Il mio intervento è fatto a nome dei vescovi delle quattro diocesi della Regione Friuli Venezia Giulia dei quali porto il saluto e l’incoraggiamento a proseguire su strade di sinergia a sostegno delle persone meno fortunate.
L’importanza di questo Convegno è evidente a tutti. Non è frequente che la Regione, come capofila delle altre istituzioni del territorio, e le Diocesi, attraverso le Caritas, avviino un dialogo che mira ad una collaborazione più efficace per contrastare la povertà presente, in varie forme, tra la popolazione.
Nel contesto di questo Convegno, i vescovi riconfermano la volontà loro e delle diocesi di mettere a disposizione, a questo scopo, ogni risorsa loro possibile unendo i propri sforzi a quelli di ogni istituzione e persona di buona volontà.
Il contributo della Chiesa – in particolare attraverso l’istituto delle Caritas ‘ si configura in alcune forme. Ne ricordo tre in particolare. A prima vista potrebbero suonare poco concrete mentre l’aiuto ai poveri chiede iniziative pratiche. Spero di far capire che stanno invece a fondamento di azioni di solidarietà efficaci e durature.
1. Sul piano delle motivazioni
Un impegno efficace contro le povertà ha bisogno di essere sostenuto da motivazioni profonde. E’, infatti, un impegno difficile perché non dà tanti tornaconti e, spesso, va a disturbare gli interessi di chi sta bene e non vuol cedere parte del proprio benessere a chi è nella necessità.
Credo sia evidente a tutti che determinati criteri di distribuire ricchezza, anche a livello mondiale, che producono squilibri e povertà sono il risultato di precise filosofie sociali. Penso, ad esempio, alla tendenza a considerare i poveri come una piaga da cui difendere la parte sana della società; a vedere come un bene assoluto la possibilità di aumentare a dismisura il profitto senza considerare le ricadute su altre persone o popoli; a non dare pari dignità ad ogni persona umana a prescindere dalla sua ricchezza, salute, bellezza, razza, cultura, religione.
Questi fugaci cenni fanno intuire come per contrastare la povertà non sia sufficiente organizzare iniziative pratiche (pur indispensabili), ma siano necessarie anche motivazioni profonde che sostengano le coscienze. A questo richiama tutta la grande enciclica di Benedetto XVI ‘Caritas in veritate’: le azioni di carità devono essere illuminate dalla verità, da motivazioni ben fondate.
Su questo piano la Chiesa si sente chiamata direttamente in causa perché custodisce la luce divina che viene dal Vangelo di Gesù e dalla Dottrina sociale che ne è la traduzione dentro i contesti economici e sociali delle varie epoche.
Vorremmo che il Vangelo e tutta la Rivelazione cristiana ‘ che sta alle radici della nostra cultura ‘ continuasse ad essere il grande riferimento che motiva l’impegno contro la povertà. In essa possiamo ricavare alcuni principi ispiratori non negoziabili, come ad esempio:
– che ogni persona ha uguali diritti non, prima di tutto, perché glieli riconosciamo noi ma perché glieli riconosce Gesù, il Figlio di Dio; e un giorno dirà a chi è stato nel benessere chiudendo gli occhi sul povero: ‘Ho avuto fame e tu mi hai dato da mangiare? Ho avuto sete e tu mi hai dato da bere?’.
– che gli squilibri nella distribuzione del benessere non sono un fatto ineluttabile ma sono il risultato di precise scelte fatte da persone che hanno l’intelligenza oscurata dal peccato. Non ci si può, perciò, rassegnare alle diseguaglianze che creano povertà perché esse dipendono dalla nostra libertà e possono essere modificate appena convertiamo la nostra intelligenza e il nostro cuore verso la vera giustizia.
– che una buona organizzazione economica e sociale ha bisogno della logica del dono gratuito. Questa è una grande intuizione dell’enciclica ‘Caritas in veritate’ (n. 37-38). In altre parole, non basta che ci sia il libero mercato e che sia governato da un’efficiente politica che distribuisce diritti e doveri. Da questa impostazione resterà sempre fuori una parte della società, quella formata dai più deboli. Ad essi non si può rispondere con qualche elemosina come se fossero degli emarginati dalla società che conta. Essi fanno parte di una società civile che non si struttura solo secondo la logica dello scambio contrattuale disciplinato dalla politica, ma anche con la logica della solidarietà che non lascia nessuno indietro. Questa è civiltà.
Potrei aggiungere altri principi ispiratori che il Vangelo ha incarnato nella nostra cultura e tradizione civile. Quelli che ho citato mi sembrano sufficienti per capire quanto siano importanti le motivazioni alla base delle politiche sociali ed economiche.
2. Sul piano dell’educazione delle coscienze
Non è sufficiente ribadire in qualche scritto le motivazioni che sostengono l’impegno contro le povertà. Esse sono efficaci se se sono entrate nell’animo umano e ne hanno formato la coscienza. Le coscienze si formano grazie ad un’appassionata ed intelligente azione educativa.
Anche su questo campo la Chiesa si sente chiamata direttamente in causa. In Italia essa ha posto a tema per i prossimi dieci anni proprio l’impegno per l’educazione con il documento: ‘Educare alla vita buona del Vangelo’.
Il volontariato, di cui andiamo giustamente fieri, e le tante iniziative di cooperazione sociale non sono sorte casualmente nel nostro territorio. Sono state promosse da uomini e donne con la coscienza formata ai valori del Vangelo; nei quali la parabola del buon samaritano era penetrata fin nelle fibre più profonde.
Queste persone non sono un patrimonio inesauribile. Ci saranno volontari e persone dedite a iniziative sociali fin quando avremo coscienze formate secondo la parabola del buon samaritano e le altre pagine del Vangelo.
Già cogliamo qua e là qualche segnale che preoccupa. Si lamenta, ad esempio, la difficoltà ad un ricambio da parte dei giovani che crescono; oppure, la difficoltà, da parte loro, ad impegni di servizio e solidarietà gratuita per tempi prolungati.
Per questo, l’educazione delle coscienze alla solidarietà è impegno primario su cui possiamo collaborare con iniziative efficaci. Ricordo che compito primario delle Caritas è proprio quello della sensibilizzazione e dell’educazione.
L’educazione della coscienza secondo il Vangelo rende intelligenti specialmente nel riconoscere i poveri e saper farsi loro prossimo nel modo più concreto e rispettoso. Un esempio sono tutti i santi della carità del passato remoto e prossimo: persone che nella loro epoca hanno mostrato un’intelligenza sopra la media nel riconoscere le povertà e contrastarle.
3. Sul piano della collaborazione ispirata alla sussidiarietà
Le diocesi, attraverso le Caritas, si rendono disponibili a collaborare su iniziative pratiche volte a contrastare le forme di povertà che nelle diverse stagioni si rendono presenti nel nostro territorio. Gesù dice: ‘I poveri li avrete sempre con voi’. Però, non nelle stesse forme. La crisi economica e occupazionale ha creato situazioni di difficoltà non prevedibili tre o quattro anni fa. L’acutizzarsi recente del fenomeno dell’immigrazione ci sta interrogando proprio in questi tempi.
La collaborazione più efficace ci pare sia quella che si ispira al criterio della sussidiarietà che valorizza tutti coloro che offrono risorse umane ed economiche cercando di creare la migliore sinergia possibile tra loro. Tale prospettiva chiede di superare campanilismi, divisioni tra pubblico e privato, barriere ideologiche, politiche o religiose.
Questa collaborazione sinergica potrebbe raggiungere tre obiettivi:
a. una conoscenza più informata delle situazioni di povertà presenti tra noi. Proprio perché la povertà assume nei vari tempi forme diverse è indispensabile avere intelligenze aperte a riconoscere dove stanno le persone più deboli le quali hanno normalmente anche la voce debole per farsi sentire.
b. Un’ottimizzazione di tutte le risorse disponibili sul territorio sostenendo iniziative virtuose già esistenti senza sovrapposizioni ed avviandone invece altre che non ci sono.
c. Un aiuto a persone e famiglie in difficoltà che sia rispettoso della loro dignità e le aiuti ad acquisire anche gli strumenti per superare in modo duraturo la situazione di povertà in cui si sono trovate. Su questo le nostre Caritas hanno offerto concreti esempi inserendo gli indispensabili sostegni economici dentro un programma più ampio di aiuti alla persona e alla famiglia perché la difficoltà economica spesso è conseguenza di debolezze educative o culturali.
Concludo, esprimendo la speranza di noi vescovi che la Regione Friuli Venezia Giulia si distingua nel contrasto alle povertà con percorsi e progetti di alto livello, dei quali ho dato qualche esemplificazione. In questo modo mostreremo un livello elevato di civiltà in una Regione che sta al cuore dell’Europa.