Cari confratelli Vescovi e Presbiteri diocesani e Religiosi, cari Diaconi, Seminaristi, Sorelle consacrate, cari Fedeli,
nell’Anno Santo della Misericordia abbiamo iniziato la celebrazione della Messa crismale attraversando la Porta della Misericordia. Permettete che, in particolare, sottolinei il fatto che abbiamo compiuto questo gesto giubilare tutti assieme noi vescovi e presbiteri. Abbiamo già avuto e avremo ancora occasione di varcare più volte la Porta della Misericordia sia accompagnando i nostri cristiani che come atto penitenziale personale; oggi, però, l’abbiamo varcata assieme, come unico Presbiterio. In questo modo la S. Messa del Crisma, già ricca di significati per la nostra vita e il nostro ministero sacerdotale, diventa quest’anno anche il Giubileo del nostro Presbiterio.
Quando in pellegrinaggio si entra attraverso la Porta santa si chiede qualche grazia particolare al Signore. Quale grazia possiamo invocare in questo momento noi vescovi e presbiteri? Di quale grazia abbiamo particolarmente bisogno? Tra le tante ne suggerisco una: chiediamo allo Spirito Santo che l’unità, espressa entrando fisicamente assieme attraverso la Porta della Misericordia, diventi sempre più armonia dei cuori, gioia di sentirci fratelli che possono esclamare con le parole del salmo 133 «Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!».
Vi propongo questa intenzione giubilare di preghiera perché molti segni mi stanno mostrando che siamo in un tempo favorevole per crescere nell’unità, nell’affetto fraterno, nell’accoglienza, nella stima tra di noi vescovi e presbiteri. L’ho colto anche negli incontri interforaniali che ho avuto la gioia di condividere con voi durante questa quaresima. Abbiamo partecipato quasi tutti, eravamo contenti di ritrovarci assieme, con libertà molti hanno condiviso anche esperienze spirituali molto personali. Alla conclusione degli incontri mi sembra di poter dirvi: questa è la buona strada; anzi, lo Spirito Santo ci sta conducendo sulla buona strada, quella della comunione fraterna.
E oggi, in questa Messa crismale e giubilare, Gesù ci dice: «Continuate così perché la Chiesa di Udine ha bisogno di pastori che, prima di tutto, si vogliano bene tra di loro . Continuate su questa direzione perché la comunione del vostro Presbiterio genererà collaborazione anche tra le comunità cristiane».
Preghiamo allora, cari confratelli vescovi e presbiteri, perché la misericordia di Gesù renda ancora più semplici e umili i nostri cuori e, guardandoci negli occhi, ci riconosciamo fratelli e contenti di esserlo.
Per arrivare a questa fraternità abbiamo bisogno della misericordia di Dio perché ognuno di noi conserva nel suo animo delle resistenze che gli impediscono di aprirsi alla piena comunione. Confessare queste resistenze è come un umile atto penitenziale che ci libera il cuore.
E tocca al vescovo iniziare perché sono più gravi gli ostacoli che egli, a causa del carattere e dei difetti, crea alla comunione nel Presbiterio e nella Chiesa a lui affidata. Dopo più di sei anni che sono tra voi, sono dolorosamente cosciente di aver contribuito, a volte, più a generare tensioni e incomprensioni che serenità e comunione. Di questo mi sono spesso confessato ma non è facile limare il carattere e togliere i difetti. Ci sono, poi, le difficoltà e le sofferenze che ho creato senza rendermene conto. Chiedo perdono a Dio e a chi ha patito a causa mia e ringrazio chi ha la carità di farmelo presente.
Assieme a me, invito tutti a fare il proprio personale atto penitenziale chiedendo allo Spiri-to la grazia di riconoscere, con serena umiltà, la trave che ha nel suo occhio.
Dopo questa salutare confessione invochiamo insieme Gesù perché ci doni la sua misericordia e la gioia di essere una comunità di fratelli nella quale nessuno avverte il bisogno di sentirsi meglio dell’altro.
E riprendiamo il cammino sul sentiero luminoso della comunione, solidali nella stessa missione che Gesù ha inaugurato alla sinagoga di Nazareth e alla quale ci ha associati, capaci di volerci bene anche se vediamo una pagliuzza nell’occhio del fratello.
A questa comunione sono pienamente partecipi i confratelli che hanno concluso il pellegrinaggio terreno ma fanno parte con noi del regno di sacerdoti che Gesù Cristo, il testimone fedele e il primogenito dei morti, ha inaugurato infrangendo la morte. Li chiamiamo per nome perché sono viventi e ci rispondono con la loro preghiera: Antonio Vale, Luigi Regeni, Vittorino Di Marco, Aldo Tonizzo, Renzo Dentesano, Rinaldo Fabris, Agostino Plazzotta, Riccardo Floreani e il diacono Gianfranco Zuliani. A loro possiamo applicare l’indulgenza giubilare che otteniamo in questa S. Messa.
Abbracciamo con la preghiera anche i confratelli che sono fisicamente lontani per ministero o che non sono riusciti a giungere fino in cattedrale per limiti di salute o di età.
Proseguendo la concelebrazione della S. Messa crismale rinnoviamo il desiderio e un impegno sincero a volerci bene con gli occhi e il cuore purificati dalla misericordia di Gesù. A dare il primo esempio cercheremo di essere noi tre vescovi e fra qualche mese anche quattro col probabile arrivo di mons. Soravito. La presenza straordinaria di questa piccola comunità episcopale è una grazia del Signore per la nostra diocesi che cercheremo di valorizzare in fraterna collaborazione.
Questi primi mesi dell’Anno Santo della Misericordia stanno offrendo segni, anche inattesi, di interesse delle persone. Penso a quanta gente ha partecipato alla celebrazione di inizio qui in cattedrale e negli altri santuari, alle 24 ore per il Signore, alle celebrazioni della Domenica delle Palme, a iniziative spirituali e penitenziali straordinarie che sono state proposte nelle parrocchie e nelle foranie. Lo Spirito Santo ha le sue strade per toccare l’anima delle persone le quali attendono da noi ministri del Vangelo e della Grazia del Signore di essere messe in comunione con Gesù attraverso la sua Parola e i suoi sacramenti.
Per noi è tempo di lavoro fecondo su cuori che aspettano il buon Seme. Se restiamo uniti tra noi, vescovi e sacerdoti, non dobbiamo temere nulla. È vero che sentiamo anche la nostra debolezza dovuta all’età, alla scarsezza numerica, ai nostri limiti. Ma se ci vogliamo bene potremo esclamare con S. Paolo: «Quando siamo umanamente deboli, è allora che nella carità di Cristo siamo forti». Avremo ancora la gioia di vedere i cuori che si aprono al Vangelo e ritrovano la luce della fede.
Ci protegga la benedizione misericordiosa di Dio Padre, per intercessione di Maria, dei nostri Patroni e dei Santi della nostra Chiesa. Scenda abbondante in particolare su voi confratelli che festeggiate ricorrenze giubilari del vostro generoso ministero. Con voi confessiamo: «Misericordias Domini in aeternum cantabo».
Cattedrale di Udine, Giovedì Santo, 24 marzo 2016