L’enciclica di Benedetto XVI ‘Caritas in Veritate’ va annoverata tra i grandi testi del Magistero sulla dottrina sociale della Chiesa. Lo conferma la grande eco che quest’enciclica ha avuto non solo in ambienti ecclesiastici, ma politici ed economici.
In questo mio intervento, non mi propongo una presentazione esauriente dell’enciclica la cui ricchezza di contenuti chiederebbe vari e competenti approfondimenti. Mi limito a delle sottolineature che nascono anche da ciò che a me è rimasto più impresso del documento pontificio.
1. Un’architettura coerente
Mi ha colpito, alla prima lettura, l’architettura coerente con cui il Papa ha strutturato il documento. Ci si trova davanti ad un testo pervaso da un pensiero di rara robustezza e coerenza, capace di trattare di molte tematiche ( e diverse tra loro) tenendole sempre unite dentro un filo logico unitario che le illumina e le interpreta in profondità.
Il Santo Padre non si esime dall’affrontare le principali questioni con le quali si sta confrontando l’umanità agli inizi del terzo millennio (lo sviluppo, l’impresa, il mercato, la politica, la tecnica, l’ecologia, le problematiche energetiche, la giustizia verso le future generazioni, le povertà e diseguaglianze, i fenomeni migratori, i mezzi di comunicazione sociale ..), compresa la recente crisi finanziaria da cui ancora non siamo usciti.
Entra in ognuna di essere per dare un giudizio e un orientamento appropriato ad essa.
Pur, però, nella varietà e complessità delle questioni affrontate non perde mai di vista un quadro coerente di riferimenti fondativi etici e antropologici.
Per questo, a mio parere, la lettura dell’enciclica lascia l’impressione di aver accostato un pensiero affidabile e convincente che ha colpito molti anche addetti ai lavori.
Un testo così unitario e organico nasce, certamente, dalla preparazione culturale di Benedetto XVI, dalla sua capacità di analisi lucida delle situazioni e di robusta riflessione critica; qualità che gli sono universalmente riconosciute.
Si avverte, però, un valore aggiunto alle doti personali del Papa: è la luce che viene dalla Rivelazione cristiana. Il suo è un pensiero illuminato dalla Parola di Dio la quale non solo non mortifica l’intelligenza umana, ma, al contrario, la porta a sviluppare tutte le sue potenzialità. Le dona una luce particolare per analizzare le situazioni della storia uman con una profondità critica che, magari, sfugge ad altri sforzi intellettuali, pur di qualità.
E’ questa luce della Rivelazione che pervade
2. Carità nella verità
L’enciclica ha come titolo ‘Caritas in veritate’, la carità nella verità. Il binomio ‘carità – verità’ non è solo il titolo e l’incipit del documento ma è la spina dorsale che gli conferisce quella coerenza di cui parlavo sopra.
‘La carità nella verità, di cui Cristo si è fatto testimone nella sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera’ (n. 1). Questa è la frase iniziale dell’enciclica, nella quale Benedetto XVI dichiara subito la prospettiva di fondo di tutta la sua riflessione.
In altre parole, il Papa afferma che per promuovere uno sviluppo che sia autentico beneficio per ogni uomo e per tutta la società umana è necessario capire bene che cosa si intenda per ‘carità’ e quale sia il suo legame intrinseco con la ‘verità’; e non una verità qualsiasi ma la verità di cui si è fatto testimone Gesù Cristo con la sua parola e con l’esempio della sua vita.
Mi soffermo sul binomio ‘carità e verità’ e sul loro intrinseco rapporto perché mi sembra la prospettiva per comprendere nel suo vero significato l’enciclica e perché ho l’impressione che anche le reazioni favorevoli ad essa non sempre lo abbiano sempre sottolineato.
Ho visto mettere in luce i temi particolari toccati dal Papa ma meno questo pilastro fondativo: la carità deve essere illuminata dalla verità e, specialmente, dalla Verità che è giunta a noi con Gesù; d’altra parte, chi è illuminato dalla Verità non può che dedicare la sua vita alla carità.
Ponendo a fondamento della Dottrina sociale della Chiesa ‘la carità nella verità’ Benedetto XVI, porta allo scoperto la debolezza più profonda che ha caratterizzato la cultura della società occidentale nell’epoca moderna e, di conseguenza, anche il suo sviluppo tecnico ed economico. Si è staccata la carità dalla verità perché il pensiero moderno ha relativizzato l’importanza decisiva di essere illuminati dalla verità. Siamo ‘in un contesto sociale e culturale che relativizza la verità, diventando spesso ad essa incurante e ad essa restio’ (n. ‘)
La carità, senza più la luce della verità cristiana (che ha illuminato tutto la nostra civiltà), diventa cieca; anzi, non è più carità. Produce uno sviluppo economico e sociale disorientato, senza riferimenti chiari e affidabili, unilaterale nelle sue scelte.
Alla fine pagano i poveri e vien meno il rispetto integrale della dignità della persona umana e di ogni persona umana, al di là del suo stato di salute e di potere.
Scrive il Papa: ‘Sono consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione’ (n. 2).
Nel corso dell’enciclica, Benedetto XVI mostra le conseguenze del distacco della carità dalla verità; o meglio, di aver progettato uno sviluppo economico e sociale senza averlo fondato sulla verità. Faccio solo due esempi.
La grande sensibilità ecologica che si è sviluppata negli ultimi 50 anni è inevitabilmente sbilanciata se l’ecologia della natura non è integrata con ‘un’ecologia dell’uomo’ (n. 51). Non è possibile battersi per il rispetto della natura e degli animali e non rispettare l’esistenza e la dignità della persona umana dal momento del suo concepimento fino al momento della sua conclusione terrena. Il Papa sottolinea come essi non siano temi staccati ma intrinsecamente correlati. Senza un’ecologia globale, illuminata dalla verità dell’uomo e del creato, si arriva al degrado della persona che è il centro e il senso di tutto il creato.
Un secondo esempio è il tema della libertà religiosa (n. 29). Il Papa afferma: ‘Un altro aspetto legato in modo stretto con lo sviluppo è la negazione della libertà religiosa’. Sviluppo e libertà religiosa non sono percepiti così intimamente connessi dal pensiero contemporaneo; se non sono visti come due dimensioni molto lontane tra loro. Lo sviluppo è visto come progresso nel benessere materiale, di servizi, di strutture; la libertà di professare la propria religione come una questione privata e non rilevante né sul piano del benessere della persona, né su quello della qualità del vivere sociale. Queste prospettiva mostra una idea miope e debole di sviluppo e di benessere della persona e della comunità umana, poco illuminata da una verità sulla realizzazione integrale dell’uomo.
La tentazione a distaccare carità da verità può entrare anche dentro la vita e la pastorale della Chiesa ponendo l’accento sulla carità, vista come impegno pratico di solidarietà, di volontariato, di lotta per la giustizia e la pace.
E’ reale il rischio, denunciato da Benedetto XVI, di una carità indebolita perché poco attenta a meditare continuamente sulla verità rivelata da Cristo sull’uomo,il suo destino, la sua realizzazione soprannaturale ed eterna, le forme della carità annunciate dalla S. Scrittura.
C’è il rischio di un’azione caritativa che ‘scivola nel sentimentalismo’; e si fa, quindi, guidare da ciò che impressiona maggiormente l’emotività e l’opinione pubblica, ‘preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, ua parola abusata e distorta, fino a significare il contrario’ (n. 3).
Solo illuminata dalla verità rivelata, la carità diventa una virtù ‘intelligente’ che coglie a fondo le condizioni del vero sviluppo che porti l’uomo e la società verso un bene comune che sia realmente il ‘bene’ e realmente ‘comune’, possibile a tutti.
Cito un’espressione sintetica dell’enciclica: c’è bisogno di ‘un amore ricco di intelligenza e di un’intelligenza piena di amore’ (n. 30)
3. L’umanesimo integrale come meta dello sviluppo
La carità, illuminata dalla verità rivelata, orienta tutte le energie, spese a favore dello sviluppo sociale. verso la prospettiva di un ‘umanesimo integrale’.
Su tale prospettiva richiamo ancora un attimo l’attenzione perché è un’altra delle idee forza che conferiscono coerenza e organicità all’architettura dell’enciclica.
Benedetto XVI si mette in continuità con tutto il Magistero sociale dei suoi predecessori e in particolare di Paolo VI e della sua enciclica ‘Popolorun progressio’ che cita ampiamente.
E’ stato Paolo VI ad affermare in modo autorevole che lo sviluppo per essere autentico e veramente umano deve ‘integrale’. E precisa che cosa intende per ‘integrale’: ‘volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo’ (Populorum progressio, n. 14).
L’autentico sviluppo, quindi, deve obbedire a due condizioni:
– deve promuovere la realizzazione della persona umana, in tutte le sue dimensioni perseguite in modo armonico;
– deve preoccuparsi che tale realizzazione sia resa possibile e accessibile a tutti gli uomini perché ogni persona ha pari dignità.
Per attuare la prima condizione è necessario che l’impegno di carità sia illuminato da una verità sull’uomo completa, da un’antropologia ‘integrale’ che non sacrifichi nessuna dimensione della persona umana. C’è bisogno, come si esprime Benedetto XVI di ‘una nuova sintesi umanistica’ (n. 21). All’uomo devono essere assicurate dignitose condizioni materiali per vivere (cibo, vestito, casa, sanità), la dignità e la sicurezza del lavoro, la possibilità di una crescita culturale, l’apertura all’accoglienza della vita, la libertà religiosa per coltivare la dimensione spirituale (n. 22-29).
Queste condizioni, poi, devono essere assicurate a tutti gli uomini che formano la comunità umana senza discriminazioni di alcun genere.
Su queste prospettive di un umanesimo integrale sono chiamati ad agire tutti coloro che hanno responsabilità nel promuovere il bene comune realizzando una giustizia vera verso ogni uomo e comunità umana.
Una giustizia che miri ad un umanesimo integrale deve avere tre dimensioni che Benedetto XVI ricorda: una giustizia commutativa, distributiva e sociale. Queste tre forme di giustizia meriterebbero un’ulteriore riflessione. In particolare, merita attenzione la forma di giustizia che il Papa chiama ‘sociale’ e che prevedere una dimensione di dono e di gratuita non come un sovrappiù rispetto alla giustizia ma come una forma di giustizia che assicura uno sviluppo armonico e rispettoso dell’uomo e di tutti gli uomini.
4. Conclusione
Come dichiaravo all’inizio, mi sono limitato ad alcuni spunti per una comprensione dell’enciclica ‘Caritas in veritate’ senza pretese di esaustività.
In particolare ho cercato di mettere in luce alcuni principi che stanno al cuore di tutto il documento pontificio e ne fanno cogliere il senso profondo e la sua armonicità.