Cari Fratelli e Sorelle,
abbiamo ascoltato dalla parola di Gesù che verrà il giorno in cui egli siederà sul trono della sua gloria e tutti gli uomini saranno radunati davanti a lui. Guardando coloro che stanno alla sua destra, li accoglierà con queste consolanti parole: “Venite benedetti del Padre mio [..]perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ero straniero e mi avete accolto [..]. Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”.
Siamo riuniti nella chiesa parrocchiale di S. Pio X attorno all’altare del Signore e attorno al corpo mortale dell’amato e stimato don Tarcisio Bordignon perché per lui è giunto quel giorno annunciato dal vangelo; il momento di passare attraverso la morte e di giungere davanti a Gesù risorto per rendergli conto dei suoi 90 di esistenza terrena di cui ben 65 spesi nel ministero sacerdotale. Il male, che tanto pesantemente e dolorosamente ha colpito i nostri sacerdoti più anziani ospiti della Fraternità, ha avuto ragione anche della sua tempra forte e della tenacia di carattere che lo ha sostenuto sempre, anche nelle prove più difficili.
Per questa S. Messa di esequie, che col cuore pieno di fede e di affetto, offriamo alla misericordia di Dio Padre per il nostro don Tarcisio, ho scelto il discorso di Gesù sul giudizio finale, pensando di interpretare la scelta che avremmo fatto spontaneamente. Sono, infatti, parole che sembrano adattarsi in maniera giusta a don Tarcisio e al modo con cui egli ha speso la propria vita sacerdotale. Esprimono quella che è stata la passione più grande del suo cuore di uomo, di cristiano e di sacerdote.
Quando si rivolgeva a lui una persona che aveva bisogno di mangiare o non aveva un letto su cui riposare, per don Tarcisio era semplicemente un fratello o una sorella da accogliere ad ogni costo, senza tanti calcoli. Chi lo ha conosciuto e ha collaborato con lui sa che cosa era capace di inventarsi pur di non lasciar deluso chi gli chiedeva aiuto. A volte la sua fantasia trovava soluzioni che erano anche al limite delle regole a cui, magari, non badava tanto creando di tanto in tanto qualche tensione. Tutti, però, possiamo dargli atto che quello che lo spingeva non era un bisogno di protagonismo, bensì l’urgenza di dare una risposta a chi lo implorava: ho fame, non ho casa, sono straniero. In questo modo ha creato attorno a sé una compagnia variegata di gente che, con felice espressione, aveva battezzato “i pellegrini della vita”. Don Tarcisio si sentiva pellegrino con loro, pronto sempre a dare una mano come si fa quando si è in viaggio e ci si aiuta reciprocamente per arrivare tutti alla meta, senza perdere nessuno.
Illuminati dalla fede possiamo immaginare che molti di questi “pellegrini della vita” lo stavano aspettando oltre il limite della morte per accoglierlo e accompagnarlo all’incontro con Gesù dal quale don Tarcisio possa sentirsi dire quelle grandi e consolanti parole: “Vieni benedetto del Padre mio, perché quello che hai fatto sulla terra a questi miei fratelli che erano affamati, soli, dimenticati lo hai fatto a me”.
Una domanda, però, è doveroso farci mentre diamo l’ultimo saluto cristiano a questo sacerdote che lascia una traccia profonda di carità in mezzo a noi: da dove gli veniva la forza e il coraggio per le opere di bene, spesso coraggiose, che ha compiuto per tanti anni? Certamente don Tarcisio aveva un carattere forte e intraprendente, senso della giustizia e rifiuto delle ingiustizie, fedeltà verso le persone e altre qualità.
C’è, però, una frase di S. Giovanni, ascoltata nella prima lettura, che può farci entrare più a fondo nel suo cuore: “Fratelli, noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che Cristo ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. Non capiremmo a fondo don Tarcisio se lo considerassimo solo come un benemerito filantropo appassionato ad opere di giustizia sociale in favore dei più disagiati. E’ stato un cristiano e un sacerdote sostenuto da una fede robusta e da un rapporto personale di amore con Gesù. Da Gesù ha conosciuto e ricevuto l’amore che traboccava verso i fratelli, specialmente verso i più poveri e bisognosi nei quali vedeva il volto di Cristo. Col battesimo e con l’ordinazione sacerdotale la vita non era più in mano sua ma nelle mani di Gesù che era morto per lui. Per questo non aveva paura di perdere la propria vita e riusciva a donarla ai fratelli. In questo ha seguito l’esempio dei grandi apostoli della carità anche della nostra terra come San Luigi Scrosoppi e don Emilio De Roia a cui è stato personalmente legato.
Continuiamo a pregare in questa S. Messa perché a don Tarcisio sia riservata la grazia finale di udire da Gesù risorto nella gloria: “Venite benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”.