Omelia in occasione della solennità di Pentecoste (31 maggio 2020)

31-05-2020

Cari Fratelli e Sorelle,

per comprendere la grandezza del dono dello Spirito Santo fatto da Gesù risorto agli apostoli ci rivolgiamo alle letture della Parola di Dio, appena ascoltate. In esse sono descritti i due momenti in cui il Signore comunicò il suo Santo Spirito ai discepoli. 

Nel Vangelo abbiamo sentito che la sera di Pasqua egli si fece vedere vivo in mezzo a loro e ad un certo momento soffiò e disse: «Ricevete lo Spirito Santo». Questo gesto di Gesù richiama il racconto della creazione dell’uomo del libro della Genesi. Dio plasmò con la creta un manichino e gli soffiò dentro le narici. E apparve l’uomo vivente, fatto ad immagine di Dio perché respirava con del soffio che da Dio aveva ricevuto. Gesù risorto ripete lo stesso atto creatore sugli apostoli e li riempie del suo Spirito Santo. 

Dagli Atti degli Apostoli abbiamo, invece, ascoltato che il giorno di Pentecoste – cinquanta giorni dopo la Pasqua – Gesù, dopo essere salito al cielo, fece scendere sugli apostoli in preghiera lo Spirito Santo come un Fuoco ardente che si divise in tante fiammelle le quali entrano in ciascuno degli apostoli. 

Lo Spirito Santo viene descritto come il Soffio e il Fuoco che parte da Gesù risorto ed entra negli apostoli. Essi ricevono lo stesso Respiro vitale che anima il loro Signore e il loro cuore è penetrato dallo stesso calore che infiamma quello di Gesù.  Egli li unisce a sé in una profonda comunione perché sono animati dal suo Santo Spirito che porta nel loro cuore gli stessi sentimenti e nella loro mente i pensieri e criteri di giudizio del Signore.

Grazie allo Spirito Santo, gli apostoli sono uomini trasformati e questo cambiamento si manifestò anche esternamente con il miracolo delle lingue. Essi uscirono dal Cenacolo e cominciarono a parlare di Gesù e del suo Vangelo sulle piazze di Gerusalemme. Li ascoltavano molte persone che, per la festa ebraica di Pentecoste, erano giunte nella Città santa da tante nazioni. Tra loro non si capivano perché parlavano lingue diverse ma, con grande meraviglia, si accorsero che capivano S. Pietro che annunciava “le grandi opere di Dio”. 

Lo Spirito Santo, grande Maestro interiore, aveva insegnato agli apostoli un linguaggio nuovo e comprensibile ad ogni uomo. Avevano imparato, per grazia dello Spirito Santo, la lingua con cui si esprimeva Gesù: la lingua dell’amore. Essa è veramente universale perché il bambino appena apre gli occhi cercando il volto della mamma capisce subito se è guardato con amore; così, l’anziano percepisce un gesto di affetto anche quando, ormai, è alla fine delle sue forze. Questo è il segno più evidente che ogni uomo è creato ad immagine di Dio. Gesù, infatti, ci ha rivelato che Dio è Amore; per questo parla solo di amore e imprime, già, nel piccolo cuore del feto che si forma nel grembo della madre la nostalgia si sentirsi parlare con amore.

Purtroppo nell’animo umano si è insinuato un veleno maligno che ha creato una tragica confusione delle lingue, descritta dalla Bibbia nell’episodio della Torre di Babele. Gli uomini si fecero prendere dalla più diabolica delle tentazioni; quella della superbia. L’orgoglio ha fatto dimenticare il linguaggio dell’amore ed ha insegnato ad esprimersi con parole e gesti di prepotenza, di avarizia, di fastidio, di sopruso sessuale, di disprezzo del più debole. Nel mondo è entrata una assordante cacofonia che, purtroppo, ancora continua.

Gesù è venuto da Dio per insegnarci la lingua antica e sempre nuova dell’amore che gli uomini avevano dimenticato. Per imprimerla indelebilmente nel cuore degli apostoli, ha soffiato in loro il suo Spirito Santo. Essi l’hanno predicata a tutti ricordando l’unico comandamento lasciato da Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Con il battesimo e la cresima Gesù ha infuso anche in noi il suo Spirito Santo che ci insegna la linguaggio di Dio, quello dell’amore. In noi, però, ci deve essere il desiderio e la disponibilità del cuore ad impararlo perché è sempre forte la tentazione a dare ascolto, invece, all’orgoglio che è la lingua del Maligno. 

Vi consiglio, perciò, ad inserire spesso nella nostra preghiera un’invocazione allo Spirito Santo perché ci insegni ad esprimerci in modo sempre più delicato con le parole e i gesti dell’amore cominciando con le persone che abbiamo più vicine. Questa è stata la lingua dei Santi e di essa abbiamo tanto bisogno anche per uscire uniti e solidali dalle conseguenze della pandemia che ci ha colpiti. 

Cattedrale di Udine, 31 maggio 2020