Rom 14,7-12; Lc 12,35-40
Care sorelle e fratelli,
abbiamo portato per l’ultima volta nella sua chiesa di Cerneglons d. Arturo Del Bianco prima di deporre il suo corpo mortale nel cimitero della terra natale di Resiutta perché riposi in attesa della risurrezione finale dei morti.
Questa è stata veramente la sua chiesa nella quale ha celebrato la S. Messa e ha pregato per 28 anni e alla quale si è dedicato con passione e forza perché fosse sempre bella e accogliente. Sono testimone di quanto è costato a d. Arturo staccarsi, poco più di un anno fa, dalla sua chiesa e dalla sua gente di Cerneglons quando le forze fisiche non gli permettevano più di continuare il suo ministero di parroco.
Ha resistito finché ha potuto con quel carattere forte che lo caratterizzava; ma dietro al carattere non era difficile sentire il suo cuore di sacerdote e di pastore che soffriva vedendo che era giunto il tempo di lasciare il gregge per il quale si era speso con tutto se stesso.
In questo momento, Dio vede anche questa ultima sofferenza di d. Arturo; vede il tempo vissuto nella casa della Fraternità sacerdotale dove, come sempre, è stato accolto e assistito con delicatezza e dove il Signore Gesù lo ha raggiunto per portarlo con sé nella vita eterna. E’ stato un tempo certamente di profonda purificazione per il carattere attivo e intraprendente di d. Arturo costretto ad una progressiva debolezza e inabilità. Ma il Signore sa come prepararci al meglio per l’incontro finale con Lui e così ha preparato d. Arturo dentro il crogiolo della vecchiaia e nel clima di fede e di carità sacerdotale della nostra Fraternità.
Ora d. Arturo Del Bianco è davanti a Gesù risorto al quale sta presentando la sua lunga esistenza durata quasi 90 anni dei quali oltre 65 spesi come sacerdote.
Noi, riuniti attorno al suo corpo mortale, possiamo offrire a d. Arturo il nostro ultimo e, forse più grande, atto di amore: la nostra preghiera di suffragio. Non lo lasciamo solo anche se la morte fisica ha interrotto ogni possibilità di comunicare con lui come eravamo abituati a fare. La nostra fede ci da la consolante certezza che possiamo restare ancora vicini a d. Arturo e possiamo realmente accompagnarlo con la preghiera nella quale esprimiamo anche il nostro affetto e riconoscenza.
Preghiamo usando, più che parole nostre, la Parola di Dio che abbiamo ascoltato e diciamo al Signore Gesù che è stato vero per d. Arturo ciò che S. Paolo scriveva ai cristiani di Roma: ‘Se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore’. D. Arturo è vissuto ‘per il Signore’ perché a Lui, ad appena 24 anni, ha consegnato tutta la sua vita nell’ordinazione sacerdotale perché fosse consacrata alla Chiesa e al bene spirituale delle persone che Dio gli avrebbe affidato.
Da questa consacrazione non si è mai tirato indietro; anzi, quanti lo hanno conosciuto, possono testimoniare che si è dedicato con tutto il cuore e con tutte le forze. Dopo i primi anni di cappellano di Dordolla e di giovane parroco di Lovea è stato chiamato ad impegnarsi per l’educazione dei ragazzi nel Collegio maschile di S. Pietro al Natisone, nell’orfanatrofio ‘Tomadini’ e nell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole medie. E’ giunto finalmente a Cerneglons come parroco e qui si è speso per 28 anni veramente come pastore e padre di famiglia occupandosi di ogni aspetto della vita della parrocchia: dalle strutture materiali, alla vita spirituale e sacramentale, alla formazione dei ragazzi e dei giovani, all’attenzione ai malati e alle famiglie.
Ha dato il cuore; ed era sensibile e delicato il cuore di d. Arturo anche se, a volte, un po’ corazzato dietro una scorza di carattere forte. Sapeva cogliere le sofferenze dei fratelli e farsi vicino con attenzione e fedeltà. Hanno goduto di questa sua sensibilità, ad esempio, i membri del Movimento apostolico ciechi al quale si è fedelmente dedicato per 23 anni.
Dentro il cuore di d. Arturo, poi, c’era la ricchezza più bella e grande: una fede schietta che alimentava il suo sacerdozio. E ha donato con grande dedizione e serietà questa fede ai cristiani che lo hanno avuto come pastore. Lui ‘viveva per il Signore’ e ha cercato sempre di insegnare anche ai fratelli di vivere con questa fede, guidandoli nelle vie di Gesù e del Vangelo.
Giunto alla fine del lungo cammino terreno, dopo essere vissuto per il Signore, d. Arturo è morto ‘per il Signore’ completamente affidato a Lui come sua ultima sicurezza mentre gli veniva meno ogni altra energie e sicurezza umana.
Come il servo fedele della parabola, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ora porta a Gesù, suo Signore, il lungo servizio vissuto per la Chiesa e per tante persone che ha amato e aiutato. Noi siamo vicini a lui con la nostra preghiera comune e chiediamo alla Misericordia di Dio Padre di guardare al cuore sincero di d. Arturo, alla sua schietta passione sacerdotale, alle tante fatiche profuse proprio come servo fedele. E gli doni la gloria eterna che riserva ai suoi servi fedeli.