Cari Fratelli e Sorelle,
in questa quinta domenica del tempo di Pasqua siamo invitati a meditare la parabola evangelica della vite e dei tralci che ci è stata appena letta.
Gesù paragona se stesso ad una vite dalla quale si diramano tanti tralci che, dove arrivano, portano i grappoli d’uva che le persone possono cogliere. Quei frutti, però, non vengono dai tralci, ma dalla vite che fa passare attraversi i tralci la sua linfa vitale. L’unico merito che hanno i tralci è quello di stare uniti alla vite perché se si staccano si seccano e diventano sterili.
Con questa semplice e grande parabola, presa dal mondo contadino, Gesù ci fa capire che cosa sia la Chiesa che lui ha generato con la sua morte in croce e risurrezione. La Chiesa è formata da tutti coloro che sono uniti a Gesù, come i tralci alla vite. Sono uniti a lui dalla stessa fede e dallo stesso battesimo che è come l’innesto di un tralcio alla vite. Essi, poi, si sono diramati in tutto il mondo perché i cristiani si sono diffusi in tutti i continenti. Dovunque, però, sono arrivati, hanno portato un’unica fede, un unico battesimo e un’unica eucarestia nella quale possono fare la comunione con lo stesso Gesù, in qualunque parte del mondo si trovino. Sono realmente come tralci uniti alla stessa Vite che è Gesù risorto. Da lui ricevono una linfa divina che è il suo amore che li rende capaci di portare frutti preziosi in mezzo agli uomini. Ovunque i cristiani hanno portato frutti di fede (pensiamo ai martiri), di preghiera (pensiamo ai contemplativi), di carità e solidarietà verso i più poveri e bisognosi (pensiamo a tutti i missionari e i santi della carità).
Il Papa è il segno visibile della comunione che unisce tutti cristiani a Gesù. Rappresenta Gesù, la vera Vite, a cui noi siamo attaccati formando l’unica Chiesa. In questo mese di maggio appena cominciato, Papa Francesco ha pensato di rivolgersi a tutti i tralci, a tutti i cristiani del mondo invitandoci a portare un unico frutto, un frutto di preghiera. Ieri, primo maggio, ha iniziato lui la recita pubblica del Rosario che proseguirà, giorno dopo giorno, in trenta importanti santuari dedicati a Maria, sparsi in tutto il mondo. Il Rosario sarà trasmesso dai mezzi di comunicazione per quanti desiderano unirsi alla stessa preghiera. Il Papa, inoltre, ha invitato tutti i santuari mariani, le parrocchie, le comunità, le famiglie e ogni cristiano a trovare del tempo per recitare quotidianamente il Rosario, dando vita a quella che ha definito: una “maratona” di preghiera. L’intenzione principale di questa preghiera “mondiale” è quella di supplicare Maria, Vergine delle Grazie, perché interceda per noi e ottenga dalla Provvidenza di Dio Padre la grazia della liberazione dalla pandemia che sta infestando tutte le nazioni. Con le nostre forze stiamo facendo tutto il possibile producendo vaccini a tempo di record, organizzando la sanità, imponendoci norme sanitarie straordinarie. Ma questo virus “subdolo e invisibile” ci fa toccare con mano i limiti delle nostre deboli forze.
Papa Francesco ci invita, allora, a ricorrere alla forza della preghiera fatta con più fede e con più intensità. Promuove una grande catena di preghiera alla quale partecipano tutti i cristiani del mondo, e anche i credenti di altre religioni che vorranno unirsi. Il Santo Padre spera che nel mese di maggio s’innalzi verso Maria, Madre di Gesù e nostra, una grande supplica che parte da tutti i tralci della vera Vita che è Gesù.
Questa preghiera potrà essere un efficace vaccino spirituale per guarire le nostre anime da un virus maligno che si è annidato molto in profondità nelle coscienze. È il virus dell’indifferenza verso Dio e verso la fede che fa danni gravi sul piano morale e spirituale. La medicina per guarire si chiama preghiera, come ci sta indicando il Papa.
La nostra Chiesa di Udine da tanti mesi supplica la Vergine delle Grazie in questo suo santuario e in questo mese si unisce alla rete mondiale di preghiera avviata da Papa Francesco. Ognuno di noi può dare il proprio contributo. Su questo mi permetto un piccolo consiglio: teniamo nella borsa, in tasca, in auto, vicino al letto, in ogni famiglia una corona del Rosario. Quando abbiamo tempi vuoti, sarà facile prenderla in mano e pregare Maria sapendo che ci uniamo a milioni di altri cristiani che invocano la liberazione dalla pandemia e chiedono tante altre grazie di cui hanno bisogno.
Anch’io, quando viaggio in auto o mi sveglio di notte spesso prendo in mano la corona e affido a Maria le persone – e sono veramente tante – che mi chiedono di pregare per loro o per un loro caro.
Nella nostra bella lingua invochiamo: “Faisi donghie, o chiare Mari,cun chel vuestri biel Bambin”.