Omelia in occasione della «Giornata per la vita» (2 febbraio 2019)

02-02-2019

Cari Fratelli e Sorelle,

la prima lettura della Parola di Dio, che abbiamo ora ascoltato, iniziava con queste bellissime espressioni: «Prima di formarti nel grembo materno ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato, ti ho stabilito profeta delle nazioni». Dio rivela a Geremia che è stato lui a volerlo alla vita per una grande vocazione e missione: perché fosse suo profeta e portasse la sua Parola ai re, ai sacerdoti e a tutto il popolo.

Ma quando dunque Geremia aveva ricevuto la vocazione ad essere profeta? Ecco la risposta di Dio: «Prima di formarti nel grembo materno e prima che tu uscissi alla luce ti ho conosciuto e ti ho consacrato profeta delle nazioni». Quando la mamma ancora lo non conosceva – al massimo lo sentiva muoversi nel grembo – Dio conosceva il piccolo Geremia e lo consacrava a sé perché era suo prima di essere della mamma e del papà.

Sarebbe, poi, arrivato il tempo in cui anche Geremia, giunto alla giovinezza, avrebbe capito la sua vocazione e l’avrebbe liberamente abbracciata come scopo e il senso della sua vita. In  quel momento, però, capì, come abbiamo letto, che quella vocazione non era una scelta sua o dei suoi genitori. Dio lo aveva voluto, amato e scelto addirittura prima che egli iniziasse a formarsi nell’utero di sua madre. Per questo era sacro a Dio, un suo consacrato.

L’esperienza di Geremia non è stata una straordinaria eccezione rispetto a tutti i bambini che nascono. Al contrario, ci ricorda la storia di ogni bambino. Quando inizia a formarsi nel grembo materno, che spontaneamente lo accoglie e subito comincia a nutrirlo,  quel bambino è di Dio il quale già lo conosce, lo ama e lo vuole perché abbia la gioia di vivere  una vocazione e un destino eterno.

Se qualcuno si intromette per condannare alla morte quel piccolo che inizia a formarsi nella mamma, si assume la responsabilità di distruggere con violenza un progetto di Dio e di compiere un atto sacrilego perché mette le mani, senza rispetto, su un consacrato a Dio.

Questa è la verità che ci ricorda il profeta Geremia e solo questa verità è il baluardo che può difendere per ogni piccolo di uomo il diritto a vivere. Egli è di Dio, amato come figlio suo, voluto e creato a sua immagine prima ancora che appaia nel grembo materno. Il suo destino non è vivere solo un po’ di anni su questa terra per poi tornare a scomparire nel nulla. Dio Padre lo ha chiamato alla vita per una vocazione eterna di comunione ora su questa terra e poi nel cielo con tutti i figli di Dio.

Quando si dimentica questa verità, il piccolo che appare nel grembo di una donna diventa  il più debole e indifeso tra gli uomini. Egli, infatti, resta in balia solo degli uomini i quali si comportano con lui come se fosse loro proprietà e purtroppo non sempre la loro volontà è buona nei suoi confronti.

È considerato come proprietà della mamma che deve decidere se tenerlo o no. E, ahimè, troppo spesso quella mamma è debole quanto il piccolo che ha nel grembo. Sono convinto che nessuna donna vorrebbe rifiutare il figlio che porta dentro di sé, ma nella debolezza può cedere.

Avrebbe bisogno di persone vicine che la capiscono, che la sostengono, che affrontano con lei la gravidanza e il futuro. Si trova, invece, sola o affiancata da chi la spinge a risolvere il problema eliminandolo; solo che non si tratta di un problema, ma di un bambino.

Mi sono ritrovato in piena sintonia con Papa Francesco che, nell’intervista in aereo di ritorno della Giornata mondiale della gioventù, diceva che bisogna aver ascoltato in confessione donne che hanno abortito per cogliere la tragedia che portano dentro. Come suggerisce il Santo Padre, per loro c’è una strada di speranza ed è quella di aprire il cuore a quel figlio che loro non sono riuscite ad accogliere, ma che Dio Padre ha accolto in cielo perché lui non perde nessuno dei suoi figli. Ma quanta sofferenza e misericordia ci vogliono!

Oggi, come dicevo, la donna che resta incinta ed è in difficoltà ad accogliere un figlio si trova facilmente in balia di strutture e persone che piuttosto la orientano e la sostengono verso l’aborto con la tutela anche della legge. Questa legge nasce da un peccato di origine: abbiamo dimenticato che ogni persona umana è sacra fin dal suo concepimento perché Dio l’ha conosciuta, amata e consacrata a sé fin da quel momento. Contro questa verità nessuna legge deve andare.

Quando, poi, si dimentica questa verità la legge rischia di non avere più limiti. Fanno rabbrividire le notizie – sperando che non siano vere – che in certi stati si vuol rendere legale l’uccisione di un bambino anche fino al nono mese di gravidanza. Fanno rabbrividire, ma purtroppo non meravigliano perché quando una società diventa cieca anche le sue leggi non hanno più confini.

Preghiamo, allora, senza stancarci per il nostro Friuli povero di bambini e anch’esso, purtroppo con non pochi aborti.

Preghiamo perché ci siano tante persone che hanno la coscienza illuminata dalla verità che Geremia ci ha ricordato: che ogni bambino che viene concepito è sacro, già amato e conosciuto da Dio e per questo è un valore assoluto da accogliere e rispettare in ogni modo.

Preghiamo per le mamme in difficoltà ad accettare una gravidanza perché ascoltino il loro cuore e il loro corpo che le portano ad accogliere la vita accesa nel loro grembo.

Preghiamo perché aumentino i volontari che si dedicano nei Centri aiuto alla Vita e in altri modi a sostenere queste mamme.

Preghiamo perché la nostra società e i suoi legislatori scrivano leggi realmente a tutela della vita nascente e non che scivolano verso la sua sempre più facile soppressione.

Preghiamo in questa S. Messa e nella lunga adorazione notturna in unione a Maria, Madre e Vergine delle Grazie.

Udine, 2 febbraio 2019