Cari fratelli e sorelle,
celebriamo oggi la festa della presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme, conosciuta anche come “Festa dell’incontro”. È il primo incontro di Gesù con il popolo di Israele, rappresentato da un uomo e una donna: Simeone e Anna.
Simeone è descritto con caratteristiche interessanti che potrebbero essere motivo di esame di coscienza anche per noi. Di lui si legge che è un uomo giusto, timorato di Dio, docile allo Spirito Santo, che benedice Dio e i genitori di Gesù. Egli parla con franchezza del destino di Gesù.
Anna è descritta come una vedova, avanti negli anni, servitrice di Dio giorno e notte con digiuni e preghiere. È una persona che loda Dio e che descrive ad altri questo bambino come colui che avrebbe offerto la “redenzione” a coloro che l’aspettavano.
Simeone e Anna hanno caratteristiche simili e diverse; peraltro, se non fossero stati citati nel Vangelo di Luca non ne avremmo avuto memoria. Cosa accomuna queste figure? Innanzitutto l’aver saputo attendere il compimento delle promesse che gli erano state fatte, quelle di conoscere un certo bambino. Da quel bambino promanava una luce particolare, diversa, che parlava di bontà, misericordia e salvezza non solo per Israele, ma per tutte le genti. Simeone e Anna, quindi, per tutta la vita hanno saputo attendere con speranza il compimento delle promesse.
Provvidenzialmente, questa festa ci parla di speranza, una virtù riversata nel cuore di ogni persona in tutti i tempi. In quest’anno giubilare in cui siamo chiamati a essere “pellegrini di speranza”, essa non delude tutti coloro che vivono con umiltà, giorno dopo giorno, servendo Dio e i fratelli nella quotidianità.
Quella di oggi, quindi, è una festa di speranza che parla di vita. Simeone e Anna hanno vissuto in pienezza tutta la loro vita, senza rimpianti né recriminazioni, senza tenere per sé degli ambiti riservati in cui coltivare pretese di vita. Loro no: hanno vissuto tutta la loro vita pronti a conoscere il dono gratuito di Dio. Inoltre, hanno saputo riconoscere che la loro vita è stata protesa a riconoscere in questo bambino un dono per tutta l’umanità.
È, questo, un pensiero anche per oggi: ogni vita che nasce è un dono che viene fatto a ciascuno di noi e per tutta l’umanità. Quanto fa soffrire vedere – come sta avvenendo anche in questi mesi – che queste creature vengono massacrate!
Il dono della vita non può essere tenuto per se stessi. Tutti noi nasciamo, viviamo e moriamo per il Signore: il dono della vita, gratuitamente ricevuto, gratuitamente chiede di essere donato. Ognuno di noi è invitato a donare la propria sensibilità, il proprio tempo, le proprie esperienze, persino il proprio corpo per il Signore. Solo così potremo essere “luce del mondo”, riflesso di quella Luce che è stata Gesù Cristo. Così possiamo essere testimoni di una Speranza che non delude.