Omelia in occasione delle esequie di don Remo Bigotto (20 novembre 2020)

20-11-2020

Cari Fratelli e Sorelle,

 pochi giorni prima della sua morte ho incontrato per l’ultima volta don Remo Bigotto nella comunità dei sacerdoti anziani (la Fraternità) in cui mi ero recato per celebrare la S. Messa del primo venerdì del mese. Chiamato dall’infermiera si è risvegliato per qualche istante, mi ha guardato e il suo viso, ormai prosciugato da ogni energia, si è illuminato con un sorriso che è durato il tempo di un’ Ave Maria e di una benedizione. Così mi ha salutato prima di passare all’altra sponda, nella vita eterna. 

Porto vivo nel cuore il ricordo di quel sorriso che don Remo mi ha donato perché – permettete che lo dica – l’ho sentito come un sorriso “santo” che mi comunicava serenità, umiltà, affidamento da figlio nelle braccia di Dio Padre. Era il distillato della sua lunga esistenza terrena. Gli 86 anni di vita e i 61 di sacerdozio di don Remo si riassumevano in quel sorriso che, per altro, tutti noi abbiamo visto tante volte sul suo volto e che ci ha fatto del bene all’anima.

Non mi soffermo a parlare della vita di don Remo che è stata occupata in tanti compiti e responsabilità che i Vescovi gli hanno chiesto. Il discorso diventerebbe lungo perché, indubbiamente, la Provvidenza di Dio gli aveva donato molti talenti di intelligenza, di versatilità, di carica umana ed egli li ha messi a frutto per il bene della Chiesa diocesana, del seminario e delle parrocchie in cui è stato parroco. Auspico, solo, che si trovino le occasioni e i modi per raccontare gli aspetti più importanti della personalità umana e sacerdotale di don Remo Bigotto, valorizzando anche le testimonianze di tante persone che lo hanno frequentato e stimato. E’ doveroso ricordarlo perché è stato uno di quei  sacerdoti che, senza clamori ed esibizionismi, ha incarnato le migliori tradizioni spirituali e pastorali del presbiterio e della Chiesa friulana. 

Torno, invece, a quel sorriso con cui mi ha salutato per l’ultima volta perché, mentre uscivo dalla sua stanza, mi ha richiamato subito alla memoria l’inno di giubilo di Gesù che abbiamo ascoltato nel vangelo: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Mi è facile credere che queste straordinarie parole Gesù possa oggi ripeterle anche a don Remo mentre lo accoglie tra quei piccoli e poveri di spirito che gli riempivano il cuore di gioia e lo portavano a dare gloria al Padre. Il rapporto di amore tra il Signore e don Remo raggiunge, così, la sua pienezza.  Questo rapporto è stato il suo segreto più profondo, l’anima del suo generoso apostolato, la sorgente della sua serenità che lo rendeva così umano e accogliente verso tutti.

Possiamo intuirlo anche leggendo l’intervista che nel 60° anniversario di sacerdozio egli ha concesso a don Simone Baldo a cui aveva donato il battesimo, e la prima comunione e da cui ha ricevuto la grazia finale dell’unzione degli infermi. Merita di essere letta questa intervista perché è un vero testamento spirituale.

Alla domanda: “Chi è Dio per lei?”, don Remo risponde: “E’ il motivo della mia vita e il senso della mia esistenza”. La sua serena disponibilità, con cui ha accolto tutti i compiti che l’obbedienza gli ha chiesto lungo i 60 anni di sacerdozio, la spiega così: “E’ molto importante il rapporto con se stessi: l’accettazione della propria vita, delle proprie difficoltà, il non sentirsi un essere estraneo ma una persona amata da Dio. Bisogna cercare di guardare alla propria vita non attraverso la paura e la sensazione di non riuscire ma fidandosi che è il Signore che ci tiene per mano.. Non bisogna sentirsi soli di fronte al proprio destino ma accompagnati da Dio”. Assicura di non aver alcun rimpianto per aver donato tutta la vita a Cristo e alla Chiesa col sacerdozio perché: “La gioia di stare vicino al Signore e di fidarsi di lui è tutto nella vita”.

Da queste sue parole, così intense, comprendiamo che don Remo è stato uno dei discepoli hanno accolto l’invito del Signore: “Venite a me voi che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita”. Ha trovato nel suo rapporto con Gesù e nell’affidarsi al suo amore il ristoro e il riposo che lo ha sostenuto nelle fatiche della vita e del ministero. Dal cuore di Gesù ha imparato ad essere mite e umile, accogliente, delicato, sincero e misericordioso verso i fratelli.

Questa S. Messa di suffragio è, prima di tutto, un ringraziamento a Dio per aver donato alla nostra Chiesa questo sacerdote e un grazie affettuoso a don Remo per la testimonianza che ci lascia con la sua vita sacerdotale. Lo consegniamo, poi, a Cristo risorto per intercessione di sua Madre Maria che con lui ho invocato nel nostro ultimo incontro.

Gli chiediamo anche di restarci vicino nella Comunione dei Santi, ottenendo grazie di santificazione per i confratelli sacerdoti, nuove vocazioni presbiterali per la nostra Chiesa  e un po’ del suo spirito evangelico a tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato.