02-04-2015
«Eccellenza, cari sacerdoti, diaconi, seminaristi, sorelle consacrate e fedeli laici,
“lo Spirito di Dio è sopra di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione”: sono le parole della profezia messianica di Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura e che Gesù applica a sé nella sinagoga di Nazareth: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.
Gesù è consacrato da Dio Padre con l’unzione dello Spirito Santo. E’ consacrato per portare la Misericordia del Padre agli uomini che avevano bisogno di un annuncio di speranza, della liberazione dall’invincibile schiavitù del male e della morte, della guarigione del corpo e dell’anima, di scoprire la vera libertà, la libertà dei figli di Dio.
Egli porta a compimento la sua consacrazione e la sua missione quando giunge la sua ora, l’ora di amare i suoi, che erano nel mondo, fino alla fine, donando se stesso senza misure e confini. Sulla croce Gesù è totalmente consacrato nella Carità alla quale vuole attirare tutti gli uomini perché quella è la Vita eterna che egli vive col Padre nello Spirito Santo.
Risorto da morte egli ha effuso il suo Santo Spirito su ogni uomo che crede in lui, e in lui è battezzato e cresimato, per renderlo partecipe della sua stessa consacrazione, la consacrazione nella carità.
Cari fratelli e sorelle, tutti noi abbiamo ricevuto da Gesù la grazia di essere dei consacrati nel suo stesso amore che lo Spirito ha riversato in abbondanza nei nostri cuori. Quale progetto di vita più grande che quello di immergere, giorno dopo giorno, tutta la nostra persona nello stesso amore di Cristo! Qui sta la nostra invincibile speranza, la speranza che, quando giungerà il momento del misterioso passo della morte e ci troveremo faccia a faccia davanti a Gesù, possiamo dirgli: ho speso i miei giorni per diventare un consacrato come te; il tuo amore per il Padre e per i fratelli è diventato tutta la mia vita. Questa è la consacrazione dei martiri di cui ci stanno dando testimonianza fratelli cristiani in diverse nazioni.
Tutti, qui presenti, siamo consacrati nella carità di Gesù per opera dello Spirito Santo. Ma aggiungo un pensiero particolare a noi vescovi e sacerdoti. Per noi la consacrazione battesimale ha assunto una forma specifica con il sacramento dell’ordine sacro. Grazie a questo sacramento lo Spirito Santo ci ha nuovamente consacrati nella carità riversando in noi i sentimenti del cuore di Gesù Buon Pastore. Siamo stati consacrati nella sua carità pastorale che il Concilio Vaticano II ha indicato come il centro e l’anima della vita, del ministero e della spiritualità di un vescovo e di un presbitero.
È una consacrazione reale che ha segnato per sempre la nostra persona. Se abbiamo conosciuto santi sacerdoti, in loro abbiamo visto i segni della consacrazione alla carità pastorale. Abbiamo visto, ad esempio, in loro una passione per la Chiesa e per la comunità cristiana loro affidata propria del pastore che dà la vita per il gregge. Abbiamo visto in questi sacerdoti una particolare sensibilità per le persone disorientate perché nessuna pecora va abbandonata; una dedizione ai poveri e ai sofferenti perché al primo posto vanno messe le pecore ferite e malate; un amore per la predicazione della Parola di Dio e per l’eucaristia e il sacramento della Riconciliazione perché le pecore vanno nutrite con il cibo di vita eterna; la gioia di vivere una comunione fraterna col vescovo e gli altri confratelli e di condividere la stessa missione.
Incoraggiati dalla testimonianza di tanti sacerdoti che ci hanno preceduto e nell’Anno della carità, in questa S. Messa crismale invochiamo lo Spirito Santo perché rinnovi in noi, cari confratelli la consacrazione nella carità pastorale. Invochiamo questa grazia quando, tra poco, rinnoveremo le promesse che sostengono il nostro ministero sacerdotale; ognuno la invochi anche per tutti gli altri confratelli come puro dono di amore che ci scambiamo davanti a Gesù, Buon Pastore.
Questo è un dono che non facciamo solo a noi stessi ma a tutta la nostra amata Chiesa diocesana. Infatti, sia ai cristiani che frequentano, sia alle persone lontane dalla Chiesa fa tanto bene vedere che i loro preti si vogliono bene e che vogliono bene a loro con un cuor solo ed un’ anima sola e non divisi o, peggio, contrapposti.
Mostriamo, allora, al gregge di Cristo, che ci è affidato, che tra di noi ci vogliamo bene. Nell’Anno della carità confessiamo, con sincerità, che tutti dobbiamo anche convertirci per rendere il nostro presbiterio una comunità di fratelli uniti attorno a Gesù come la prima comunità dei dodici apostoli. Anche tra di noi ci sono i più deboli per età, malattia o difficoltà personali. Accostiamo tutti con rispetto delicato, offrendo il nostro aiuto dove ci è possibile e non cediamo alla tentazione della critica a buon mercato o, peggio del dileggio. Anche tra di noi ci sono sensibilità, esperienze e qualità diverse. Non contrapponiamole le une alle altre creando isole che non comunicano tra loro. Come tutta la Chiesa, anche un presbiterio si arricchisce se i diversi doni sono messi in comune. Se, invece, ogni sacerdote va per la sua strada, anche le più belle realizzazioni sono inutili per l’edificazione della Chiesa. Anche tra di noi ci sono cammini spirituali ed esperienze pastorali diverse. E’ di grande arricchimento e sostegno reciproco comunicarcele in clima di ascolto e di rispetto, senza il timore di essere giudicati. Questo timore contribuisce a mantenere i rapporti ad un livello superficiale impedendo la crescita di amicizie che si nutrono di stima reciproca e di condivisione profonda della propria esperienza.
Ho fatto alcuni esempi di come possiamo crescere nella comunione reciproca per amare con un cuor solo la nostra Chiesa con la stessa carità pastorale di Cristo. Non perdiamoci d’animo e non cediamo alla rassegnazione come se certi cliché e certi ostacoli alla comunione e alla collaborazione nel ministero fossero insuperabili. A me sembra, invece, di cogliere in mezzo a noi segnali incoraggianti e per primo ho intenzione di continuare a spendermi perché cresca la fraternità dalla quale nasce la disponibilità alla collaborazione nel ministero.
In questo tempo stiamo ripensando la formazione permanente e con il prossimo anno pastorale presenterò un programma rinnovato che avrà un unico e chiaro obiettivo: aiutarci assieme a crescere nella carità pastorale tra di noi e verso le persone a noi affidate.
Un doveroso e puro atto di fraterno amore è quello di offrire a Dio, in questa S. Messa, la vita dei confratelli che dallo scorso giovedì santo ci hanno lasciati varcando la soglia della morte: d. Raimondo di Giusto, mons. Vittorino Canciani, d. Angelo Tam, d. Ugo Lozza, d. Giovanni Basello, d. Roberto Freschi, d. Angelo Zilli, mons. Giovanni Oballa, don Onorato Lorenzon e padre Giuseppe De Cillia. Siano ora pienamente consacrati nella carità, purificati dalla Misericordia del Signore.
Ci uniamo con tanta stima ed affetto alla preghiera di lode che rivolgono a Dio Padre i confratelli che ricordano una data giubilare della loro ordinazione presbiterale.
Non dimentichiamo i confratelli che, per diversi motivi, non sono fisicamente tra noi. Ricordiamo tutti i missionari e le missionarie partite dalla nostra diocesi e ai quali ho promesso una preghiera nella S. Messa crismale.
La preghiera è una delle forme più belle di quella carità fraterna e pastorale su cui ho pensato di soffermarmi in questa omelia per invitarci ad essere noi i primi che vivono con frutto l’Anno della carità.
Nella preghiera sacerdotale Gesù chiede al Padre: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. E Paolino di Aquileia aggiunge, nel suo mirabile inno: “Ubi caritas est vera, Deus ibi est”. Se nel nostro presbiterio viviamo l’amore fraterno noi abbiamo compiuto la prima opera missionaria. Possiamo dire ad ogni uomo: Dio c’è perché lo potete vedere tra noi vescovi e sacerdoti, nella nostra carità fraterna. Dio è Padre ed è amore perché ci ha consacrati nella carità mettendoci nel cuore l’amore di Gesù Buon Pastore e potete vederlo da come ci impegniamo ad essere tra noi una cosa sola.
Cari confratelli, facciamo vedere tra noi l’amore di fratelli e di pastori e tutti potranno conoscere il Volto di Gesù e il Cuore del Padre».