06-01-2016
«Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te». Abbiamo appena ascoltato nella prima lettura della Parola di Dio questo gioioso invito che il profeta Isaia rivolge alla città santa di Gerusalemme. La immagina come una donna che era avvolta da un manto di tristezza perché era stata conquistata e profanata dai nemici. È giunto per lei il momento di alzarsi ancora in piedi e di vestirsi dell’abito più bello: vestirsi di luce. Ed è una luce che non nasce dal lei ma la inonda dall’alto perché la gloria del Signore si è accesa sopra di il suo capo. Così Gerusalemme diventa come un faro luminoso dentro un mondo che il profeta non teme di descrivere con tinte forti. La tenebra ricopre la terra e le tenebre sono l’ambiente preferito dal ladro e da chi vuol commettere misfatti. Una nebbia fitta avvolge i popoli e nella nebbia si perde ogni orientamento.
Le parole profetiche di Isaia aiutano a capire il significato della festa dell’Epifania del Signore che stiamo celebrando. Una luce dall’alto – la luce della stella – illuminò il cammino dei Magi i quali non avevano temuto di affrontare un lungo e incerto viaggio per cercare la Luce vera. E si fermò sopra la stalla dove era nato Gesù; dove si era accesa la Luce che veniva da Dio per illuminare la città di Gerusalemme e tutta l’umanità.
Nel prologo del suo vangelo Giovanni parla con lo stesso linguaggio: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta». Dal volto, dalle parole e dall’esempio di Gesù brilla la luce vera che si è diffusa, in modo inarrestabile, in tutto il mondo, portata dalla testimonianza dei cristiani.
Se noi siamo oggi riuniti in questo splendido duomo lo dobbiamo, di fatto, alla Luce del vangelo di Gesù che si è accesa ad Aquileia e negli altri centri del nostro territorio; tra i primi, Cividale. Essa ha fatto scoccare la scintilla divina della fede nel cuore di generazioni di uomini e donne che hanno saputo trasmetterla ai figli, creando una grande tradizione cristiana. Ha forgiato una civiltà illuminando con i valori evangelici la vita civile, economica, artistica.
In fondo, anche la tradizionale Messa dello Spadone ricorda questa civiltà cristiana che progressivamente i nostri antenati hanno costruito fecondando col vangelo tutte le espressioni della vita personale, familiare e sociale. Essi, 650 anni fa, vedevano nel Patriarca l’autorità che faceva sintesi tra la vita religiosa e la vita civile perché ambedue succhiavano linfa dalla stessa sorgente che era Gesù, la Luce vera.
La festa dell’Epifania, torna a lanciarci il messaggio antico e sempre attuale. “Rivestitevi di luce”. Come Vescovo, successore del Patriarca Marquardo, faccio mie le parole del profeta invitando tutti a «rivestirsi di luce, della Luce vera che è Gesù e il suo vangelo».
In che modo possiamo indossare una veste di luce? Non sul corpo, evidentemente, ma sulla coscienza. La nostra coscienza può rivestirsi di luce se medita con interesse le parole del Signore Gesù. Dalla coscienza, la luce si diffonde nei nostri pensieri, nei sentimenti, nel sorriso, nelle azioni. Diventiamo, a nostra volta lampade luminose.
Permettete che, in questa Messa dello Spadone, l’invito a rivestire la coscienza di luce lo rivolga in modo particolare a me, ai confratelli sacerdoti e a quanti, tra voi, condividono la responsabilità di amministrare il bene comune dei cittadini.
Ne abbiamo particolarmente bisogno, perché, per l’autorità che abbiamo ricevuto, prendiamo decisioni che incidono sulla carne viva delle persone, delle famiglie, delle comunità.
Pensiamo, ad esempio, ai progetti di legge che giungeranno in Parlamento e che toccano i diritti delle persone, della famiglia e dei figli. Pensiamo anche all’urgenza di riorganizzazione sul nostro territorio le risorse nel campo amministrativo e sanitario per distribuirle in modo più equo e razionale al fine di assicurare a tutti il bene comune, cominciando dai più deboli.
Chi ha la responsabilità di guidare queste decisioni può avere il grande merito di portare guarigione alle sofferenze di tanti fratelli, speranza nei loro momenti di difficoltà, sostegno per una vita buona personale e sociale, rispetto alla dignità della persona.
Dovendo, però, muoversi su campi abitati anche da nebbie e da tenebre – per usare le immagini del profeta – non è remoto il rischio di disorientarsi o di cedere alla tentazione di seguire compromessi e interessi che deludono e offendono le persone e le comunità.
In questa S. Messa prego perché mettiamo tutti la nostra coscienza davanti alla luce del vangelo di Gesù. Assicuro una preghiera particolare per quanti abbiamo l’autorità di influire, in questi tempi complessi, sulla vita e sulle speranze dei nostri fratelli e sorelle bambini, giovani, adulti e anziani. Lo Spirito di Dio ci aiuti ad aprire la porta del cuore perché entri la Luce della Misericordia che Gesù ha acceso e che è l’unica saggezza che regge il mondo.
Cividale del Friuli, 6 gennaio 2016