Cari fratelli e sorelle,
abbiamo ascoltato per due volte: «Lo Spirito del Signore è sopra di me per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato ad annunziare ai poveri il lieto annuncio». Con questa profezia Isaia preannuncia che cosa avrebbe distinto il Messia dagli altri inviati da Dio che lo avevano preceduto: sarebbe stato l’unto di Spirito Santo con la missione di predicare un nuovo e lieto annuncio ai poveri. All’inizio della sua missione nella sinagoga di Nazareth Gesù si presenta come colui nel quale Dio realizza la profezia di Isaia. Grazie all’unzione dello Spirito Santo egli era costituito come il vero sacerdote che con le braccia aperte sulla croce avrebbe reso possibile la comunione tra Dio e gli uomini peccatori e degli uomini tra loro. Nel suo sangue avrebbe realizzato, una volta per sempre, la nuova alleanza con il suo nuovo popolo che è la Chiesa, come abbiamo ascoltato nella lettura dell’Apocalisse.
Le parole di Isaia che Gesù applica a sé possiamo con verità riferirle anche a noi, vescovo, presbiteri e diaconi. Anche sopra di noi si è posato lo Spirito Santo mediante le mani del vescovo stese sul nostro capo ed entrando in noi ci ha segnati con la stessa unzione di Gesù. Per i vescovi e i presbiteri l’unzione è anche esteriore con il sacro crisma; che è segno di indelebile unzione interiore che è espressa col termine carattere.
Grazie a questo particolare dono dello Spirito Santo noi siamo “configurati” al sacerdozio di Cristo e resi partecipi della sua missione di portare il lieto annuncio, il Vangelo.
Se siamo qui e, potremmo azzardare di dire, se abbiamo il “diritto” di concelebrare la Santa Eucaristia – e diaconi di offrire il proprio servizio – è solo grazie a quell’unzione dello Spirito Santo che ci ha ricreati realmente con una nuova identità e una particolare partecipazione al sacerdozio di Cristo.
Le differenze tra noi a cui diamo a volte tanta importanza (il carattere, l’età, l’intelligenza, la capacità di attirare simpatia, i talenti, ecc.) hanno un rilievo minimale rispetto a ciò che ci rende nello stesso modo importanti nella Chiesa e per la Chiesa; ed è la stessa unzione dello Spirito Santo grazie alla quale possiamo compiere tra i fratelli le azioni di Gesù e continuare la sua stessa missione.
Di questo immeritato dono siamo qui a rendere grazie a Gesù che ci ha uniti al suo sacerdozio. Rendono grazie, in particolare, i confratelli che festeggiano un traguardo giubilare della loro ordinazione.
Ricordarsi che abbiamo ricevuto senza meriti lo stesso potere di rendere presente e donare il Corpo e Sangue di Gesù ai fratelli, aiuta la fraterna stima reciproca. Come dicevo, più volte le differenze umane ci portano a stendere classificazioni ed etichette tra di noi. Ma esse hanno minima rilevanza rispetto a ciò che ci accomuna, la stessa unzione dello Spirito Santo.
Questo dono gratuito e uguale per tutti è anche il fondamento della comunione tra noi nell’unico presbiterio. Questa comunione non ha radici soggettive; cioè, non è basata su simpatie, affinità di caratteri e di interessi, età ecc. È un fatto “oggettivo”; cioè, è per aver ricevuto l’identica unzione dello Spirito Santo che ci ritroviamo tutti uniti in Cristo, partecipi del suo sacerdozio. Al di là delle simpatie e delle affinità, il confratello è sacramentalmente un tutt’uno con me. A noi tocca non ferire questa comunione, ma renderla sempre più vissuta crescendo nella carità reciproca.
Da parte mia, in questi oltre quattordici anni di ministero episcopale tra di voi posso dire di aver cercato di creare una comunione sincera e fraterna con ognuno di voi, presbiteri e diaconi, sentendovi parte di me. Questo però è anche il momento per chiedere perdono al Signore e a coloro che ho invece ferito e trascurato.
Ho cercato anche di far crescere la comunione tra tutti noi nel presbiterio e nella comunità diaconale. Sono cosciente che a volte non ho capito, ho trascurato, mi sono stancato. E per questo ancora chiedo perdono a tutti e specialmente al Signore Gesù.
In questa ultima Santa Messa del Crisma, che ho la grazia di celebrare con voi, cari presbiteri e diaconi, sollecitato dalla Parola di Dio ho ritenuto bello ricordarci l’unzione gratuita dello Spirito Santo che ha reso grande la nostra povera persona. Ricordarci anche che su di essa si basa la nostra stima reciproca e la comunione che ci rende unico presbiterio e unica comunità diaconale. Questa comunione ci unisce anche a coloro che sono assenti per limiti fisici – pensiamo ai sacerdoti della Fraternità – e a coloro che sono oltre la soglia della morte, ma restano nostri confratelli nella comunione dei santi.
In questa comunione, come emerito dell’amata Chiesa di Udine, continuerò a rimanere anch’io con la costante preghiera e grazie ai legami di carità e di amicizia.
Se essa sarà viva, attirerà ricche benedizioni del Signore Gesù sulla sua Sposa che è in Friuli e che ama più di noi. E benedica anche tutti voi per intercessione della Vergine Maria e dei nostri santi.