione che abbiamo invocato da Dio, con le parole di Mosè, è ancora per ottenere il dono della pace: ‘Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda la pace’.


Papa Francesco ci accompagna in questo primo giorno del 2014, Giornata Mondiale della Pace, con un suo messaggio che ha come tema: ‘Fraternità, fondamento e via per la pace’.


Abbiamo, perciò, molti stimoli per avviarci nel nuovo anno tornando a meditare su quanto sia prezioso il dono della pace e, specialmente, rinnovando l’impegno personale a vivere la settima beatitudine predicata da Gesù: ‘Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio’. Ognuno, per la sua parte, ha la possibilità concreta di contribuire alla diffusione della pace e di meritarsi, quindi, di essere chiamato ‘beato’ e di essere considerato tra ‘i figli di Dio’.


Il messaggio del Santo Padre è un discorso articolato e ricco di spunti, alcuni dei quali desidero brevemente sottolineare.


Gli uomini sono stati creati da Dio per vivere tra loro come fratelli. La fraternità è la condizione necessaria per vivere in pace nella stessa casa che è la terra, il pianeta in cui siamo nati. Questa è una verità evidente che nessuna persona di buon senso può negare. Ma, purtroppo, gli uomini l’hanno violata fin dall’inizio. La Sacra Scrittura narra che i primi due fratelli hanno subito infranto la fraternità e Caino ha guardato con occhio cattivo Abele considerandolo non più come un fratello di cui prendersi cura, ma un avversario da eliminare. A Dio che gli chiedeva conto del terribile delitto rispose con una frase diabolica: ‘Sono forse il guardiano di mio fratello?’.


Ricordando questa pagina biblica, Papa Francesco conclude: ‘Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta iscritta in sé la vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come essere fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono’.


La fraternità, quindi, è necessaria per la pace dentro la grande famiglia umana e, contemporaneamente, è incredibilmente difficile; quasi un ideale superiore alle forze morali di noi uomini. Il Papa si pone la domanda: ‘Gli uomini e le donne di questo mondo potranno mai corrispondere all’anelito alla fraternità, impresso in loro da Dio Padre?’.


La globalizzazione è il fenomeno più macroscopico che sta caratterizzando l’umanità in ogni angolo della terra. Le comunicazioni stanno diventando sempre più rapide e i popoli sono sempre più vicini l’uno all’altro. Già Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in veritate, faceva notare che, se la globalizzazione ci rende più vicini, non automaticamente ci rende più fratelli. Per usare un’immagine domestica, possiamo dire che la casa in cui viviamo si è ristretta per cui è molto più facile incontrarci. Questa sarebbe una possibilità provvidenziale per conoscerci meglio, accoglierci, condividere i beni comuni che ci sono in casa e vivere in pace. Ma, se non c’è spirito di fraternità la casa più stretta diventa luogo di scontri e contese ancor più acuti perché ci si intralcia l’uno con l’altro.


Nella casa più piccola, che è il mondo globalizzato, è necessario un impegno morale rinnovato e convinto a promuovere una cultura e un’educazione alla fraternità; a sconfiggere, secondo l’espressione di Papa Francesco, la ‘globalizzazione dell’indifferenza che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi’.


Come vivere questo impegno morale? Quali sono i passi che conducono ad una crescita nella fraternità?


Il Papa insiste sul passo più importante che ci è stato indicato da Gesù stesso quando ha insegnato a pregare assieme: ‘Padre nostro’. Ci riconosciamo fratelli e non degli estranei se guardiamo tutti verso Dio e lo chiamiamo ‘Padre’. Dobbiamo confessare che abbiamo staccato troppo gli occhi dal cielo per guardarci solo l’uno con l’altro in terra e siamo diventati reciprocamente diffidenti, concorrenti, quando non avversari.


La fraternità cresce tra noi nella misura in cui ci riconosciamo figli dello stesso Dio Padre e vediamo in ogni donna e uomo, di qualunque razza e condizione, un figlio di Dio come me e per questo degno di essere rispettato e accolto come sorella e fratello.


Ci accompagni nel comune impegno verso la fraternità la Vergine Maria che, in questa S. Messa, veneriamo come Madre: Madre di Gesù, nostro Fratello maggiore, e Madre nostra.