Omelia in occasione delle esequie di don Rino Renato Zearo (17 luglio 2019)

17-07-2019

Cari Fratelli e Sorelle,

la chiesa parrocchiale di Segnacco accoglie oggi per l’ultima volta il corpo mortale del nostro sacerdote don Rino Zearo, suo parroco per 46 anni. Aveva salutato questa chiesa, non senza sofferenza interiore, nel 2013 quando il peso degli anni e le fatiche di salute lo avevano costretto a ritirarsi dapprima nella Casa Betania per sacerdoti anziani e, successivamente, nella Casa di riposo ”Zaffiro” dove è stato accudito e dove il Signore è passato per prenderlo con sé.

In questa, che è stata la “sua” chiesa per così tanti anni, d. Rino conclude il suo lungo pellegrinaggio terreno durato 98 anni di cui 73 consacrati a Dio nel sacerdozio.

L’obbedienza ai vescovi lo ha portato, sacerdote novello, ad essere mansionario nel Duomo di Udine e cooperatore a Pasian di Prato. È passato, poi, parroco a Dogna e a Sammardenchia di Pozzuolo per giungere a Segnacco dove, come dicevo, si è speso per 46 anni in un ministero contraddistinto da una grande costanza e fedeltà quotidiana,

Nella parabola degli operai che il padrone chiama a varie ore a lavorare nella sua vigna, quelli che hanno iniziato alla prima ora ricordano che hanno fatto il loro dovere fedelmente, sopportando il peso della lunga giornata e le intemperie.

Don Rino ha accolto la chiamata del Signore a lavorare nella sua vigna già alla prima ora; a 25 anni era già sacerdote e per oltre 70 anni si è speso per il bene spirituale delle comunità a cui è stato inviato e dei fedeli che gli erano stati affidati. Veramente una lunga giornata di lavoro vissuta con grande fedeltà, senza voler mai venir meno al suo dovere perché era cosciente che con l’ordinazione sacerdotale Gesù gli aveva messo tra le mani dei doni preziosi: la sua parola e i suoi sacramenti. Erano doni di Dio che egli si sentiva chiamato a custodire e a consegnare ad ogni cristiano per la sua salvezza.

Mi ha colpito un passaggio del suo testamento spirituale dove scrive: «Nella mia vita ritengo di avercela messa tutta per essere fedele ai miei principi; ho procurato di dare tutto me stesso, al meglio possibile. Non so se la mia debolezza e incapacità me lo hanno permesso. In questi ultimi anni (dal 75° in poi) ho lasciato correre parecchio nei miei doveri pastorali. Ahimè La vecchiaia.. gli anni pesano».

Leggendo queste righe, così sincere, mi è venuto spontaneo pensare: queste sono parole di un servo fedele della vigna del Signore; di un servo che si è speso senza risparmio e che alla fine della sua giornata terrena ha l’unico cruccio di non essersi donato abbastanza, specialmente quando le forze venivano meno.

Nella preghiera di suffragio di questa Santa Messa di esequie possiamo veramente raccomandare, con affetto e riconoscenza don Rino alla misericordia dei Dio. Crediamo che, come i servi fedeli di cui ci ha parlato Gesù nel Vangelo, anche lui meriti di sentirsi dire: «Beato. Siediti nel posto che ho preparato per te al banchetto della vita eterna».

Voglio ricordare anche un altro brano del testamento di don Rino da cui traspare tutta la sincerità e umiltà del suo animo: «Riconosco le mie debolezze umane, i miei limiti; per cui, se avessi sbagliato, se avessi esagerato, se avessi procurato scandalo, se non avessi dato buon esempio, chiedo venia a tutti. A tutti stringo la mano, amici e nemici e lo faccio cordialmente. Chiedo a Dio la grazia del perdono per i miei sbagli, per le mie debolezze e deficienze, confidando nella sua infinita bontà e misericordia, in cui confido, credo e spero. I pericoli e le tentazioni della vita sono tanti. Se ho acconsentito e ho ceduto, chiedo perdono a Dio misericordioso».

Credo che in questo momento tutti ci sentiamo di aprire il cuore a don Rino con sentimenti di amicizia e di riconciliazione. E trasformiamo questi sentimenti buoni in preghiera per lui chiedendo che abbia la grazia di cui S. Paolo ci ha parlato nella seconda lettura: «Quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli».

Dopo essersi consumato per tanti anni su questa terra a servizio della Chiesa, don Rino abbia la grazia di entrare in questa abitazione celeste.

Chiesa di Segnacco, 17 luglio 2019