Omelia nei Primi vespri della solennità dei Santi Patroni Ermacora e Fortunato (11 luglio 2024)

11-07-2024

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

mi sembra di cogliere un segno della Provvidenza nel fatto che celebriamo i Primi Vespri della Solennità dei Santi Ermacora, vescovo, e Fortunato, diacono, martiri e Patroni della nostra Arcidiocesi e della città di Udine, proprio al termine del giorno in cui la Chiesa Universale ha celebrato la Festa di San Benedetto, abate e patrono di Europa.

In che cosa mi sembra di cogliere un disegno provvidenziale?

In primo luogo nel fatto che sia Ermacora e Fortunato, sia Benedetto sono dei “martiri”, cioè dei “testimoni”. Nei primi secoli dell’era cristiana, a partire dagli Apostoli, il martirio è stato visto come il dono totale di sé, di tutta la propria vita fino all’effusione del sangue con la conseguente morte, per testimoniare il proprio legame con Gesù Cristo e la propria adesione al Suo Vangelo. È questo il caso di Ermacora e Fortunato.

Ma già nel VI secolo, concluso ormai il periodo delle persecuzioni, a questo “martirio rosso” si affiancò quello che era conosciuto come “martirio bianco”: uomini e donne che abbandonano tutti i loro beni (affettivi, morali, materiali) per dedicarsi alla preghiera ed al servizio dei poveri, sono anch’essi considerati “martiri” (è questo il cosiddetto “martirio bianco”). È il caso di Benedetto, capostipite del monachesimo occidentale. San Benedetto nella sua Regola dirà a coloro che chiedono di entrare nel Monastero, che devono essere pronti a “nulla anteporre all’Amore di Cristo”.

In secondo luogo, il fatto che Ermacora e Fortunato sono fondatori della Chiesa di Aquileia e la devozione nei loro confronti si diffuse ben presto anche nelle regioni al di là delle Alpi, così come il monachesimo benedettino si diffuse anche in tutta l’Europa del nord, testimoniando la grande forza morale e spirituale di cui si faceva interprete e che ha impregnato progressivamente tutti i popoli di Europa, tanto che si arrivò a parlare di “radici cristiane dell’Europa”.

L’aspetto che però mi sembra accomuni in modo più significativo i nostri Santi Patroni con San Benedetto è il fatto che sono stati guide coraggiose e sicure per il popolo di Dio e pastori portatori di speranza in epoche storiche buie per la società civile. In secoli in cui (come direbbe l’autore del Libro di Isaia) «una nebbia fitta avvolgeva le nazioni» (Is 60,2), oscurando l’evidenza dell’opera salvifica di Dio, loro sono stati profeti di speranza.

La speranza intesa non come ottimismo ingenuo o velleitario, ma come apertura fiduciosa al futuro, perché Colui che si è chinato sulle nostre fragilità e «da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).

Ermacora, Fortunato e Benedetto, in modi diversi, continuano a dirci: il Signore Gesù Crocifisso e Risorto è la nostra unica Speranza, per cui vale la pena dare la propria vita!

Anche noi stiamo vivendo un’epoca difficile, con grandi e veloci trasformazioni, caratterizzata da: conflitti armati disseminati (al punto da parlare di “terza guerra mondiale a pezzi”); da una ricerca miope, cinica e sfrenata di interessi prevalentemente personali e di “ristretti gruppi di potere”; da continue e gravi violazioni della dignità delle persone (per es. violenze su donne e su persone fragili; nel mondo del lavoro, eccetera); da un mancato rispetto dell’ordine del creato. In questo contesto così complesso siamo tentati di perdere la speranza, ma i Santi Patroni e San Benedetto continuano ad invitarci a riporre la nostra speranza in Gesù Cristo come l’unico Salvatore del mondo, alla cui opera di salvezza siamo chiamati a collaborare tutti insieme, nessuno escluso, come anche loro hanno fatto nelle loro epoche, attraverso il dono totale della loro vita.

Il prossimo anno pastorale, che provvidenzialmente sarà caratterizzato dal Giubileo dal tema “Pellegrini di Speranza”, possa essere, per intercessione dei Santi Patroni, un’occasione per continuare insieme il cammino intrapreso nelle collaborazioni pastorali, e farci diventare con tanti uomini e donne di buona volontà, impegnati nella società civile e nel volontariato sociale, portatori di speranza per coloro che attendono da noi una parola, l’unica Parola di Speranza che è Gesù Cristo.