IL GIUDIZIO
1. Dalla morte al giudizio
La seconda verità dei Novissimi, professata dalla Chiesa, è il giudizio. Nel credo affermiamo: ‘E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine’. Sono parole che riempiono il cuore di speranza perché ci aprono ad una grande mèta che va oltre la morte fisica, attraverso la quale ogni uomo deve passare quando giunge la sua ora.
La meta è l’incontro a faccia a faccia con Gesù risorto che ci attende al momento della morte. Dal battesimo, Egli è stato sempre con noi e in noi e con il suo Santo Spirito ci ha aiutati ad assomigliare sempre di più a Lui, giorno dopo giorno.
Al momento della morte si squarcerà un velo e ci troveremo personalmente davanti a Gesù. Sotto il suo sguardo di misericordia infinita capiremo quanto ci ha amato e ci ama. Alla luce del suo Volto glorioso riconosceremo, senza falsità, la verità di noi stessi. Come afferma S. Paolo nella prima lettera ai Corinzi, Dio manifesterà anche i segreti nascosti nel nostro cuore. Questo sarà il nostro giudizio finale, la valutazione senza ombra di come abbiamo speso tutti i talenti che ci aveva consegnato: l’intelligenza, il cuore, il corpo, il tempo, le persone incontrate, le occasioni offerte. La tradizione definisce l’incontro finale con Gesù risorto come ‘giudizio particolare’ perché avviene alla morte di ogni persona.
Attendiamo nella speranza anche un ‘giudizio finale e universale’, quando Gesù glorioso tornerà a giudicare i vivi e i morti e inaugurerà il regno di Dio che non avrà fine, nel quale, secondo le parole dell’Apocalisse, ci saranno cieli nuovi e terra nuova’ (Apoc 21,1).
La lettera ai Romani descrive, con illuminanti espressioni, la condizione attuale dell’umanità e di tutta la creazione: ‘Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza’ (Rom 8,22-25).
Ogni uomo, credente o non credente, non può che riconoscere la verità delle parole dell’apostolo. Chi non avverte il travaglio profondo che attraversa la creazione scuotendola, a volte, in modo violento e con conseguenze disastrose, come abbiamo assistito in questi giorni? Da sempre, poi, l’umanità è tormentata da scontri e tensioni che fanno gemere anche troppe vittime e generano insanabili ingiustizie. Quante vittime di violenze insensate si sono accumulate lungo la storia dell’umanità! Chi potrà rendere loro giustizia? Chi renderà giustizia agli aborti che non hanno potuto vedere la luce, ai morti di troppe guerre, ai bambini morti di fame per l’egoismo dei ricchi?
2. Il giudizio finale è l’ultimo atto della salvezza di Dio in Gesù
Benedetto XVI, nell’enciclica ‘Spe salvi’ affronta queste domande cui ogni uomo, che riflette onestamente, non può sfuggire. Offre ad esse la risposta che viene dalla speranza nel giudizio finale di Dio su ogni uomo e su tutta la storia umana. Dalla riflessione del Santo Padre colgo qualche spunto.
Nell’epoca moderna l’uomo si è illuso di poter portare giustizia a tutti con le proprie forze. Forse, il tentativo più organizzato è stato il progetto marxista di creare una società in cui anche i proletari fossero uguali agli altri. Abbiamo purtroppo assistito al suo tragico trasformarsi in una diabolica ingiustizia che ha partorito milioni di vittime inermi.
In ogni caso, l’uomo può impegnarsi a costruire una società più giusta per le generazioni future. Ma alle vittime del passato chi rende giustizia? Nei pressi della centrale atomica di Cernobyl c’è una scritta rivolta ai morti: ‘Perdonateci se siamo vivi’. A quei morti nessun uomo e nessun risarcimento umano potrà più rendere giustizia.
Solo Dio può rendere giustizia e la fede cristiana assicura che lo farà nel giudizio finale alla fine di questo mondo e della storia dell’umanità.
Chi sarà il giudice? Nel libro dell’Apocalisse, S. Giovanni vede il giudice finale: è l’Agnello immolato; cioè, Gesù immolato sulla croce e risorto. Solo Lui ha il potere di rompere i sette sigilli del libro che viene consegnato da Dio e leggere il giudizio finale su tutta l’umanità.
Il trono da cui Gesù ha iniziato il giudizio di Dio sugli uomini e su tutte le ingiustizie e i peccati è la croce. Dall’alto della croce il Figlio di Dio incarnato, ha visto l’opera di satana in mezzo agli uomini; ha visto tutte le vittime e i loro carnefici, tutte le ingiustizie e le sofferenze causate dai peccati.
Per tutti ha spalancato il cuore e ha effuso sugli uomini il suo sangue e il suo Santo Spirito dell’amore. Dalla croce ha cominciato a portare la giustizia di Dio a favore di chi si affida a Lui con fede. Al ladrone pentito che lo implora (‘Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno’) risponde: ‘Oggi verrai con me in paradiso’.
E’ cominciato il giudizio che Dio ha consegnato da fare a Gesù crocifisso. Egli strappa dalla morte chi confessa le sue miserie e si affida solo alla sua misericordia come speranza. Lo porta con sé nel Regno che ha aperto con la risurrezione.
Dalla croce, con il suo cuore squarciato, Gesù non può che fare un giudizio di misericordia sugli uomini. E questo giudizio avrà il suo compimento nel giorno ultimo del giudizio finale.
Con lo stesso sguardo di compassione, rivolto al ladrone pentito, accoglierà tutti gli uomini che si sono pentiti e chiedono il suo perdono. Ascolterà il flebile gemito delle vittime del male che non hanno avuto giustizia umana. Ogni sofferenza umana avrà un posto nel suo cuore. Davanti a lui risplenderanno tutte le opere di carità di quanti lo hanno seguito praticando le parole del Vangelo.
Gesù, Agnello immolato e glorioso, accoglierà tutti con sé rendendoli partecipi della sua stessa vita di risorto nella sua carne. In quel giorno Egli manterrà la promessa fatta: ‘E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno’ (Gv 6,39). Non perderà nulla di noi perché ci risusciterà anche col nostro corpo liberato dal male, dalla morte e da ogni miseria. Questa sarà la giustizia finale di Dio che non lascerà nulla preda del male e della morte.
3. Una speranza che rende responsabili su questa terra.
La speranza che alla fine Dio renderà giustizia a tutte le vittime del male e delle ingiustizie della storia umana, è stata accusata in passato di essere come una droga che estranea l’uomo dalla vita concreta. L’attesa della giustizia finale di Dio porterebbe a subire in modo passivo le ingiustizie e le violenze senza lottare contro.
Questo sospetto verso la speranza cristiana è smentito da una schiera di santi che si sono impegnati in questa terra a favore della giustizia e a difesa dei deboli, in attesa che Gesù porti a compimento la sua vittoria finale su ogni male. Abbiamo un esempio luminoso in Giovanni Paolo II. Tutto il mondo ha visto come si sia speso fino all’estremo in questa terra sostenuto dalla speranza in Cristo al quale si è consegnato nel momento della morte.
Al contrario, chi non spera che alla fine Dio porti la sua giustizia rischia di rassegnarsi al fatto che contro il male non si può vincere e di cercare in modo ingiusto il proprio tornaconto contribuendo alla diffusione dell’ingiustizia.
Il cristiano pensa la sua vita come una partecipazione alla lotta che Gesù ha iniziato sulla croce contro satana e ogni male. Impegna i talenti che ha ricevuto per dare il proprio contributo alla vittoria del regno di Dio. Spende ogni giornata è come il grano prezioso di un rosario di amore da recitare nell’attesa del Signore e nella speranza di sentire, al momento della morte, le parole consolanti in eterno: ‘Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco ‘ entra nella gioia del tuo Signore’.