CRISTIANI RESPONSABILI DEL BENE COMUNE IN FRIULI

21-10-2011


CRISTIANI RESPONSABILI DEL BENE COMUNE IN FRIULI


 



Nel solco della tradizione ecclesiale


 


Benedetto XVI, nella Lettera apostolica Porta fidei che ci ha donato pochi giorni fa, scrive questa affermazione: «La fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. [..] La fede, proprio perché atto di libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede» (n.10).


Le parole del Santo Padre illuminano perfettamente il significato e lo scopo dell’incontro ecclesiale, promosso dall’Arcidiocesi di Udine, che stiamo iniziando e che porta come titolo: «Cristiani in assemblea per il futuro del Friuli».


Questo incontro ecclesiale non è una novità ma si inserisce dentro una lunga tradizione di impegno degli Arcivescovi e dei cristiani del Friuli a favore della loro terra e della società friulana. Esempi recenti sono i due Convegni per la montagna: il Convegno diocesano del 2000 voluto da Mons. Battisti nel clima dell’anno giubilare e l’assemblea del 2009, nata localmente e sostenuta da Mons. Brollo. Gli atti di quelle assemblee e, in particolare, gli interventi dei due Arcivescovi restano di grande attualità.


Abbiamo pensato l’odierno incontro ecclesiale in continuità ideale con questa tradizione, con lo scopo di tener viva nella Chiesa diocesana, nelle comunità e in ogni cristiano la volontà di assicurare un buon futuro al nostro Friuli, specialmente alle famiglie, ai bambini e ai giovani che si affacciano a questo futuro.


Abbiamo invitato all’incontro i rappresentanti delle istituzioni pubbliche e di tanti altri soggetti sociali per aprire con tutti un dialogo concreto e costruttivo che vogliamo intrecciare nel prossimo tempo. Li ringraziamo sentitamente della loro partecipazione.


Sarà la relazione del prof. De Rita, che torna tra noi e che saluto e ringrazio in modo particolare, ad offrirci alcuni orientamenti di fondo, mentre più tardi verranno delineate le tappe e i contenuti di un programma di lavoro che intendiamo sviluppare a partire da questa giornata.


Come Arcivescovo della Chiesa di Udine, mi limito ad introdurre l’incontro con due sottolineature che possono ispirare le riflessioni e i confronti che seguiranno.


 



Il momento favorevole per l’impegno dei cristiani nella vita sociopolitica, economica, culturale del Friuli


 


La coerenza con la propria fede ha sempre portato i membri della Chiesa ad incarnarsi nel mondo in cui vivevano per contribuire a renderlo più giusto ed umano. Abbiamo appena ricordato l’affermazione dell’attuale Pontefice: «La fede implica una testimonianza e un impegno pubblici». Da questa convinzione si è sviluppato, specialmente dalla seconda metà dell’800, un patrimonio di pensiero ‘ la Dottrina sociale della Chiesa ‘ di straordinaria profondità, organicità e attualità.


Anche molti cristiani del Friuli desiderano vivere coerentemente la fede cattolica che comporta di sua natura un fattivo impegno nella società. Ci ritroviamo nelle parole pronunciate dal Card. Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, durate il recente Forum delle associazioni cattoliche riunite a Todi: «I cristiani abitano la storia consapevoli di avere qualcosa da dire, qualcosa di decisivo per il bene dell’umanità». Aggiungiamo noi: per il bene della nostra terra friulana.


Ci spinge ulteriormente a questo impegno anche il momento storico che stiamo vivendo, che ci pare aspetti un contributo costruttivo dei singoli cristiani e delle comunità cristiane.


Ascoltando gli umori delle persone si è tentati di fare una fotografia negativa della situazione a livello locale, nazionale, europeo e mondiale. Pesano le tensioni per il perdurare della crisi economica ed occupazionale. Più a fondo emergono altri motivi di preoccupazione: si diffondono il sentimento di sfiducia verso la vita politica con una conseguente disaffezione, la difficoltà a confrontarsi in modo profondo ed equilibrato senza cedere in luoghi comuni e in reciproche intolleranze, una mentalità individualistica che rende deboli i rapporti tra le persone e la passione per il bene comune.


Di fronte a queste e altre constatazioni, cresce tra le persone e nella società il desiderio e l’attesa di una parola nuova che apra affidabili prospettive di speranza, come un faro di luce che faccia vedere un orizzonte sereno oltre le nebbie di tante disavventure e disillusioni. Cresce l’invocazione di protagonisti che sulla scena politica, sociale, educativa, economica sappiano conquistarsi fiducia per la competenza e, prima ancora, per l’onestà e il profilo morale.


Questo tempo di travaglio e di attesa invita i cristiani a scendere in campo portando la speranza che in loro non viene mai meno, operando per uno sviluppo illuminato dalla Dottrina sociale della Chiesa, offrendo la garanzia affidabile della coerenza tra la fede che professano e la loro vita privata e pubblica.


Come vediamo a livello nazionale, anche in Friuli i cristiani non vogliono mancare a questo appuntamento con la storia. Perciò cercheremo di incarnare nella nostra società il patrimonio di verità, di coraggio e di speranza che lo Spirito di Dio fa crescere nel cuore di chi crede in Gesù Cristo e si ispira al suo Vangelo. Questo incontro ecclesiale, come ho già detto, è il primo passo di un cammino che la nostra fede ci chiede di continuare.


 



La coerenza tra fede e vita


 


La fede in Gesù crocifisso e risorto conduce, dunque, il cristiano ad un impegno per il bene comune della società in cui vive, avendo i poveri come primi interlocutori.


Questa affermazione resterebbe parola vuota se mancasse una condizione essenziale che sento il dovere di richiamare a tutti. Per essere un contributo davvero efficace, quello dei cristiani esige che la fede ci sia, che sia messa al primo posto nella vita dei battezzati, che generi una coerente condotta di vita personale. Su questo punto desidero attirare l’attenzione.


Sono sempre più frequenti gli appelli ad un impegno dei cattolici nel mondo della politica, dell’economia, delle varie strutture sociali. Li abbiamo sentiti, anche recentemente, dal Santo Padre e dal Card. Bagnasco. Tale insistenza sottolinea certamente l’importanza di una presenza, ma manifesta anche la fatica a trovare cattolici  preparati e disponibili a mettersi in gioco.


Da dove nasce questa fatica? Si possono leggere studi che attribuiscono la debole presenza dei cattolici nella vita pubblica alla recente evoluzione dei partiti in Italia, alla fine di un partito dei cattolici, alla difficoltà che essi incontrano ad avere ruoli di rilievo in politica e in altri ambienti importanti della società italiana. Si tratta di analisi interessanti. Mi sembra, però, onesto dire, come Vescovo e Pastore, che per avere cattolici in politica abbiamo bisogno, prima di tutto, di formare dei cattolici autentici, maturi nella fede e credibili nella loro testimonianza di vita. Questa è la condizione essenziale. Sono questi i cattolici che ritroveranno nella loro coscienza la chiarezza e la forza necessarie per rivestire compiti pubblici impegnativi mantenendo quella lucidità che non fa  perdere di vista il bene comune in mezzo a complessità e inevitabili conflitti e mediazioni.


Il Card. Bagnasco, nella sua relazione al Forum di Todi, tornava a denunciare la tendenza della cultura attuale a relegare in una sfera privata l’esperienza religiosa; quasi non avesse nulla da dire alle dinamiche politiche, tecniche ed economiche della società. Siamo pienamente in sintonia con il Cardinale. Aggiungiamo che quest’azione non è condotta solamente da correnti di pensiero e da persone che si dichiarano laiche ‘ meglio si deve precisare: laciste ‘. Cedono di fatto alla stessa tentazione quegli uomini pubblici che si dichiarano cattolici ma danno poca importanza alla loro vita spirituale, alla frequenza ai sacramenti, al profilo morale della loro vita personale.


Di essi fa un ritratto preciso il Papa nella già citata Lettera apostolica di indizione dell’Anno della fede: «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come ad un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale ma spesso viene perfino negato» (n. 2).


Quei cattolici che sostengono di agire secondo i valori cristiani nei ruoli pubblici che rivestono, ma in effetti non coltivano la loro fede mediante la preghiera, la vita sacramentale ed un continuo cammino di conversione e santità, anch’essi relegano la fede dentro una sfera privata che non ha reale influenza sulla vita pubblica. Per i cattolici questa non è la strada. Rendono un cattivo servizio al bene comune, offrendo alibi agli irragionevoli oppositori della verità e della legge morale naturale, e rendono un pessimo servizio al Vangelo.


La lettera apostolica di Benedetto XVI ha un titolo molto significativo: Porta fidei, la porta della fede. La fede cristiana è come una porta: varcarla significa entrare nella Rivelazione di Dio e comprendere ciò che prima non si capiva pienamente sull’uomo, sul senso dell’esistenza e della storia umana, sul bene e sul male. Bisogna, però, varcare realmente la porta della fede, fondando la propria vita sul primato di Dio in Cristo, nostro Salvatore, con una autentica vita spirituale, nella fedeltà alla Chiesa e al suo magistero. Tenendo saldi simili fondamenti un cattolico può essere pronto a scendere in campo e a collaborare con altri uomini di buona volontà di diversa tradizione culturale e religiosa.


Formare tali cattolici è un compito primario che compete alla Chiesa, offrendo loro qualificate opportunità spirituali e culturali. Cercheremo di assolvere a questo compito anche nella nostra Chiesa friulana preparando nuove generazioni di cristiani capaci di portare loro fede nell’impegno pubblico per il bene comune. Ciò, in fondo, non è altro rispetto all’obiettivo fondamentale che la nostra diocesi, in sintonia con l’intera Chiesa italiana, si è proposta per questo e per i prossimi anni pastorali: educare alla vita buona del vangelo. Di educazione integrale si tratta, in fondo, quando ci impegniamo a formare cattolici capaci di portare un supplemento di giustizia e di pace nelle realtà terrene che vivono, dalle professioni alle istituzioni, dalla vita domestica a quella sociale. E soltanto cattolici credibili e seriamente impegnati nella vita pubblica contribuiscono all’educazione morale, civile e spirituale dei nostri giovani.


 


Udine, 21 ottobre 2011