( Sap 3,1-9; Mt 25,341-46)
‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà’. Tra queste anime dei giusti sentiamo di poter annoverare anche il caro d. Ascanio Micheloni, che ci è lasciati ed è passato per l’eternità nelle mani sicure di Dio.
Per la Sacra Scrittura l’uomo giusto è colui che vive i suoi anni di vita terrena dentro la storia umana rimanendo sempre fedele a Dio e dedicandosi, in obbedienza alla volontà di Dio, alle necessità dei fratelli spinto da un profondo senso di compassione e di solidarietà.
Così ha vissuto Gesù, l’uomo giusto per eccellenza e così vivono i suoi veri discepoli che fanno del suo esempio e della sua parola la loro legge di vita.
Ascoltando le testimonianze di chi è stato vicino a d. Ascanio Micheloni, credo di poter dire che ha vissuto da uomo giusto davanti a Dio e in mezzo agli uomini, seguendo l’esempio e l’insegnamento di Gesù.
Nel suo lungo itinerario di vita, durato cento e uno anni di cui settanta sette consacrati nel sacerdozio, si è incarnato profondamente nelle vita dei fratelli e dentro le vicende della storia umana. Ha attraversato tutta la storia del secolo scorso rimanendo dentro anche ai sui momenti più tragici e dolorosi per non abbandonare quei fratelli che sentiva affidati a lui come al sacerdote e pastore che non abbandona le sue pecore neppure quando arriva il lupo per rapirle e disperderle.
Fin da piccolo aveva conosciuto la povertà e la sofferenza a causa della prima guerra mondiale lo aveva costretto ad essere profugo a Livorno, con la sua famiglia, e poi gli aveva portato via il papà al fronte. Lungo la sua esistenza di cristiano e di sacerdote la povertà e la sofferenza dei fratelli sono state una autentica vocazione che l’ha portato nel 1938, giovanissimo sacerdote di appena 29 anni, a dedicarsi gli operai italiani e stranieri in Germania nel momento di massima espansione del diabolico regime nazista.
Visse successivamente la tragedia della seconda guerra mondiale arruolato come cappellano della marina militare italiana; non era certo l’esercito il suo ambiente, ma vi rimase dentro per assistere i giovani militari, lontani da casa ed esposti ad un imprevedibile destino. Confortava i feriti dell’ospedale militare e coloro che, in quei momenti di confusione, venivano destinati alla deportazione in Germania. Questa fedeltà ai fratelli e l’onestà che di coscienza, che gli impediva di collaborare con il comando nazista, lo portò a finire lui stesso prigioniero in campo di concentramento nel quale scrisse anche il testamento perché temeva ormai per la sua stessa sopravvivenza.
Il dopo guerra lo trova, già nel 1954, nuovamente in Germania a Saarbrücken tra i primi emigranti italiani, provenienti specialmente dal sud dell’Italia.
E’ tra questi fratelli che d. Ascanio darà fondo a tutte le sue energie, a tutti talenti ricevuti da Dio e a tutto il suo cuore sacerdotale di padre e pastore.
Non è questo il momento di ricordare la grande attività pastorale di d. Ascanio a Saarbrücken. E’ già stato fatto anche da lui stesso e dovrà ancora essere fatto per non perdere la memoria di questo grande sacerdote friulano.
Con le sue stesse parole possiamo solo ora ricordare la motivazione che più profonda che lo ha spinto e sorretto: ‘Orientare i figli a ritrovare la casa del Padre, così gli uomini, arrivati dai paesi più diversi, si sentiranno più che mai fratelli e disposti ad aiutarsi [..] Ho sofferto, ho sofferto molto, ma ogni sofferenza non fa che rafforzare le anime, ci aiuta a conoscere gli uomini che ci sono vicini’.
Nel suo lungo pellegrinaggio tra i fratelli e le loro sofferenza, d. Ascanio ha condiviso la sua passione umana e pastorale con altri missionari della sua stessa tempra. Non possiamo non ricordare, tra tutti, d. Luigi Petris che, dapprima, collaborò con lui e poi gli successe nella missione di Saarbrücken.
D. Ascanio e d. Luigi sono i testimoni più alti di una luminosa pagina della storia del clero friulano: quella scritta dai sacerdoti missionari tra gli emigranti. Anche questa pagina non va dimenticata perché è ricca di frutti evangelici e segno della fecondità della Chiesa di Udine e del suo presbiterio.
‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Con la nostra preghiera di suffragio deponiamo nelle mani di Dio il nostro confratello d. Ascanio raccomandandolo come un credente e un sacerdote che è stato giusto ai nostri occhi e, crediamo, agli occhi della misericordia del Padre, pur con le debolezze che ogni uomo porta con sé.
Davanti a Gesù risorto, che ora contempla faccia a faccia, d. Ascanio, con semplicità ma con verità, può dire: ‘Ho assistito chi aveva fame, chi aveva sete, chi era forestiero, malato, carcerato’.
Invochiamo per lui la grazia di sentirsi dire: ‘Ogni volta che hai fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’hai fatto a me. Vieni, con i giusti nella vita eterna’.