La celebrazione dei santi Patroni Ermacora e Fortunato ci fa ripercorrere il nostro passato fino a giungere al tempo in cui iniziata la storia della nostra Arcidiocesi. Attraverso le rotte marittime tra oriente e occidente e le vie consolari romane, giunse anche nella grande città di Aquileia una Parola nuova, la parola del Vangelo di Gesù. La portarono persone che erano state conquistate dalla Parola del Signore, vi avevano creduto e ne parlavano con una convinzione tale che a volte giungeva al martirio. Quei primi missionari erano donne e uomini comuni, senza peso sociale o politico, per cui i loro discorsi avrebbero dovuto perdersi in mezzo alla vita frenetica e al frastuono della grande città di Aquileia.
Ma non successe così. Le parole del Vangelo si diffusero in modo incontenibile anche quando il potere politico tentò di soffocarle martirizzando i missionari. Esse non erano deboli parole di una dottrina umana, ma erano Parola di Dio che veniva seminata in mezzo agli uomini e aveva in sé la forza divina di convincere, cambiare le mentalità, trasformare i cuori.
Tra i primi missionari del Vangelo c’era Ermacora che fu consacrato Vescovo per guidare la piccola comunità formata da coloro che avevano accolto con fede la parola del Vangelo e avevano deciso di vivere non più da pagani, ma come Gesù insegnava.
Come sappiamo, quella prima comunità cristiana crebbe velocemente non solo in Aquileia ma nel territorio circostante fino alle più lontane vallate nelle quali troviamo ancora antichissime chiese e battisteri. La parola del Vangelo ha cambiato il volto di questa terra e delle sue popolazioni. Vi ha piantato la Chiesa e ha forgiato la mentalità, la cultura, l’identità del popolo friulano.
S. Ermacora, primo vescovo di Aquileia martirizzato con il suo diacono Fortunato, ci ricorda oggi una verità storica. Noi ci sentiamo giustamente eredi della fede e della cultura della Chiesa di Aquileia. Ma in che cosa consiste questa eredità? La vera eredità sono le parole del Vangelo di Gesù seminate dentro la città pagana di Aquileia, senza le quali, in Friuli, non ci sarebbe stata la Chiesa con tutto ciò che ha significato e significa; non ci sarebbero stati quei valori che sono la nostra civiltà e identità. Questa è la verità storica e incontrovertibile che i Santi Patroni ci ricordano.
Proprio per invitare tutti a non perdere la grande eredità di Aquileia ho scritto una Lettera pastorale dal titolo: «‘Ascolta, figlio le mie parole’. Per essere una Chiesa guidata dalla Parola di Dio». Invito le comunità e i singoli cristiani a trovare il tempo per ascoltare, leggere e meditare la Sacra Scrittura e, in particolare, il Vangelo. Nella Sacra Scrittura ‘ che abbiamo tradotto anche nella nostra lingua friulana – è contenuta la Parola di Dio che costituisce la vera eredità di Aquileia. Se la perdiamo di vista ci disorientiamo dentro una babele di discorsi e di immagini che passano velocemente e che generano quell’incertezza di fondo che chiamiamo soggettivismo o relativismo.
Senza la luce del Vangelo ci disorientiamo quando ci troviamo a vivere esperienze dolorose e drammatiche che pongono le questioni più gravi che la nostra civiltà è chiamata oggi ad affrontare. Non possiamo più evitare di interrogarci, nemmeno qui a Udine, su cosa significhi rispettare la vita umana dal suo concepimento alla sua morte terrena; su quale sia la giusta solidarietà verso una persona che ha sempre diritto alla sua vita anche in stato di estrema debolezza; su come si accompagna un essere umano verso la morte fisica con la consapevolezza che non sta sparendo nel nulla, ma sta andando verso la vita eterna; sul valore intangibile della differenza sessuale di maschio e femmina grazie alla quale avremo ancora famiglie e figli per il nostro futuro.
Il Vangelo, interpretato anche dal Magistero della Chiesa, è la luce indispensabile per comprendere bene queste gravi questioni e per affrontarle con la giusta responsabilità. E, permettete che aggiunga, per affrontarle anche con il giusto stile e linguaggio. Quanto tocchiamo il mistero della vita, della morte, della dignità della persona e dell’amore umano siamo chiamati ad un rispetto che chiede un modo di esprimersi delicato, dignitoso, sobrio. Purtroppo nei mezzi di comunicazione assistiamo ad una triste tendenza a trattare in modo banale ‘ per non dire sguaiato ‘ i misteri più grandi e delicati dell’esistenza umana. Il popolo friulano può dare esempio di serietà e nobiltà grazie alla sua grande eredità cristiana che ha formato le coscienze.
In questo abbiamo anche un dovere di giustizia verso i figli che crescono in mezzo a noi e che respirano ogni giorni lo stile, gli interessi, i modi di fare e di esprimersi che caratterizzano la nostra città e i nostri paesi.
Permettete che aggiunga un’ultima riflessione. La luce del Vangelo ha sempre reso sensibile il cuore dei cristiani e li ha aiutati a sentire la voce flebile di chi è debole e ad accorgersi di chi sta nell’ombra per povertà o disagio sociale. Anche questa è una grande eredità che ha suscitato, anche in questa terra, santi della carità e va tenuta viva nella nostra città e nel nostro popolo friulano.
In questo tempo di crisi sono aumentati i poveri anche tra di noi: famiglie improvvisamente senza lavoro, giovani che patiscono disadattamenti perché non trovano prospettive dignitose, immigrati che silenziosamente spariscono e tanti altri. Forse non li ascoltiamo e non ne parliamo abbastanza, col rischio che chi è più sicuro pensi a garantire solo se stesso.
L’invito di Gesù a ‘partire dagli ultimi’ resta la prima regola di una buona programmazione economica che assicura una vita sociale serena e solidale. Sia la guida per tutti e, in particolare, per coloro che devono decidere per tutti la distribuzione delle risorse.
‘Ascolta, figlio, le mie parole’: questo è l’invito che Dio fa ad ogni uomo. E’ l’invito che oggi ci ripetono i santi patroni Ermacora e Fortunato e che ho pensato di riproporre a tutta la Diocesi per il prossimo anno pastorale. Recuperiamo la parole sante di Dio e del Vangelo e manterremo vitale la civiltà nata ad Aquileia.