Rivolgo, prima di tutto, il mio cordiale saluto al Direttore Generale, agli altri direttori, a tutti i medici nei diversi ruoli e responsabilità, agli infermieri, a tutti gli altri componenti del personale in servizio in questa grande Azienda ospedaliera universitaria, ai nostri cappellani, ai tanti volontari e alle associazioni in cui sono organizzati. Un saluto speciale alle sorelle e fratelli che sono ricoverati in questi giorni in ospedale e alle loro famiglie.
Al saluto aggiungo subito un sincero ringraziamento per questo invito a visitare l’ospedale già nei primi tempi del mio ministero di Vescovo ad Udine. Me ne parlò il Direttore Generale, dott. Favaretti, quando venne gentilmente a trovarmi a pochi giorni dal mio ingresso. E’ nata, così, questa mezza giornata ricca di incontri diversi e importanti.
Non nascondo che ci tenevo ad entrare in contatto con il grande mondo o, meglio, con la grande comunità che è
Avevo desiderio di aprire un rapporto con l’ospedale per l’importanza che esso ha per tutti noi, per la città, per il territorio e oltre; la stima, infatti, nei confronti dell’ospedale di Udine supera i confini friulani e certamente arriva fino a Treviso, come posso direttamente testimoniare.
Si tratta di una stima e di una fiducia ben meritate per l’alta qualificazione raggiunta grazie anche alla collaborazione organica con la Facoltà di Medicina e Chirurgia della nostra Università della cui eccellenza sono noti i pubblici riconoscimenti.
Ma un altro motivo, accanto a quelli appena detti, mi spingeva a dare presto un segno di vicinanza a sostegno all’ospedale. Desideravo esprimere la mia stima profonda per le tutte le donne e gli uomini che si dedicano, con fedeltà quotidiana, alle persone malate all’interno delle aziende ospedaliere.
Questa stima si è consolidata in questi anni avendo avuto modo di conoscere personalmente molti dirigenti, medici, infermieri, cappellani, suore, volontari. Spesso ho incontrato persone sorrette da una straordinaria carica umana e spirituale, accanto alla qualificazione professionale.
Confesso che tante volte sono uscito confortato da questi incontri avuti in ospedale e mi tornava spesso il pensiero che forse la nostra società non va così male finché ci sono persone che si dedicano alla salute del prossimo con tanta fedeltà, impiego delle loro migliori energie e umanità profonda.
E’ questa anima umana e cristiana che ha fatto sorgere e ha sorretto gli ospedali nelle nostre terre. Ha qualificato la nostra organizzazione sanitaria coniugando lo straordinario progresso scientifico e tecnologico con le qualità umane di attenzione alla persona, di vicinanza del cuore, di compassione.
Mi torna qui alla mente la parabola evangelica del buon samaritano che ha certamente ispirato nei secoli i tanti cristiani . spesso santi – che si sono dedicati ai fratelli infermi creando strutture sempre più adeguate; l’ospedale ‘S. Maria della Misericordia’ ne è un esempio. Il buon samaritano mette a disposizione dell’uomo ferito dai banditi quanto la tecnologia del tempo gli offriva: vino e olio. Ma vi aggiunge la compassione che lo porta ad allargare le braccia per accogliere quel sofferente che trova lungo la strada.
Oggi la tecnologia del vino e dell’olio si è molto evoluta, ma resta perenne l’importanza della compassione che la nostra tradizione cristiana non ha mai perso e che ritrovo all’interno dei nostri ospedali.
Con semplicità mi vien da dire: continuiamo così! Perché progresso scientifico e compassione assieme assicurano l’eccellenza del nostro servizio sanitario.
Brevemente, desidero accennare anche ad un ulteriore motivo per cui sento grande considerazione verso coloro che operano all’interno degli ospedali e di tutta l’organizzazione sanitaria. E’ di qui che passa la frontiera di una delle più grandi battaglie della nostra civiltà: la battaglia per la difesa della dignità della persona umana, di ogni persona, in qualunque momento della sua esistenza.
Il valore non negoziabile della persona umana è il perno che sostiene la nostra civiltà e la qualità del nostro vivere sociale. Oggi il progresso scientifico e tecnologico offre nuove opportunità per sostenere la persona nella sua dignità e pone, contemporaneamente, nuove problematiche di carattere etico a tutti noi ben note.
Di esse se ne può discutere e se ne discute in tanti ambienti, ma è negli ospedali e nelle altre strutture assistenziali e sanitarie che si tocca con mano la portata della posta in gioco. Confesso che ho capito meglio l’urgenza e il peso di certi interrogativi etici sulla vita umana parlando a lungo con medici, infermieri, operatori delle case di riposo o dei centri di accoglienza di persona svantaggiate.
Per questo dico che questi sono i luoghi in cui passa la frontiera della difesa della dignità della persona la quale va rispettata senza cedere a soluzioni affrettate e senza prolungare accanimenti immotivati.
Tocca ai medici e agli infermieri degli ospedali e delle altre strutture prendersi cura delle persone spesso quando esse non hanno risorse neppure per invocare il rispetto della propria dignità e sono totalmente affidate alla nostra coscienza e compassione. Questo succede ad ogni uomo all’inizio e alla fine della sua esistenza terrena.
Certamente la società deve darsi anche delle leggi per orientare i comportamenti verso l’inizio e la fine della vita di una persona e l’opinione pubblica va educata in proposito. Ma coloro che per professione e missione intervengono sulla vita delle persone possono dare un decisivo contributo di riflessione e di esperienza perché la nostra civiltà continui a fondarsi sul principio del rispetto assoluto della dignità della persona.
Per tutti i motivi che ho sinteticamente elencato, desiderio esprimere l’apprezzamento e il sostegno della Chiesa alle donne e agli uomini, ai tanti cristiani che si prodigano dentro l’ospedale. Invoco su tutti la protezione della divina Benedizione per l’intercessione di Maria, Madre della Misericordia.
Un augurio di sereno Natale e di una rinnovata speranza per