Care sorelle e fratelli, mentre inizia la Quaresima, ci chiediamo: come viverla in questo Anno della fede?
Trovo una risposta nelle parole dell’apostolo Pietro: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo” (1 Pt 1,6-7).
L’esperienza della fede in Gesù Cristo ricolma di gioia la mente e il cuore dell’uomo. Non è, però, una gioia a buon mercato perché la fede va purificata come l’oro, per risplendere in tutta la sua luce ed essere la gloria e l’onore del credente quando si troverà davanti a Gesù nell’incontro finale con lui.
Nella Lettera apostolica Porta fidei Benedetto XVI invita tutti i cristiani a vivere l’Anno della fede come occasione di conversione e di purificazione. Denuncia il grave pericolo che essi pensino “alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato” (n. 2). Se si adagiano in questa falsa sicurezza diventeranno “sale insipido e luce nascosta” invece di essere testimoni credibili per tante persone che sentono “di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva” (n. 3). “L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo” ( n.6).
Facendo eco alle parole del Santo Padre, nella Lettera pastorale Ho creduto, perciò ho parlato, scrivevo: “possiamo fare qualcosa per le persone che abbandonano la fede sole se, prima di tutto, ripartiamo da noi stessi, dall’umile coscienza di aver bisogno di conversione, dal desiderio di vincere la tiepidezza spirituale con un amore vero per nostro Signore Gesù” (n. 12).
Questa Quaresima 2013 può essere un tempo favorevole per purificare la nostra fede dalle incrostazioni dell’abitudine e della superficialità.
Nel tempo quaresimale, la Chiesa torna a proporci tre impegni precisi: la preghiera. il digiuno, l’elemosina. Se li prendiamo sul serio, essi possono essere come il fuoco del crogiuolo che purifica la nostra fede.
1. La preghiera
Durante la sua agonia nell’orto degli ulivi, Gesù torna per tre volte a svegliare Pietro, Giacomo e Giovanni, invitandoli: “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Mt 26,41).
Preferivano dormire piuttosto che stare vicino a Gesù, partecipando alla sua preghiera nella quale egli offriva tutto se stesso a Dio Padre, pronto a bere il calice della sua passione. Il sonno che li prendeva era segno della loro poca fede che sarebbe stata tenuta sveglia dalla preghiera.
Quante volte anche noi facciamo esperienza dello stesso sonno dei tre apostoli! Quando ci viene il pensiero di pregare, veniamo assaliti da una specie di pigrizia che ci impedisce di dedicare anche solo qualche minuto alla preghiera.
Magari ci giustifichiamo con la scusa che non abbiamo tempo. La scusa, però, non regge perché chi non può trovare in 24 ore almeno qualche minuto per il raccoglimento e la preghiera?
La verità è più seria e profonda. Quella strana svogliatezza interiore che ci impedisce di pregare è segno della nostra poca fede e della mancanza di un desiderio forte di stare alla presenza del Signore per ascoltarlo.
Per questo Gesù dice ai tre apostoli: “Vegliate e pregate .. scuotetevi dalla vostra pigrizia e state in ginocchio accanto a me partecipando alla mia preghiera”.
La preghiera è esperienza impegnativa perché rinnova e purifica la fede; distacca per qualche minuto da se stessi e dal ritmo degli impegni per stare in silenzio e aprire mente e cuore al Signore.
Chi, però, ha la forza di “vegliare e pregare” trova una profonda serenità del cuore; prova quella gioia intensa che Pietro prometteva ai suoi cristiani.
2. Il digiuno
Nel Deuteronomio leggiamo questo lamento di Dio: “Mi resero geloso con ciò che non è Dio, mi irritarono con i loro idoli vani” (32,21).
Gli antagonisti di Dio sono gli idoli perché conquistano il cuore dell’uomo trascinandolo ad inginocchiarsi davanti a loro e non davanti all’unico vero Dio. L’idolatria distrugge la fede e rovina la dignità dell’uomo che si riduce a pregare opere delle sue mani o creature inferiori a lui.
Questa tentazione ha accompagnato gli uomini di ogni epoca ed è ancora in mezzo a noi perché il consumismo è, di fatto, una grande idolatria che promette gioia piena nel possedere e consumare.
Per liberarsi dall’idolatria c’è una sola strada: purificare il cuore dall’attrattiva insaziabile di possedere e consumare. Il digiuno è l’esercizio, anche doloroso, che stacca dalla dipendenza delle cose materiali e ridona al cuore la libertà di mettere Dio al primo posto.
Il digiuno purifica la fede perché, rinunciando a delle cose che ci attirano, creiamo nel cuore come un vuoto da riempire con la presenza di Dio cercata nella preghiera.
Si può far digiuno non solo con la gola ma anche con gli occhi staccandoli da immagini vuote, con gli orecchi trovando spazi di totale silenzio, con il corpo rinunciando a soddisfare i nostri istinti.
Proviamo, in questa Quaresima, ad impegnarci in alcune forme di digiuno da ciò che maggiormente ci attira. Riempiamo di preghiera il vuoto creato dal digiuno e purificheremo la nostra fede.
Nel Deuteronomio leggiamo questo lamento di Dio: “Mi resero geloso con ciò che non è Dio, mi irritarono con i loro idoli vani” (32,21).
Gli antagonisti di Dio sono gli idoli perché conquistano il cuore dell’uomo trascinandolo ad inginocchiarsi davanti a loro e non davanti all’unico vero Dio. L’idolatria distrugge la fede e rovina la dignità dell’uomo che si riduce a pregare opere delle sue mani o creature inferiori a lui.
Questa tentazione ha accompagnato gli uomini di ogni epoca ed è ancora in mezzo a noi perché il consumismo è, di fatto, una grande idolatria che promette gioia piena nel possedere e consumare.
Per liberarsi dall’idolatria c’è una sola strada: purificare il cuore dall’attrattiva insaziabile di possedere e consumare. Il digiuno è l’esercizio, anche doloroso, che stacca dalla dipendenza delle cose materiali e ridona al cuore la libertà di mettere Dio al primo posto.
Il digiuno purifica la fede perché, rinunciando a delle cose che ci attirano, creiamo nel cuore come un vuoto da riempire con la presenza di Dio cercata nella preghiera.
Si può far digiuno non solo con la gola ma anche con gli occhi staccandoli da immagini vuote, con gli orecchi trovando spazi di totale silenzio, con il corpo rinunciando a soddisfare i nostri istinti.
Proviamo, in questa Quaresima, ad impegnarci in alcune forme di digiuno da ciò che maggiormente ci attira. Riempiamo di preghiera il vuoto creato dal digiuno e purificheremo la nostra fede.
3. L’elemosina
Il digiuno è completo quando si trasforma in elemosina che generosamente dona ciò di cui ci siamo privati a chi ha bisogno.
Scrive il Papa: “La fede che si rende operosa per mezzo della carità” diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo” (Porta fidei, n. 6). Egli riprende l’apostolo Giacomo che afferma: “Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa … Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza calore” (2,17-20).
Le opera di carità rivelano l’autenticità della fede e danno calore alla fede. Credere in Gesù, infatti, non significa, solo, dichiarare che Lui è vissuto, morto e risorto, ma farsi riscaldare dal suo amore che riempie il nostro cuore stretto e povero.
La fede è amore come dichiara il comandamento che riassume tutta la Legge e i Profeti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37-39).
Nell’elemosina generosa noi trasmettiamo una piccola goccia di quell’amore di Gesù che è entrato nel nostro cuore grazie alla fede in Lui. E quella piccola goccia donata riempie di nuova fede il nostro cuore.
Siano tanti i gesti di elemosina in questo tempo di Quaresima che ci fa vivere vicino a persone e famiglie provate dalla crisi fino al punto da faticare a trovare anche i mezzi di sussistenza.
Il digiuno è completo quando si trasforma in elemosina che generosamente dona ciò di cui ci siamo privati a chi ha bisogno.
Scrive il Papa: “La fede che si rende operosa per mezzo della carità” diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo” (Porta fidei, n. 6). Egli riprende l’apostolo Giacomo che afferma: “Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa … Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza calore” (2,17-20).
Le opera di carità rivelano l’autenticità della fede e danno calore alla fede. Credere in Gesù, infatti, non significa, solo, dichiarare che Lui è vissuto, morto e risorto, ma farsi riscaldare dal suo amore che riempie il nostro cuore stretto e povero.
La fede è amore come dichiara il comandamento che riassume tutta la Legge e i Profeti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37-39).
Nell’elemosina generosa noi trasmettiamo una piccola goccia di quell’amore di Gesù che è entrato nel nostro cuore grazie alla fede in Lui. E quella piccola goccia donata riempie di nuova fede il nostro cuore.
Siano tanti i gesti di elemosina in questo tempo di Quaresima che ci fa vivere vicino a persone e famiglie provate dalla crisi fino al punto da faticare a trovare anche i mezzi di sussistenza.
Concludo, suggerendo una piccola preghiera che possiamo ripetere spesso e silenziosamente durante il giorno. E’ l’invocazione del padre che portò il figlioletto a Gesù perché lo guarisse: “Credo, Signore; aiutami nella mia incredulità” (Mc 9,24).
12-02-2013